Un lampo Un boato assordante Buio Poi, lentamente, la luce tornò. Una voce mi raggiunse:
“Veronica Valeria, sono un soccorritore, cè stata unesplosione.”
Sentii una mano sul collo mentre cercavo di aprire gli occhi. Ci riuscii a fatica. Davanti a me, un ciondolo rettangolare con i segni zodiacali incisi e gli occhi di una donna in camice bianco.
“In sala operatoria, subito!” gridò qualcuno.
I miei genitori tornarono dal lavoro. Mia madre corse in cucina, mentre mio padre entrò nella stanza dove mio figlio studiava. Notò subito che il ragazzo era turbato.
“Lorenzo, cosa cè che non va?” gli chiese, accarezzandogli i capelli.
“Niente,” borbottò il bambino di quarta elementare.
“Dai, dimmi.”
“È quasi l8 marzo. La maestra ci ha detto che dobbiamo fare un regalo alle compagne.”
“E qual è il problema?” sorrise il padre.
“Siamo in tanti, e ha deciso chi regala a chi,” sospirò. “A me è toccata quella brutta, Veronica Esposito.”
“Tutte le bambine meritano un regalo, anche quelle meno carine,” rispose il padre con tono serio. “Come ha scelto? In ordine alfabetico?”
“No, secondo i segni zodiacali.”
“Come?”
“Per compatibilità. Veronica è Vergine, e dicono che i Vergine vanno daccordo con i Toro. E io sono Toro.”
“Allora è perfetto! Magari un giorno ti innamorerai di lei.”
Scoppiò a ridere. Entrò mia moglie:
“Cosavete da ridere?”
“Elisa, torna in cucina,” dissi serio. “Sto parlando con mio figlio.”
Quando se ne fu andata, Lorenzo sospirò:
“Papà, cosa devo fare?”
“Preparale un regalo!”
“Ma cosa?”
“Domani al lavoro ci penso io.”
“E tu cosa puoi regalarle? Lavori in fabbrica!”
“Sì, ma nel reparto galvanica. Lavoriamo con i metalli.”
“Non capisco.”
“Lo vedrai domani.”
***
Il giorno dopo, tornò a casa con un ciondolo dorato a forma di rettangolo. Su un lato cerano incisi i simboli del Toro e della Vergine, sullaltro una scritta elegante:
“Alla mia compagna Veronica per l8 marzo! Lorenzo.”
Era magnifico. E quando mia moglie lo avvolse in un sacchetto di cellophane, sembrò ancora più bello.
***
L8 marzo arrivò. La maestra rinunciò alle lezioni. Prima i bambini le fecero un regalo, poi toccò ai maschi consegnare i doni alle femmine.
Che caos! Tutti corsero dalle loro “fidanzate”. Lorenzo si avvicinò a Veronica e disse, come gli avevo insegnato:
“Veronica, buon 8 marzo! Forse un giorno il destino unirà Toro e Vergine.”
Se ne andò senza notare il battito accelerato di quella che, ai suoi occhi, era solo “quella brutta”.
Poco dopo, Veronica si trasferì in un altro quartore e cambiò scuola.
***
Apri gli occhi. Soffitto bianco, odore di disinfettante. Provo a muovermi: solo il braccio sinistro risponde.
“Dove sono?” mormoro.
Un rumore di stampelle. Un paziente mi fissa:
“Sei sveglio? Sei nel reparto di chirurgia durgenza.”
“Ho ancora tutte le membra?”
“Sembra di sì. Sei solo bendato dalla testa ai piedi.”
“Meno male.”
Arriva uninfermiera:
“Come ti senti?”
“Cosè successo?”
“Niente di grave. Avrai qualche cicatrice.” Mi porge il telefono. “Tua madre vuole che la chiami.”
“Mamma, sto bene,” mentii. “Dicono che tornerò come nuovo.”
“Vengo subito!”
“Non preoccuparti.”
Appoggiai il telefono e sorrisi allinfermiera:
“Grazie.”
“Non uscirai prima di tre settimane,” replicò.
Il vicino di letto mi chiese:
“Cosa ti è successo?”
“Sono un soccorritore. Cè stata unesplosione di bombole dossigeno in fabbrica.” Raccontai tutto: lintervento, le fiamme, lultima deflagrazione.
“Brutta storia.”
“Lorenzo Bianchi,” chiamò linfermiera. “Hai visita.”
Un collega entrò:
“Come stai?”
“Tutto a posto! Solo che per stringere la mano devo usare la sinistra!”
“Non esagerare!”
“Comè finita?”
“Ti abbiamo tirato fuori. Sembra che ci daranno una medaglia.”
“Per allora sarò già fuori.”
Se ne andò prima dellarrivo del medico, un uomo sulla quarantina:
“Allora, eroe, come va?”
“Bene.”
“Se parli, vuol dire che vivrai.” Mi visitò.
“Lei mi ha operato?”
“No, è stata la dottoressa Veronica Valeria. Tornerà dopodomani.”
***
Due giorni dopo, provai ad alzarmi. Il dolore era forte, ma le ferite stavano guarendo. Mi guardai allo specchio: il viso era ancora gonfio, ma le cicatrici non mi avrebbero sfigurato.
Oggi sarebbe venuta la dottoressa che mi aveva ricucito. Ero nervoso.
Entrò. Giovane, snella, occhiali che non le stonavano, camice candido. A ventisette anni ero già stato sposato, ma dopo sei mesi mia moglie se nera andata: “Non guadagni abbastanza.”
“Buongiorno,” disse avvicinandosi.
“Buongiorno. È lei che mi ha operato?”
“Sì. Cè qualche problema?”
“Mi visiti, per favore.”
Si chinò su di me e vidi il ciondolo zodiacale appeso al collo.
“Veronica Esposito!” esclamai.
Mi fissò, senza riconoscermi.
“Scusi?”
“Il Toro,” indicai il pendente.
“Lorenzo Bianchi?” le labbra le tremarono. “Ti ricordi di me?”
“Certo, Veronica.” Le presi la mano.
“Scusa,” si asciugò le lacrime. “Non avrei mai immaginato di rivederti così.”
Quel giorno non tornò. Ma scoprii che faceva i miei stessi turni: giorno, notte, due giorni di riposo.
Non volevo che mi vedesse debole. Il giorno dopo mi sforzai di camminare, uscendo persino in corridoio.
Quella sera, durante il giro delle visite, sentii urla e passi affrettati. Un nuovo paziente.
A mezzanotte, mentre cercavo di dormire, avvertii un pianto sommesso. Uscìi e la trovai china sulla scrivania.
“Veronica, cosa cè?”
Si alzò e si appoggiò a me:
“Ho operato una donna investita da unauto. Ho fatto limpossibile, ma ha due figli il marito è con lei”
“Calmati.”
“Tre anni in chirurgia, e ancora non mi abituo alla morte.”
“È il nostro lavoro,” sospirai. “Anchio ho visto troppa gente morire. Mia moglie se nè andata per questo. Dice che torno a casa distrutto e che guadagno poco.”
“Anchio. I ragazzi mi evitano. Vivo ancora con i miei.”
“Dai, abbiamo solo ventisette anni.”
“No, Lorenzo, ne abbiamo già ventisette.”
Una corsa. Uninfermiera la chiamò:
“Dottoressa, la paziente sta peggiorando!”
“Scusami!” corse via.
Quella notte non chiusi occhio.
Al mattino chiesi