Ecco la storia adattata alla cultura italiana, raccontata con un tono confidenziale e affettuoso.
In un paesino della Toscana, dove i vicoli antichi si perdono tra i gerani, la mia vita a 60 anni è diventata un ciclo infinito di cucina e pulizie. Mi chiamo Anna Romano, sono vedova e vivo da sola nel mio piccolo appartamento. Mia figlia Sofia, con i suoi tre bambini, viene da me ogni giorno a pranzo, e se all’inizio ero felice di vederli, ora mi sento la loro trattoria gratis. Sono stanca, e i loro appetiti e il caos mi mettono a dura prova. Come faccio a mettere dei limiti senza ferire mia figlia e i nipoti?
La figlia che era la mia gioia
Sofia ha 32 anni, è sposata con Marco e hanno tre bambini: Giulia, 10 anni, Luca, 7, e Ginevra, 4. Vivono in un appartamento in affitto vicino a me, e la vita per loro non è facile. Marco fa il camionista, Sofia sta a casa con i bambini, e i soldi spesso non bastano. Quando ha iniziato a portarli da me a pranzo, ero felice: cucinare un bel piatto di pasta non è un problema, e vedere i nipotini è una gioia. “Mamma, hai sempre un tocco magico, i bambini adorano il tuo ragù”, diceva, e io mi scioglievo.
La mia giornata iniziava in cucina: preparavo il sugo, facevo la spesa con la pensione, sfornavo biscotti. Pensavo fosse una cosa temporanea, finché non si sarebbero sistemati. Ma i pranzi sono diventati quotidiani, e ora vedo che Sofia e i bambini non solo mangiano… pretendono, lasciano disordine e si portano via il cibo. La mia casa è diventata la loro mensa, e io la cuoca sfruttata a cui nessuno dice grazie.
I bambini che mi rubano la pace
Ogni giorno a mezzogiorno, Sofia arriva con i bambini. Giulia vuole il prosciutto, Luca chiede i cantuccini, Ginevra allunga la manina verso le caramelle. Non sono tirchia, ma le mie provviste svaniscono prima che riesca a ricomprarle. I bambini corrono per casa, urlano, lasciano giochi ovunque e sporcano il tavolo. Sofia non riordina, non lava i piatti, non offre mai aiuto. “Mamma, tanto a te piace cucinare”, dice, e io taccio, ma dentro ribolle tutto.
Ultimamente ho notato che Sofia si porta via il cibo. “Mamma, possiamo prendere le polpette? A Marco piacciono tanto”, chiede, e io acconsento, ma il cuore mi si stringe. La mia pensione finisce in spesa per loro, mentre io mi accontento di pane e caffè. Ieri Giulia ha rovesciato l’aranciata sul mio tappeto, Luca ha rotto un ante dell’armadio, e Sofia ha solo riso: “Eh, sono bambini!”. Non ce l’ho fatta e le ho detto: “Sofia, questa è casa mia, non un parco giochi”. Lei si è offesa: “Ma cosa, ti dispiace dare qualcosa ai tuoi nipoti?”.
Dolore e senso di colpa
Voglio bene a Sofia e ai bambini, ma queste visite quotidiane mi sfiancano. A 60 anni vorrei riposare, leggere, far visita agli amici, non stare sempre ai fornelli. La mia amica Lucia mi dice: “Anna, si approfittano di te, digli di venire meno spesso”. Ma come faccio, se Sofia si offende subito? Ho paura che smetta di portare i bambini e io li perda. Marco, suo marito, non mi saluta neanche, come se fosse mio dovere sfamarli.
Ho provato a farle capire che è troppo. “Magari potreste cucinare anche a casa vostra, ogni tanto?” le ho detto. E lei: “Mamma, non abbiamo soldi, e i bambini hanno fame”. Le sue parole mi feriscono, perché poi la vedo comprarsi vestiti nuovi mentre io risparmio su tutto. Davvero devo sacrificarmi per il loro comodo? I miei nipoti sono la mia gioia, ma il loro caos e l’indifferenza di Sofia mi fanno sentire un’estranea in casa mia.
Cosa fare?
Non so come uscirne. Dire a Sofia di venire meno spesso? Ma ho paura che mi accusi di essere egoista. Offrirle dei soldi invece del cibo? La mia pensione è già agli sgoccioli. O tacere, continuando a cucinare finché non crollerò? Voglio vedere i nipoti, ma non tutti i giorni, non a costo della mia salute. A 60 anni mi merito un po’ di pace, ma poi mi sento in colpa anche solo a pensarlo.
Le vicine bisbigliano: “Anna, Sofia sta sfacciata”. Le loro parole fanno male, ma so che hanno ragione. Voglio trovare un equilibrio per salvaguardare la famiglia, ma anche me stessa. Come dire a mia figlia che non sono la loro cuoca, senza offenderla? Come farle capire che ho bisogno di rispetto, senza perdere l’affetto dei nipoti?
Il mio grido di libertà
Questa storia è il mio grido per riprendermi la mia vita. Sofia forse non si accorge di come le sue visite mi logorino. I bambini sono solo piccoli, ma il loro caos mi distrugge la casa. Voglio che il mio appartamento torni il mio rifugio, che io possa respirare, che i nipoti vengano in visita, non a mangiare. A 60 anni mi merito un po’ di riposo, non fare la cuoca a gratis.
Io sono Anna Romano, e troverò il modo di riprendermi la mia pace, anche se dovessi dire la verità a mia figlia. Sarà un passo doloroso, ma non voglio più essere la loro mensa a ore.