Mi ha salvato, ma io l’ho rovinato

“Mi salvò la vita, poi io distrussi la sua.”
— Chiara! Chiara, ma che stai combinando?! — La voce di Luca tremava di disperazione. — Sai bene cosa provo per te! Perché mi fai questo?!

— Basta, Luca! Non complicare le cose! — Lei si voltò verso la finestra per evitare il suo sguardo. — È tutto deciso. Alessandro è una brava persona, ha una posizione invidiabile, vivremo dignitosamente.

— E l’amore? Tutto quello che c’è stato tra noi? Non conta niente?

Chiara strinse le mani fino a sentirsi le unghie conficcarsi nei palmi. Certo che contava. Contava più di quanto osasse ammettere. Ma la mamma era in ospedale dopo il secondo infarto e le cure costavano una fortuna che loro non avrebbero mai avuto.

— È stato bello, ma la vita non è una fiaba — rispose con tono gelido.

Luca fece un passo verso di lei, allungò la mano ma si fermò prima di toccarla.

— Chiarina… ricordi quel giorno al lago? Quando sei caduta nel ghiaccio? Ti ho tirata fuori e ci siamo giurati…

— Smettila! — Si voltò di scattò. — Non rimuginare sul passato.

Luca la fissò come se la vedesse per la prima volta. Poi annuì lentamente.

— Capito. Così sia. Beh… — Prese la giacca dal comò. — Ti auguro felicità, Chiara Rossi.

Uscì senza sbattere la porta. Chiara ascoltò i suoi passi svanire sulle scale e solo allora lasciò scorrere le lacrime.

Alessandro Romano era davvero un brav’uomo. Vedovo cinquantenne, direttore di un’importante azienda, le offriva non solo matrimonio ma stabilità. Quando la mamma fu ricoverata, furono suoi gli euro per le cure, senza chiedere nulla in cambio se non il consenso alle nozze.

— Sei giovane, bella, intelligente — diceva stringendole la mano. — Io non ho più l’età, mi serve una compagna. Siamo fatti l’uno per l’altra.

Lei annuiva, sentendosi merce al mercato. Ma non aveva scelta. La mamma guariva, i medici promettevano pieno recupero con assistenza e farmaci costosi.

Il matrimonio fu sobrio, con pochi intimi. Alessandro si rivelò marito premuroso. Non pretendeva amore, accontentandosi di rispetto e gratitudine. Chiara cercava onestamente di essere una buona moglie.

Passarono tre mesi prima d’incontrare Luca per caso all’ambulatorio.

— Come stai? — chiese lui educatamente, come a un’estranea.

— Bene. E tu?

— Anche. Lavoro molto.

Era dimagrito, abbronzato, indossava un abito nuovo. Chiara frenò la domanda su quei soldi.

— La mamma come sta? — Luca era sempre stato affezionato a lei, e viceversa.

— Meglio. Sta guarendo.

— Salutamela.

— Lo farò.

Rimase a lungo nel corridoio dopo che lui se n’ n’era andato, rivivendo quel giorno d’inverno in cui la salvò. Avevano diciassette e diciannove anni, pattinavano sul lago ghiacciato fuori città. Il ghiaccio sembrava solido, ma lei si allontanò troppo.

Il crepitio fu lieve, ma lui lo udì. Urlò di non muoversi, strisciando verso di lei a pancia in giù. Afferrò la sua mano un attimo prima che sprofondasse. Poi minuti di lotta nell’acqua gelida, i suoi sforzi disperati per tirarla su, la giacca con cui l’avvolse.

— Andrà tutto bene — sussurrava frizionandole le mani intirizzite. — Non ti lascio. Mai.

Si giurarono amore eterno. Aveva diciassette anni e credeva alle promesse.

La vita con Alessandro procedeva tranquilla. Lui costruì alla madre una casa nuova in periferia, assunse una badante, procurò a Chiara un prestigioso impiego nella sua azienda. Gestiva la corrispondenza, aveva uno stipendio generoso e si sentiva indegna.

— Sei malinconica oggi — notò il marito a cena.

— Solo stanca.

— Un weekend in villa? Ho quella sul Lago di Como.

Era attento, notava i suoi umori, cercava di compiacerla con regali. Chiara sapeva che molte donne si sarebbero ritenute fortunate.

— Va bene.

La villa era lussuosa, con piscina e giardino. Mentre guardava le nuvole dalla sdraio, lui leggeva il giornale
E così, col passare degli anni, compresi che quel tradimento iniziale aveva avvelenato non solo il suo futuro ma anche ogni mio tentativo di trovare pace, condannandomi a vivere nella consapevolezza che certe ferite, anche se rimarginate, continuano a sanguinare per sempre nell’anima.

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