Mia figlia mi ha spezzato il cuore. Pensavo che avesse imparato ad essere grata, che a 25 anni sapesse distinguere il bene dall’indifferenza. Ma il suo gesto ha dimostrato il contrario: amaro e doloroso. Non ha invitato al suo matrimonio il suo patrigno, il mio marito Marco, che l’ha cresciuta dall’età di nove anni, mettendo l’anima in ogni suo passo. Eppure ha invitato il padre biologico, che in tutti questi anni non si è mai preoccupato di lei. Dopo questo, non ho il minimo desiderio di partecipare a questa festa di tradimento.
Il divorzio dal mio primo marito, Giorgio, era inevitabile, come una tempesta dopo la quiete. Gli ultimi quattro anni del nostro matrimonio ho resistito solo grazie alla mia pazienza e alle suppliche della suocera, che mi implorava di sopportare suo figlio non proprio esemplare. Ma tutto ha un limite, e la mia sopportazione terminò quando nostra figlia, Bianca, compì sette anni. Suo padre ha sempre messo la famiglia all’ultimo posto. Si interessava di lei solo quando era un po’ brillo, finché non si ubriacava da perdere il controllo. Poteva sparire per giorni, e al ritorno imponeva la sua volontà con i pugni, lasciando lividi non solo su di me ma anche sul mio cuore.
Quando scoprii della sua amante, fu la goccia che fece traboccare il vaso. Il pensiero che un’altra donna potesse cadere nelle sue trappole mi rese finalmente lucida. Chiesi il divorzio, senza guardarmi indietro. Giorgio non tentò nemmeno di salvare la famiglia: raccolse le sue cose, mandò in frantumi lo specchio nell’ingresso e se ne andò a testa alta, come un eroe di qualche dramma. La suocera, che prima piangeva per il destino del suo “povero ragazzo”, si trasformò in una vera megera. Mi incolpava di tutto, cercava di convincere Bianca che ero io ad aver cacciato il suo “amato papà”, anche se lui ci aveva già cancellato dalla sua vita da tempo.
Bianca ha sempre cercato più il padre che me. Ero severa: la educavo, insegnavo, la costringevo a studiare. E lui appariva raramente, di buon umore, con caramelle scadenti e promesse vuote. Quando arrivava arrabbiato, mi gettavo a difendere mia figlia dalla sua ira, schermandola con il mio corpo. Perciò nella sua memoria lui restò un cavaliere di fiabe, e io un’eterna sorvegliante. Spiegarle la verità era inutile: la suocera aveva avvelenato la sua mente, e Bianca si struggenteva per il “buon papà”, che in realtà non valeva un soldo bucato. Ho stretto i denti e continuato a lottare per lei. Un anno dopo la suocera è morta, la pressione su mia figlia si è allentata, ma lei ha continuato a idealizzare il padre e a biasimarmi per la sua assenza.
Quando Bianca aveva nove anni, ho incontrato Marco nella nostra città vicino a Verona. Mi è piaciuto subito: gentile, affidabile, con un sorriso caloroso. Mi sono innamorata, e lui ha risposto con lo stesso sentimento. Ma temevo di perderlo, quindi ho avvertito onestamente: ho una figlia, e potrebbe non accettarlo, sarà difficile per lui. Marco non si è tirato indietro. Mi ha proposto di sposarci, sapendo che ci sarebbero stati problemi. E sono iniziati subito: Bianca faceva scenate, era sgarbata, lo provocava ad ogni passo. Pensavo che avrebbe ceduto: chi vorrebbe sopportare insulti e litigi? Ma è rimasto. In sedici anni ha alzato la voce con lei solo due volte e sempre con ragione. La portava alle gare, la veniva a prendere alle feste, le comprava i vestiti, senza mai rinfacciarle nulla. Ha pagato lui i suoi studi all’università, non il suo osannato padre biologico.
Negli anni del liceo, Bianca ha iniziato ad avere un atteggiamento più calmo verso di lui. Non lo attaccava, ma non mostrava nemmeno gratitudine. Speravo che col tempo avrebbe capito che Marco era una persona rara: non tutti i patrigni si prendono cura così di un figlio non loro. Sapevo che a volte si vedeva con Giorgio. Non mi intromettevo, ma ogni suo compleanno mi spezzava l’anima: aspettava la sua telefonata fino a mezzanotte, e lui non chiamava mai. Eppure continuava ad aspettare, anno dopo anno, come se fosse cieca.
Dopo la scuola è andata a studiare in un’altra città. Tornata, è andata a vivere col ragazzo che frequentava dal terzo anno. E poi ha annunciato il matrimonio. Ero sicura che Marco ci sarebbe stato, accanto a noi. Ma lei lo ha cancellato dalla lista degli invitati. Lui cercava di nascondere il dolore, ma vedevo che i suoi occhi erano pieni di tristezza. Bianca mi ha detto in faccia:
— Al matrimonio ci sarà mio padre. Come pensi che possano stare lui e Marco insieme? Vuoi creare uno spettacolo?
Sono rimasta senza parole dallo sdegno:
— Hai invitato il padre che ha ignorato la tua vita e cancellato chi ti ha cresciuto? Sei ingrata! Non verrò al tuo matrimonio. Chiedi ora tutto al tuo “papà”.
Ha provato a dire qualcosa, ma io avevo già sbattuto la porta.
A casa, Marco cercava di convincermi a cambiare idea: diceva che è l’unica figlia, è il suo giorno. Ma non ce la faccio. Ha chiaramente dimostrato cosa conta per lei. Io e Marco abbiamo lottato per lei per anni, e lei idolatra ancora chi l’ha abbandonata. Va bene così. Me ne lavo le mani: ne ho abbastanza di questo dolore e delusioni.