Mia madre dice che il figlio non è mio

Mamma ha detto che il figlio non è mio

«Voglio fare il test del DNA!»

Luca era fermo sulla soglia, la postura rigida a sottolineare la serietà delle sue parole.

Giulia stava lavando i piatti e per un attimo credette di aver frainteso per il rumore dell’acqua. Spense il rubinetto e si asciugò le mani con un gesto lento.

«Cosa hai detto?»

«Voglio fare il test del DNA a nostro figlio.»

«Perché?» chiese, incrociando le braccia.

«Perché credo che il bambino non sia mio.»

Una bomba. Il piccolo Matteo aveva già quattro anni. Luca non era certo il padre perfetto, ma aveva sempre mostrato affetto: giocavano insieme, comprava regali, a volte lo accudiva la sera quando Giulia usciva. Mai un dubbio sulla paternità, né motivi per averne. Si erano sposati sei anni prima, e dopo un anno Giulia era rimasta incinta. Un periodo sereno, senza tradimenti. Da dove sbucava questa follia?

«Posso sapere cosa ti ha fatto pensare questo?»

Luca sogghignò, lo sguardo carico di sospetto.

«Ecco! Cerchi già di dissuadermi! Se la coscienza fosse pulita, non avresti paura!»

Assurdo. Tra loro non c’era stata una passione travolgente, ma Giulia credeva nell’amore fatto di rispetto e fedeltà. Mai però l’aveva umiliata così. Dov’era finita la fiducia?

«Non ti sto dissuadendo» rispose con calma. «Mi chiedo solo perché, dopo quattro anni, dubiti di Matteo.»

«Non mi somiglia! Io sono biondo, tutta la mia famiglia ha occhi chiari. Lui ha capelli scuri e occhi castani!»

«Io ho capelli scuri e occhi castani, no? È identico a mio padre, l’hai detto anche tu!»

«Non è vero» mentì Luca, benché mesi prima avesse notato la somiglianza col nonno materno. «Somiglia di più a quel tuo collega!»

«Quale?»

«Marco, quello del negozio di arredamenti!»

Giulia ridacchiò. Marco, il magazziniere della sua vecchia ditta, non assomigliava a Matteo neppure lontanamente.

«È ridicolo. Non ti ho mai tradito.»

«Mia madre e mia sorella avevano ragione: negherai tutto! Ma il test lo faccio comunque!»

Ah, ecco il punto. Giulia, solare e rispettata da tutti, aveva un carattere forte. Con la suocera, i rapporti si erano incrinati subito: apparentemente gentile, la donna sparlava di lei alle spalle, definendola sciatta e poco intelligente. Giulia aveva affrontato la situazione a testa alta, limitando i contatti.

La cognata, simile alla madre, amava le chiacchiere velenose. Dopo tentativi falliti di dialogo, Giulia aveva smesso di assecondarla.

Ora era chiaro: suocera e cognata avevano plagiato Luca.

Gli offrì un’ultima chance, invitandolo a sedersi.

«Sai che i tuoi parenti mi detestano. Hanno messo in testa sciocchezze che distruggeranno la nostra famiglia.»

«Se non nascondi nulla, facciamo il test.»

«Va bene» acconsentì. «Ma a una condizione: quando il test confermerà la tua paternità, prenderai le tue cose e tornerai da tua madre. Divorzieremo.»

«Perché?»

«Perché non vivrò con un uomo che dubita senza motivo. Se la loro opinione ti importa più della mia parola, scegli loro. Ma se usassi il cervello, sapresti che non ti tradirei mai.»

Luca esitò. Per un attimo, Giulia sperò. Ma dopo qualche minuto, lui sbottò:

«Facciamo il test. Punto.»

La settimana d’attesa fu gelida. Luca evitava persino Matteo. Giulia contava i minuti per inchiodarlo alle sue bugie.

Arrivato l’esito, gli mostrò il telefono senza guardare.

Luca studiò il documento, poi sorrise.

«È mio! Che sollievo! Festeggiamo!»

«Certo» replicò. «Ma non per la paternità, che era ovvia. Festeggiamo il divorzio.»

«Divorzio? Sei seria? Ho avuto dubbi, ma molti uomini crescono figli non loro!»

«Non m’interessa. Non vivrò con chi ferisce i familiari per chiacchiere altrui. Chi ignora il proprio figlio per paranoie. Vattene.»

Luca provò a rimediare, scusandosi e promettendo di cambiare.

Ma Giulia fu irremovibile. Quel gesto aveva svelato l’uomo che sposò: debole, influenzabile.

Pensò alla prossima donna che avrebbe incontrato Luca, destinata a lottare contro lingue velenose. Forse lui avrebbe imparato? Improbabile. La gente non cambia.

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