Mia Figlia Torna Sempre a Casa all’1:00 di Notte da Scuola—E la Sua Ombra Non La Segue

**La Mia Figlia Torna Sempre a Casa all1:00 di Notte da ScuolaE la Sua Ombra Non La Segue**
**Episodio 1**
Ci sono cose che noti solo quando guardi troppo a lungo o quando qualcosa si rifiuta di guardarti indietro. Nel mio caso, tutto è iniziato con qualcosa che non ho visto.
Unombra.
Lombra di mia figlia.
Non cera.
E non è mai tornata.
Si chiama Sofia. Ha dodici anni. Adora i mandarini, la matematica e ballare le coreografie di TikTok davanti allo specchio incrinato del bagno. Per i primi dodici anni della sua vita, Sofia era gioia con le gambetreccine scomposte, calzini sporchi, sempre canticchiando qualche canzone stonata.
Fino a tre settimane fa.
È allora che ha iniziato a tornare a casa all1:00 di notte.
La prima notte, quasi svenni quando la porta cigolò così tardi. Mi ero addormentata sul divano, aspettandola dopo le attività extrascolastiche. Doveva rientrare entro le 18:30. Quando sono diventate le 22:00, chiamai la scuola, le sue amiche, la sua insegnante privatanessuno laveva vista.
Poi, all1:00, entrò dalla porta.
Tranquilla. Troppo tranquilla.
Mi alzai di scatto.
Sofia! Dove sei stata? Stavo
Ma lei alzò lentamente la mano e disse:
Non preoccuparti, sono arrivata bene.
Fine della discussione.
Niente lacrime.
Niente scuse.
Niente paura.
Andò dritta in camera sua e chiuse a chiave.
Rimasi a fissare il pavimento a lungo. Qualcosa era strano. Laria che portava con sé era gelida, come se venisse da un freezer. Le luci del corridoio sfarfallarono una volta e si stabilizzarono. Mi dissi che stavo esagerando. A quelletà i ragazzi sono strani, no?
Errore.
La notte dopo, stessa cosa. Non tornò fino all1:00. E ancora, entrò come se vivesse in un altro fuso orario, senza spiegazioni. Stesse parole. Stesso tono.
Ma quella volta lo notai.
Passò accanto alla lampada del salotto e la sua ombra no.
Semplicemente non cera.
Nessun contorno.
Nessuna forma.
Niente.
Pensai di avere le allucinazioni. Accesi tutte le luci e la feci mettere sotto di esse. Niente. La luce illuminava il suo viso, ma il pavimento dietro di lei era vuoto. Lei si accorse che la stavo osservando.
Che cè, mamma? chiese.
Sbattii le palpebre. Niente. Sono solo stanca.
Annuì e se ne andò.
E io la guardai ancora mentre si allontanava. Il suo corpo si muoveva ma nessuna ombra la seguiva.
Il giorno dopo, chiamai la scuola e chiesi perché la lasciassero uscire così tardi ogni giorno. La donna al telefono esitò. Poi disse:
Signora, sua figlia non viene a scuola dallultimo compito in classe più di tre settimane fa. Le abbiamo mandato diversi avvisi, ma lei non ha mai risposto.
Il mio cuore si fermò.
Esce di casa ogni mattina, sussurrai. Indossa la divisa. Porta anche la sua borraccia.
Andai a controllare il frigo dopo la chiamata. La borraccia era ancora lì. Intatta. Esattamente come lavevo lasciata il giorno dellultimo compito.
Quella notte, non dormii.
Spensi tutte le luci. Mi sedetti accanto alla finestra del salotto. E aspettai.
Esattamente all1:00, il cancello si aprì da solo.
E lei entrò.
Sofia. Ma non Sofia.
Esternamente, era identica. Ma i suoi occhi non battevano le palpebre come prima. Il suo respiro aveva un ritmo strano. Mi guardò e inclinò la testa.
Perché sei sveglia, mamma? chiese.
Finsi un sorriso. Ti aspettavo.
E poi dissi qualcosa che non avevo pianificato:
Dovè la tua ombra?
Lei sorrise.
Ma non con la boccacon qualcosa di più freddo.
È rimasta indietro.
E mi passò accanto.
Ma giuroquando passò davanti allo specchio del muro, qualcosa apparve per un istante.
Qualcosa di più alto di lei.
Qualcosa con occhi troppo grandi e un sorriso troppo sottile.
Distolsi lo sguardo, il cuore che batteva forte, le mani che tremavano.
Adesso è nella sua stanza.
Dorme nel suo letto.
Respira.
Silenziosa. Tranquilla.
Ma la sua ombra
La sua vera ombra?
Credo sia ancora fuori.
E credo stia aspettando di entrare.
**Episodio 2: Quello che Striscia Sotto la Porta**
Da quando Sofia è tornata, la casa non respira più allo stesso modo.
Di giorno, tutto sembra normale.
Sofia si alza, si siede a colazione, ma non mangia. Mescola i cereali.
Finge di sfogliare i quaderni. A volte canta sottovoce canzoni che non ho mai sentito. I testi non sono in nessuna lingua che conosca.
E di pomeriggio, semplicemente scompare.
Non dice dove va. Non chiede se può uscire.
La porta si apre e si chiude da sola alle 18:45. Né un minuto prima. Né un secondo dopo.
E io resto qui ad aspettare. Al buio. Da sola.
Con una domanda sempre più insidiosa:
Quella cosa è davvero mia figlia?
Ho iniziato a notare piccole cose.
Le pareti, per esempio, respirano.
Almeno, lo fanno quando Sofia è in casa.
Le crepe sul soffitto si allargano leggermente, come se si espandessero con la sua presenza.
E le piante quelle che ho curato io per anni stanno appassendo solo nella sua stanza.
Come se qualcosa di invisibile le toccasse ogni notte.
Una notte mi alzai per la sete.
Passai davanti alla sua porta. Era socchiusa.
Dentro, non dormiva.
Era seduta sul bordo del letto, di spalle.
Canticchiava quella canzone senza lingua.
Pettinava i capelli di una bambola senza occhi.
E sul muro, proprio dietro di lei, vidi unombra.
Ma non la sua.
Era più alta. Più sottile. Si muoveva prima di lei, non dopo.
Come se fosse lei a guidarla, non il contrario.
Corsi in camera mia. Chiusi la porta.
La bloccai con una sedia.
Pregai.
Ma la verità è che nemmeno Dio risponde quando il male è già entrato di sua volontà.
Il giorno dopo feci qualcosa di disperato.
Presi la foto più recente di Sofia e la confrontai con una di un mese prima.
Ed eccolo lì.
Gli occhi.
Nella Sofia di prima, gli iris erano marrone chiaro.
Nella Sofia di adesso un tono grigio-verde, come acqua stagnante.
E poi notai qualcosaltro.
Le pupille non erano rotonde. Erano verticali. Come quelle di un gatto. O di un serpente.
Quella notte, sparsi della farina sul pavimento del corridoio.
Una trappola.
Qualcosa di semplice.
All1:00, sentii la porta aprirsi.
Passi leggeri.
E poi, una pausa.
Finsi di dormire, ma tenni un occhio socchiuso.
Sofia era ferma sulla soglia della mia camera.
Non disse nulla.
Non si mosse.
E poi vidi qualcosa muoversi sotto i suoi piedi.
Nella farina, non

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