Mi fai schifo dalla prima notte di nozze! Sei ripugnante! Lasciami in pace! – mi ha urlato mio marito proprio nel giorno del nostro anniversario!

“Mi fai schifo fin dalla prima notte di nozze! Sei ripugnante! Lasciami in pace!” urlò mio marito proprio durante il nostro anniversario.

Avevo scelto con cura il ristorante per il nostro secondo anniversario di matrimonio. Volevo qualcosa di speciale: non solo un bel posto con cibo squisito, ma un luogo dove ogni dettaglio contribuisse alla magia della serata. Alla fine, mi ero decisa per “La Fenice”, un locale nuovo in un palazzo storico con vetrate colorate e lampadari antichi.

Antonio aveva storcito il naso quando gli avevo mostrato le foto dellinterno.

“A che serve tutta questa pompa? Possiamo sederci da soli da qualche parte. Chi ha bisogno di questa ostentazione da quattro soldi?”

Ma io avevo insistito. Avevo invitato sessanta ospiti, organizzato musicisti e un presentatore. Dopo quellincidente dauto terribile sei mesi prima, avevo bisogno di una festa. Una vera festa, luminosa, indimenticabile.

I preparativi erano durati settimane. Avevo controllato ogni dettaglio: lallestimento della sala, il menu, il programma della serata, i regali per gli ospiti. Volevo che tutto fosse perfetto. Forse perché era la prima grande celebrazione dopo il mio rientro dallospedale. O forse semplicemente perché volevo che questo anniversario fosse memorabile in ogni aspetto, persino nellarredamento.

Aggiustai le pieghe del mio vestito viola scuro e guardai lorologio. Gli ospiti sarebbero arrivati da un momento allaltro. Antonio era in piedi vicino alla finestra, fissando distrattamente la strada. Nel riflesso del vetro, vedevo il suo volto teso.

“A cosa stai pensando?” chiesi, avvicinandomi.

“Niente di che” scrollò le spalle. “Semplicemente, non amo questi eventi. Troppa confusione, troppi gesti inutili! E per cosa? Per una felicità di facciata!”

Tacqui. In due anni di matrimonio, avevo imparato a non reagire alle sue provocazioni. Soprattutto oggi! Nel giorno che avevo pianificato per mesi.

***

I primi ad arrivare furono i miei genitori. Mio padre, come sempre, impeccabile ed elegante. Mia madre indossava un vestito nuovo, color rosa polveroso, che le donava moltissimo. Mi si avvicinò subito e mi strinse forte.

“Quanto sono felice, piccola mia, che tu sia qui con noi. Non riesco a smettere di guardarti! Dopo quellincidente, credevo di impazzire”

“Mamma, non cominciare,” la interruppi dolcemente. “Oggi solo cose belle. Lo avevamo deciso, ricordi?”

Poi arrivarono i colleghi dellazienda di mio padre, dove lavoravamo io e Antonio, poi gli amici, i parenti. Accoglievo tutti con un sorriso, ma con la coda dellocchio osservavo mio marito. Si teneva in disparte, bevendo whisky a sorsi. Comportamento insolito. Di solito non toccava alcol neanche alle grandi feste.

La signora Elena, la nostra capo contabile, venne a salutarmi. Notai che impallidì leggermente quando mi voltai verso di lei. Forse ricordava quando mi aveva visitata in ospedale. Ero piena di tubi e sensori, i medici non davano garanzie

“Laura, sei splendida,” disse con un sorriso forzato. “Sei meravigliosa! Soprattutto considerando che sei appena tornata dallaltro mondo!”

“Grazie! Anche lei è bellissima stasera. Non dubiti!”

Qualcosa nel suo sguardo mi sembrò strano. Ma decisi di ignorarla. Non ne valeva la pena, almeno per ora.

La festa cominciò.

Brindisi, musica, balli. Da fuori, sembrava tutto perfetto. Ma sentivo la tensione salire. Antonio restava in disparte, parlando solo occasionalmente con i colleghi. A volte lanciava sguardi strani verso la signora Elena, che fingeva di non notarlo.

Mi avvicinai a mio marito e gli chiesi sorridendo: “Vuoi ballare? È la nostra festa, dopotutto.”

“Non ora,” mi respinse. “Ho un po di mal di testa.”

“Sei strano stasera”

“Sono stanco. Non amo le folle, lo sai. Non serve inventarsi cose!”

***

La serata procedeva. Il presentatore, un ragazzo giovane in un abito elegante, gestiva latmosfera con professionalità.

Osservavo tutto, cercando di non tradire la mia inquietudine. Solo io sapevo quanto sarebbe stata speciale questa festa. Dovevo solo aspettare il momento giusto.

Antonio continuava a tenersi distante, sorridendo a stento agli invitati. Notavo i suoi rapidi scambi di sguardi con la signora Elena, ma fingevo di essere assorta nei festeggiamenti. Ogni volta, qualcosa dentro di me si stringeva, ma continuavo a sorridere e a ringraziare per gli auguri.

“Laura, siamo così felici che tu stia meglio!” cinguettava la moglie del vice di mio padre. “È stato terribile quando abbiamo saputo dellincidente.”

“Sì, un periodo difficile,” concordava unamica. “Ma ora è tutto passato, grazie a Dio!”

Annuivo, ringraziavo, ma la mia mente tornava a quei giorni in ospedale. Un tempo confuso frammenti di ricordi, voci, passi nella mia stanza

“Tesoro, tutto è meraviglioso!” mia madre mi abbracciò alle spalle, riportandomi alla realtà. “Che festa splendida. E sei bellissima stasera! Incantevole!”

“Grazie, mamma.”

“Però” esitò. “Antonio sembra teso. Tutto bene?”

“Certo,” sorrisi appena. “È solo che non ama le grandi compagnie.”

In quel momento, mio padre si avvicinò e abbracciò dolcemente mia madre: “Di cosa state parlando?”

“Oh, niente, chiacchiere tra donne,” dissi.

“Piccola! Sono così orgoglioso di te. Come hai superato tutto Sei una vera guerriera!”

Lo abbracciai forte, nascondendo il viso sulla sua spalla. Mio padre non sapeva neanche la metà di quello che avevo affrontato. E speravo non lavrebbe mai saputo.

La musica cambiò in un brano lento: la stessa canzone con cui avevamo ballato io e Antonio al nostro matrimonio.

Mi avvicinai a mio marito: “Balliamo? Come due anni fa?”

Lui trasalì: “Laura, ti ho detto che non voglio ballare. Ma mi stai prendendo in giro?”

“Perché no?” lo fissai negli occhi. “Cè qualcosa che non va?”

“Niente. Lasciami stare! Basta!”

La sua brutalità mi gelò.

Pochi secondi dopo, vidi la signora Elena uscire frettolosamente dalla sala, seguita da Antonio. Aspettai un attimo, poi li seguii.

Erano nel corridoio vuoto, parlando concitatamente. Al mio arrivo, entrambi tacquero allistante.

“Cosa succede qui?” chiesi con calma.

“Niente di importante,” tentò di sorridere la donna. “Parlavamo di lavoro.”

“Al nostro anniversario?”

“Laura, smettila!” sibilò mio marito.

“Io? Smettere? Sei tu che sei strano tutta la sera! Non capisco il tuo comportamento!”

Tornammo in sala. La musica era alta, gli ospiti ballavano. Mio padre stava facendo un brindisi. La signora Elena evitava il mio sguardo, ma vedevo che le tremavano le mani mentre portava il bicchiere alle labbra.

“Antonio, parlami,” mi avvicinai di nuovo a lui. “Non vuoi spiegarmi cosa sta succedendo?”

“Non voglio! Basta!” alzò la voce. “Quanto devo sopportare?”

“Ma voglio davvero capire”

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