Caro diario,
questa mattina il silenzio della cucina è stato squarciato da una voce che sembrava un tuono: Che cosè questo? ha gridato la suocera, Antonia Pavia, stringendo tra le mani una tazzina di porcellana incrinata, parte del servizio da tè che le aveva regalato il defunto marito. Lhai rotta tu?
Mi sono fermato, senza sapere cosa rispondere. Certo, non ero stato io; probabilmente era la piccola Margherita, la nipote di cinque anni che gioca sempre qui. Ma ammettere la verità avrebbe significato mettere la bambina sotto il fuoco della nonna.
Non lo so, Antonia, ho sussurrato. Forse lho colpita per caso mentre lavavo i piatti.
Antonia ha serrato le labbra, gli occhi le brillavano di una sorta di trionfo. Come sempre! Da ventanni vivi in questa casa e non dimostri rispetto per niente. Sai bene quanto per me valesse quel servizio!
Posso incollare, ho proposto, ci sarà quasi invisibile.
Non toccare! Lo peggiori ancora di più.
È qui che è entrata Vittorio, mio marito, con la fronte imperlata di sudore, segno di unaltra notte di turni stressanti al centro commerciale dove è capo della sicurezza. Il rumore costante gli provoca frequenti emicranie.
Che succede? ha chiesto, guardandoci.
La tua cara moglie ha rotto il mio servizio da tè, ha detto Antonia avvolgendo la tazzina incrinata in un panno. Quello che il papà mi aveva regalato.
Mi aspettavo che Vittorio intervenisse, o almeno sminuisse la questione, ma ha solo sospirato:
Giulia, quante volte ti ho chiesto di stare attenta alle cose di mia madre?
Ma io non, ho iniziato, ma ho interrotto, perché discutere era inutile.
Vittorio ha preso una bottiglia di kefir dal frigo e si è ritirato nella stanza, lasciandomi sola con Antonia, che ha asciugato una lacrima con un gesto teatrale.
E perché tutto questo a me? ha gemuto Antonia. Ho dedicato tutta la vita alla famiglia, ho tenuto la casa, cresciuto il figlio. E ora
Ho asciugato le mani sul panno, trattenendo le lacrime. Sapevo che piangere avrebbe solo alimentato la sua compiacenza. Dopo ventanni sotto lo stesso tetto ho imparato a contenere le emozioni; qui, le mie lacrime non toccano nessuno.
Vado a stendere il bucato, ho detto, uscendo verso il cortile.
Di sera, quando la figlia Allegra è tornata dal suo corso di laurea, mi trovava sulla veranda a sistemare i fagioli. Ha gettato la borsa sul tavolo e si è seduta accanto a me.
Mamma, perché sei così cupa?
Tutto bene, solo stanca, ho risposto, forzando un sorriso.
Allegra è una ragazzina perspicace; a diciotto anni capisce già le tensioni familiari.
Di nuovo la nonna? ha chiesto direttamente.
Ho taciuto; bastava quel silenzio.
Mamma, quante volte dobbiamo sopportare? Perché non ti difendi? Lo sai che Margherita ha giocato con quel servizio, lho vista stamattina.
Taci, ho sussurrato, spaventata. Non peggiorare le cose. È solo una bambina, non ha bisogno delle tue lamentele.
E tu allora, vuoi ascoltare le lamentele? ha replicato Allegro, scostando una ciocca di capelli biondi. Sai, a volte mi sembra che tu sia una straniera in questa casa, come una cameriera.
Il suo commento mi ha trafitto: mi sentivo davvero estranea, nonostante i ventanni di matrimonio.
Non dire sciocchezze, ho replicato, ferma. Siamo una famiglia. È vero che viviamo nella casa di Antonia, ma lei è anziana e ha bisogno di attenzione.
E tu non ne hai bisogno? ha risposto Allegra, alzandosi. Vado a cambiarmi.
Quando è uscita, ho osservato le mie mani, screpolate dal lavoro domestico. Un tempo ero infermiera in un ospedale di provincia, sognavo di specializzarmi, poi ho incontrato Vittorio, mi sono innamorata, ho avuto un figlio e la suocera ha imposto che mi occupassi solo di casa. Il figlio ha un buon lavoro, perché dovresti tornare in ospedale? Ci sono troppe faccende domestiche e il bambino ha bisogno di una madre attenta, mi diceva. Così ho messo da parte la mia carriera.
A cena quel giorno regnava il silenzio, interrotto solo da Margherita, la nipote di Antonia, che chiacchierava senza sosta. Lorenzo, il fratello di Vittorio, e sua moglie Irene abitano lontano, ma lasciano spesso la bambina da loro.
Oggi Irene ha comprato un vestito nuovo, ha esclamato Margherita, felice. È rosa con pizzi! Mi sento una principessa!
Certo, tesoro, ha concesso Antonia. Sei la nostra principessa.
Nonna, perché la zia Giulia non indossa mai vestiti belli? È sempre la stessa cosa.
Giulia è rimasta immobile con il cucchiaio in bocca, una pietra nello stomaco.
Margherita, è maleducato parlare così, ha rimproverato Antonia, ma il tono era più di compiacenza che di rimprovero.
È solo che Giulia ha altri pensieri, ha spiegato Antonia. Non ha tempo per i vestiti.
Allegra, improvvisamente, ha proposto: Mamma, domani dopo le lezioni andiamo a fare shopping, ti compro un vestito nuovo. Ho ricevuto una borsa di studio.
Ho scosso la testa: Non è necessario spendere soldi, ho già qualcosa da indossare.
Meglio spendere sui libri, ha borbottato Vittorio. La sessione è vicina