Mi ha lasciata con tre bambini e genitori anziani per scappare con la sua amante. Non sono riuscita a trattenerlo.
Tutto è iniziato il giorno del mio compleanno. Vivevo in un paesino, con pochi soldi in tasca, e le vetrine della città erano piene di meraviglienon sapevo dove posare gli occhi.
Avevo adorato un paio di sandali. Li fissavo, immaginandomi già a indossarli, camminando per via Roma sotto gli sguardi di tutti.
Poi qualcuno mi urtò leggermente.
Mi giro e vedo un uomo che mi sorride. “Belli, vero?” fa, accennando alle scarpe. “Sì” mormoro, senza staccare gli occhi dalla vetrina.
“Prendiamo un caffè. Se te li compro, accetti un appuntamento?”
Sapevo di sembrare ingenua, ma in quel momento non mi importava. “Daccordo,” dissi. Volevo quel regalo. Volevo sentirmi speciale, anche solo per una sera.
Ci sedemmo in un bar, mi offrì una fetta di torta, e cominciai a raccontargli la mia vita. Gli dissi che i miei genitori erano morti. In parte era vero.
Avevo davvero sepolto mio padre, ma mia madre Lavevo “sepolta” nel mio cuore da bambina, perché mi aveva abbandonata. Gli raccontai tutto così, per scatenare la sua pietà. E funzionò.
Fu linizio. Tornavo in città sempre più spesso, ci vedevamo. Lui si chiamava Luca. Mi ospitò a casa sua, mi riempì di attenzioni. Prima le sandali, poi vestiti, gioielli, profumi costosi.
Ma no, non diventai la sua amante per i regali. Lo amavo. Credevo che anche lui mi amasse.
Ero ingenua. Feci un errore: rimasi incinta. Mi aspettavo di tutto, tranne che mi dicesse: “Vieni a vivere con me. Alzeremo questo bambino insieme.”
Non credevo alla mia felicità. Mia madre ha rovinato la mia vita. Ci sposammo. Pensavo che il destino mi avesse finalmente sorriso.
Poi un giorno bussarono alla porta. Aprii e quasi svenni. Sulla soglia cera mia madre, con una busta di cotechino, come se ci fossimo viste il giorno prima. Un vicino le aveva detto dove abitavo. Voleva riconciliarsi.
E Luca scoprì la verità. Seppe che avevo mentito. E allistante, il suo amore svanì.
Urlò, mi chiamò “bugiarda di paese”, chiese se mio padre sarebbe risorto dalla tomba, visto che cancellavo le persone dalla mia vita così facilmente. E ci cacciò fuori. Io, mia madre e il suo cotechino.
Tornai dai nonni. Cacciai mia madre. Restai sola con mio figlio. Ma Luca tornò. “Riproviamoci,” disse. “Abbiamo un figlio.” E io gli credetti.
Ingenua, pensavo che lamore superasse tutto. Ma non mi riportò nel suo appartamento. Ci trasferimmo nella vecchia casa dei suoi genitorianziani che avevano bisogno di cure. Accettai.
Feci tutto per lui, per loro, per nostro figlio. Poi rimasi incinta di nuovo. Un giorno litigammo, e lui, furioso, mi ricordò: “Non dimenticare che qui sei solo unospite!”
Quelle parole furono un coltello nel cuore. Eppure, restai. Credevo che lamore vincesse tutto.
Quando nacque il secondo bambino, disse che i soldi erano finiti, che i suoi affari erano falliti. Ora eravamo uguali: io non avevo nulla, e nemmeno lui. Poi arrivò il terzo.
Pensai che ormai nulla ci avrebbe separati. Iniziò a lavorare sempre di più, usciva presto e tornava tardi. Credevo che si stesse sacrificando per la famiglia. Non vedevo che tutto stava crollando.
Un giorno annunciò: “Non ce la faccio più. Non cè futuro qui. Vado allestero.” Gli credetti. Era esausto, distrutto. Accettai che partisse, che cercasse fortuna altrove.
Ma poi scoprii la verità per caso. Allaeroporto cerano due biglietti per un volo in Spagna. Uno a nome suo.
E laltro a nome di una donna con cui aveva una relazione da anni.
Capii. Ma non riuscii a fermarlo.
Se ne andò.
Io restai.
Con tre figli.
Con i suoi genitori, che ormai erano anche i miei.
In una casa vuota e un cuore pieno di dolore.
Non so come andare avanti.
Spero solo che un giorno smetta di far male.