Mia figlia si vergognava delle nostre umili origini contadine e non ci ha invitati al suo matrimonio…

Tempo fa, mia figlia si vergognava delle nostre umili origini e non ci invitò al suo matrimonio

Mia figlia si vergognava di noi perché venivamo dalla campagna. Non volle che partecipassimo al giorno più importante della sua vita

Io e mio marito, Aldo, abbiamo sempre vissuto con semplicità, ma con dignità. La nostra casa, lorto, le mucche, i piccoli affannitutta la nostra esistenza era dedicata a un solo scopo: crescere la nostra unica figlia perché diventasse una persona perbene. Per lei, avremmo fatto qualsiasi sacrificio. Il meglio? Sempre per lei. Scarpe nuove? Certo. Un cappotto perché non sembrasse inferiore alle ragazze di città? Naturalmente. Ci privavamo di tutto, pur di darle ciò che serviva. Crebbe bella, intelligente, una studentessa eccellente. Sognava di vivere in città, e noi non potevamo che gioirela nostra Rosalba avrebbe avuto un destino diverso dal nostro.

Grazie a vecchie conoscenze, Aldo riuscì a farla entrare in una prestigiosa università di Milano, senza pagare la retta. Ne eravamo orgogliosi come fosse una nostra vittoria. La sostenemmo in ogni modocon parole e con denaro. Ogni volta che tornava a casa, era una festa. Ascoltavamo i suoi racconti come fossero fiabe: il lavoro in ufficio, il fidanzato di buona famigliaLorenzo, figlio di un imprenditore. Splendeva quando parlava di lui. E noi pensavamo solo una cosa: speriamo che il matrimonio arrivi presto

Ma gli anni passavano, e nessuna proposta ufficiale. Un giorno, Aldo non resistette: «Invita Lorenzo a casa, vogliamo conoscerlo!». Esitò, trovò scuse: il lavoro, gli impegni. Una volta, poi due. I nostri sospetti crebbero. Qualcosa non tornava. Allora, un giorno, prendemmo coraggio: saremmo andati a Milano da soli. Trovammo lindirizzo in vecchie lettere. Comprammo regali, indossammo i nostri abiti migliori, e partimmo.

La casa era sontuosa. Marmo, vetro, un portiere elegante. Un uomo gentile ci accolse e ci guidò dentro. Un lusso da film. Eravamo lì, intimiditi, finché non ci fecero accomodare in salotto. Ed è lì che la vidi. Sulla tavola, una grande foto di nozze in una cornice dorata. In abito bianco, con il bouquetla nostra Rosalba. Aldo rimase impietrito. Io sentii il pavimento mancarmi sotto i piedi.

«A proposito, perché non siete venuti al matrimonio?» chiese improvvisamente Lorenzo.

Io e Aldo ci scambiammo unocchiata. Cosa dirgli? Che non ne sapevamo nulla? In quel momento, apparve lei. Rosalba. Il suo volto si scompose, le labbra tremarono. Con un gesto, la invitai a parlare. Prima balbettò scuse, poi alla fine confessò:

«Non vi ho invitati perché siete di campagna. Mi vergognavo. Non volevo che tutti sapessero che i miei genitori sono contadini»

Quelle parole mi trafissero il cuore. Come un coltello. Come? Noi? Una vergogna? Noi che avevamo sacrificato tutto per lei? Lavorato senza sosta per darle un futuro?

«E Lorenzo?» chiesi, senza fiato. «Lo sapeva?»

«Sì. Lui voleva che veniste. Aveva persino mandato un invito, ma io gli dissi che avevate rifiutato»

Ecco. Eravamo la vergogna che aveva nascosto. Non ci aveva nemmeno concesso di esserci nel giorno più importante della sua vita. Senza una parola, senza spiegazioni. Solo cancellati.

Partimmo lo stesso giorno. Senza lacrime, senza urla. Solo un vuoto nellanima. Come si può vivere sapendo che il proprio figlio ti ha voltato le spalle? Come credere che tutto questo non sia stato inutile? Che non abbiamo cresciuto una estranea?

Da allora, Rosalba non ha chiamato. E nemmeno noi. Non per rancoreper dolore. Perché non sappiamo cosa dire a chi ci ha traditi così facilmente.

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