Ricordo ancora i giorni di quellestate a Bologna, quando la notizia della gravidanza di Fiorella, la mia nuora, aveva riempito la casa di una gioia quasi sacra. Io e Fiorella ci trovavamo sempre in armonia; sebbene qualche volta scoppiasse una piccola discussione, riuscivamo a farla scivolare via come acqua sotto i ponti, senza mai serbare rancore.
Quando mi fu detto che il bambino sarebbe stato un maschietto, il cuore di Marco, mio figlio, si riempì di una felicità che non conoscevo da tempo. Da tempo sognava di avere un erede maschile e, non appena seppe che il piccolo sarebbe stato maschio, proclamò subito che lo avrebbero chiamato Lorenzo, dal nome di suo padre. Nella nostra famiglia è tradizione che i ragazzi portino il nome del nonno; è un modo per tramandare leredità e mantenere viva la memoria dei nostri antenati.
Fiorella, però, non accolse con piacere la decisione già presa. Scoppiò una lite improvvisa e, con voce dura, mi disse che il nome del neonato sarebbe stato scelto da lei e che non avremmo avuto voce in capitolo. Volevo parlare con calma, sedermi a fare quattro chiacchiere, ma lei insisteva che la decisione era già scritta su carta. Marco cercò di sostenermi, ma la moglie non voleva sentire ragioni, aggiungendo che i suoi genitori lavrebbero accompagnata nella sala parto e che il bambino avrebbe vissuto con loro.
Il figlio ha sempre trattato la moglie con grande rispetto e ha cercato di dimostrarle affetto e cura, però Fiorella non pareva apprezzare questi gesti. È una donna piuttosto egoista, incapace di tacere anche per il bene del marito. Quando tentai di parlarle delle usanze della nostra famiglia, mi interruppe subito, come se avesse messo il carro davanti ai buoi.
Con mia grande sorpresa, scoprii che Fiorella e Marco avevano già escogitato un nome per il bambino e che avrebbero deciso autonomamente tutte le questioni riguardanti la loro famiglia, senza curarsi del mio parere. Per me, quel piccolo sarebbe stato un nipote, il proseguimento della nostra stirpe, e desideravo solo che il suo nome onorasse le radici di tutti noi.
Quando la questione del nome riemersa di recente, Fiorella mi rispose in maniera scortese che quella era una faccenda che non mi riguardava. Rimasi senza parole. Avevo investito tutto il mio cuore e la mia energia in Marco, e ora mi sentivo inutile nella sua vita. Non capivo come avrei dovuto andare avanti, né come avrei potuto dialogare con la nuora e con mio figlio. Così, con il peso di quel ricordo, continuo a chiedermi quale sia il vero valore della tradizione quando il legame familiare sembra svanire tra le parole non dette.






