«Mi tradisci?» — e tutto andò in frantumi
Lucia tornò a casa a tarda sera. Si levò il cappotto, estrasse dalla borsa una torta portata dal lavoro e, senza dire una parola, si diresse in cucina. Taceva, ma dentro di lei ribolliva. Negli ultimi mesi, la sua vita sembrava sfaldarsi. Eppure, Lucia resisteva. Preparò la cena, accese il fornello, tagliò l’insalata e mise in tavola i piatti. Alle otto in punto, come d’abitudine, il marito entrò in casa.
Marco si tolse la giacca in silenzio, raggiunse la cucina e si sedette a tavola. Per qualche secondo si limitò a fissare la moglie, poi, con espressione cupa, chiese:
— Non tradisci per caso?
Lucia rimase immobile, con un piatto in mano. Per alcuni secondi, il silenzio fu totale. Si udiva solo il ticchettio di un orologio da parete economico.
— Da dove ti viene questa idea? — domandò freddamente, senza muoversi.
— Così, è solo che… sembri diversa. Ti trucchi più spesso, vesti colori più vivaci. Torni dal lavoro più tardi. Come se fossi innamorata di nuovo.
Ella posò il piatto davanti a lui senza dire nulla.
— Lo dici sul serio? — disse Lucia. — Lavoro due turni per tenere a galla il mutuo. Tu non porti a casa un soldo da marzo. Non ti accuso di nulla. Ma almeno potresti sostenermi, invece di farmi scenate di gelosia solo perché mi sono fatta una piega!
Marco si alzò di scatto e, senza aspettare la cena, si ritirò in camera sbattendo la porta.
Una volta, Lucia aveva considerato il suo matrimonio una fortuna. Marco era allegro, affidabile, non beveva e non flirtava. Dopo le nozze, avevano affittato un appartamento, poi era nato il figlio, Luca, e due anni dopo avevano acceso un mutuo. Lavoravano entrambi, ma Marco faceva carriera, mentre lei si occupava di più della casa e del bambino.
Ma tutto crollò in un anno. Marco perse il lavoro, passava le giornate sdraiato con il portatile, lamentandosi della vita. Lucia tirava avanti da sola. Una collega le suggerì di cercare un lavoretto extra: badare a un’anziana signora sola, facendole la spesa, portandole le medicine e tenendole compagnia.
Così Lucia conobbe la signora Elisabetta, donna eccentrica ma intelligente e solitaria, che la pagava semplicemente per parlare. Per la prima volta dopo anni, Lucia sentì di essere apprezzata non come donna di casa o madre, ma come persona. Davanti a una tazza di tè, l’anziana le narrava storie del passato, rideva, filosofeggiava e ripeteva sempre:
— Tu meriti di più. Basta essere un’ombra. Alzati e cammina. Abbellisciti, amati.
Lucia cominciò a cambiare. Si tagliò i capelli, si comprò qualche vestito semplice ma femminile. Iniziò a camminare a testa alta. Marco se ne accorse — e ne fu spaventato. Non per paura di perderla, ma per il suo potere su di lei che svaniva.
Un giorno frugò nel computer di Lucia. C’erano solo turni di lavoro, foto di Luca e ricette. Ma trovò ugualmente un pretesto per litigare.
— Lavori come domestica per lei? Per soldi? Ma ti pare che non ti ho dato abbastanza in tutti questi anni?
— Mi hai dato un figlio. Ora, invece, mi porto avanti entrambi. Non mi vergogno del lavoretto. Mi vergogno di vivere con un uomo che me lo rinfaccia — rispose, uscendo di casa.
Un mese dopo, Lucia chiese il divorzio. Marco se ne andò con un’amica d’infanzia. E lei, per la prima volta, sentì la libertà. In quella libertà non c’era paura. Solo pace, e la certezza che tutto sarebbe stato diverso. Ora, finalmente, per se stessa.