«Mia madre vuole aiutare con l’acquisto della casa, ma mio marito ha deciso di usare i soldi per l’operazione di suo padre»

Sai com’è vivere per anni in una casa che non è la tua, sempre con il timore di doverla lasciare da un giorno all’altro? Io e mio marito, Matteo, affittiamo da sette anni. Ogni volta può succedere di tutto: i proprietari possono dirti “Ci serve la casa”, e via, si ricomincia a impacchettare. Forse il figlio non va più all’università, i vicini rendono la vita impossibile, o l’affitto aumenta senza motivo. In queste condizioni, non osiamo neanche pensare a un figlio. Come fai a costruire una famiglia senza radici?

Saremmo disposti a vivere con i nostri genitori, ma le loro case sono piccole, e non possono aiutarci. Io e Matteo ci siamo laureati, sposati all’ultimo anno, e sognavamo di essere genitori giovani, vicini ai nostri figli. Ora, però, non ne sono più sicura. E se un giorno nostro figlio ci sembrasse estraneo, come ci sembra oggi la gioventù con le sue idee strane?

Lavoriamo entrambi, risparmiamo, viviamo con poco. Niente cene fuori, niente vacanze. Tutto per un obiettivo: comprare casa. Ma per quanto ci impegniamo, i soldi non bastano. E come se non bastasse, il padre di Matteo ha avuto grossi problemi di cuore. Non è vecchio, ma la salute lo tradisce, e mio marito lo aiuta economicamente. È un altro colpo al nostro budget, ma la famiglia viene prima di tutto.

Poi, un giorno, mia madre, Francesca, mi ha detto di aver ricevuto un’eredità dalla zia. Vuole aiutarci: aggiungere ai nostri risparmi per comprare un piccolo bilocale. Ero felicissima! Abbiamo cercato un agente immobiliare, poi siamo andati a vedere case da soli.

All’inizio c’erano offerte interessanti, ma appena provavamo a trattare, ci mandavano via. Poi, proposte assurde: un monolocale senza finestre, una stanzetta che definivano “nido accogliente”. Ma noi non mollavamo, spendendo tempo, energie, persino il sonno. Tutto per il sogno di una casa nostra.

Poi Matteo è andato dai suoi genitori. Tornato, era silenzioso, assorto. La sera mi ha detto che suo padre stava male. Forse serviva un’operazione. Poche possibilità, ma c’erano. E lui voleva usare i soldi di mia madre per curarlo. “La vita viene prima di una casa,” ha detto. “Possiamo ancora risparmiare. Mio padre… forse non ha tempo.”

Parlava con passione, con dolore. Io tacevo. Poi ho provato a spiegare: quei soldi non erano nostri. Mia madre non ce li aveva ancora dati. Voleva aiutarci, non i suoi genitori. Sì, la malattia è terribile. Ma come potevo prendere i soldi di un’altra persona e usarli per un’altra cosa?

Dopo quel discorso, Matteo mi ha guardato come se fossi una sconosciuta. Mi ha detto che ero egoista. Che se fosse stato mio padre, non avrei esitato. Ora parliamo sempre più freddamente, come coinquilini. E non sono più sicura che ci serva una casa, se poi vivremo come estranei.

Quando mia madre ha saputo delle intenzioni di Matteo, si è rifiutata di darci i soldi in anticipo. Li avrebbe consegnati solo il giorno del rogito, quando la casa sarebbe stata nostra.

La capisco. Sono i suoi soldi. Voleva aiutare noi, non altri. Ma dentro di me è comunque doloroso. Perché non voglio perdere mio marito. Volevo solo una casa. Un nido per noi. Invece, ho trovato diffidenza, risentimento e distanza.

La gente si divide: gli amici di Matteo dalla sua parte, i miei dalla mia. Io voglio solo vivere in pace, amare ed essere amata. Ma sembra più difficile che mettere da parte i soldi per un mutuo.

Alla fine, forse l’amore non è una questione di chi ha ragione, ma di trovare insieme la strada, anche quando sembra impossibile.

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