Mia madre mi accusa di non aiutare con mio fratello malato — sono scappata di casa e non me ne pento.

In un piccolo paesino vicino a Firenze, dove le stradine acciottolate conservano l’eco del passato, la mia vita a 27 anni è offuscata dal senso di colpa che mia madre cerca di impormi. Mi chiamo Sofia, lavoro come grafica e vivo da sola a Milano. Mia madre mi accusa di non aiutarla a prendermi cura di mio fratello malato, Matteo, ma non capisce perché sono scappata di casa dopo il liceo. Sono fuggita per salvarmi, e ora i suoi rimproveri mi lacerano tra il senso del dovere e la libertà.

**La famiglia che era una prigione**

Sono cresciuta in una casa dove tutto ruotava attorno a Matteo. Mio fratello minore è nato con paralisi cerebrale, e fin da piccolo la sua salute è stata al centro di ogni cosa. Mia madre gli ha dedicato la vita: visite dai medici, terapie, notti insonni. Mio padre se n’è andato quando avevo dieci anni, schiacciato dal peso, e io sono rimasta con loro. Volevo bene a Matteo, ma la mia esistenza era sottomessa alle sue necessità. “Sofia, aiutami con tuo fratello”, “Sofia, non fare rumore, riposa”. Queste parole le ho sentite ogni giorno.

A scuola andavo benissimo, sognavo di fare la designer, ma a casa non c’era spazio per i miei desideri. Cucinavo, pulivo, badavo a Matteo mentre mia madre lavorava. Diceva: “Sei la maggiore, è tuo dovere”. Lo capivo, ma dentro urlavo: “E quando vivo io?” A 18 anni, finite le superiori, ho ceduto. Ho fatto una valigia, lasciato un biglietto: “Mamma, vi amo, ma devo andare”, e sono partita per Milano. Un salto nel buio, ma sapevo che se fossi rimasta, mi sarei perduta.

**Una vita nuova e rimproveri antichi**

A Milano ho ricominciato tutto. Una stanza in affitto, lavoretti, l’università. Ora ho un lavoro stabile, un piccolo appartamento, degli amici. Sono felice, ma mia madre non lo accetta. Chiama una volta al mese, e ogni volta è un attacco. “Sofia, ci hai abbandonato! Matteo sta peggio, e tu pensi solo a te!” ha urlato ieri. Dice che è stanca, che è troppo per lei, che sono egoista perché non faccio niente. Ma non mi chiede mai come sto io, cosa ho passato.

Matteo ora ha 23 anni. Le sue condizioni sono peggiorate, quasi non cammina, e mia madre deve pagare una badante, che le divora i risparmi. Vuole che torni o che almeno le mandi soldi. “Guadagni, no? Noi qui sopravviviamo”, dice. Le ho mandato qualcosa un paio di volte, ma ho capito: non finirà mai. Se inizio, chiederà sempre di più—soldi, tempo, la mia vita intera. Voglio bene a Matteo, ma non posso ridiventare la sua infermiera.

**Il senso di colpa che soffoca**

Le parole di mia madre fanno male. “Hai abbandonato tuo fratello, non sei una figlia”, dice, e io mi sento in colpa, anche se so di non aver fatto nulla di sbagliato. Ho proposto di aiutarla a trovare una struttura o una badante fissa, ma lei vuole che torni e mi occupi di tutto. “La famiglia è un dovere”, ripete. Ma qual era il mio dovere verso me stessa, quando ero ragazzina? Le mie amiche dicono: “Sofia, non devi sacrificarti”. Ma ogni sua chiamata è un pugno, e dubito: forse sono davvero egoista?

Ho visto Matteo un anno fa. Mi ha sorriso, e io ho pianto abbracciandolo. Lui non c’entra, ma non posso tornare in quella casa dove ero solo l’ombra della sua malattia. Mia madre non capisce che non sono scappata da lui, ma da una vita in cui non esistevo. Ora minaccia di spezzare ogni contatto se non la aiuto. Ma cosa significa aiutare? Darle lo stipendio? Trasferirmi di nuovo? Non sono pronta.

**Cosa fare?**

Non so trovare un equilibrio. Parlarle e spiegarle perché me ne sono andata? Ma non ascolta, per lei sono una traditrice. Mandarle soldi ma fissare un limite? Non basterà, lei vuole tutto di me. Tagliare i ponti? Mi spezzerebbe il cuore, perché le voglio bene, nonostante tutto. O vivere la mia vita ignorando i suoi rimproveri? Ma il senso di colpa non mi dà tregua. A 27 anni voglio essere libera, ma non voglio che soffrano.

Le colleghe mi dicono: “Sofia, hai fatto una scelta, tienitela stretta”. Ma come resistere quando mia madre piange al telefono? Come proteggermi senza perdere la famiglia? Come aiutare Matteo senza annullarmi? Non voglio essere egoista, ma nemmeno svanire nei loro problemi.

**Il mio grido di libertà**

Questa storia è il mio diritto a una vita mia. Mia madre forse non vuole farmi del male, ma le sue accuse mi soffocano. Matteo forse ha bisogno di me, ma non posso salvarlo se perdo me stessa. Voglio che il mio appartamento sia il mio rifugio, che il mio lavoro mi renda felice, che io possa respirare senza sentirmi in colpa. A 27 anni merito di essere non solo una figlia e una sorella, ma Sofia.

E troverò il modo di vivere senza sensi di colpa, anche se dovessi mettere dei limiti. Sarà doloroso, ma non tornerò mai più in quella gabbia da cui sono fuggita.

**La vita ci insegna che amare non significa annullarsi, ma trovare il coraggio di dire “anche io esisto”.**

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Mia madre mi accusa di non aiutare con mio fratello malato — sono scappata di casa e non me ne pento.