Micio è scomparso
“Natascia, sei a casa?” Igor irruppe in casa e si bloccò vedendo la moglie nell’ingresso. Era accovacciata e singhiozzava disperata. “Non ho capito nulla di quello che hai detto al telefono. Piangevi così forte che non si capiva una parola. Poi, per giunta, la batteria si è scaricata. Che succede, Natascia? Sei pallida come un fantasma.”
“Micio è sparito…” riuscì a dire con voce strozzata. “Non c’è più in casa.”
“Come sarebbe sparito?!” Igor trasalì. “Dove può essere andato? Riesci a spiegarmelo bene? Forse si è nascosto da qualche parte?”
“No. Tua sorella… Vika… Insomma, ha detto che Micio è scappato per sbaglio nel condominio mentre usciva con Miki per una passeggiata. Ma lo sai bene, Igor, il nostro Micio… Non sarebbe mai uscito da solo. Che ci sarebbe andato a fare fuori, se lì aveva quasi rischiato di morire? Credo che lei lo abbia lasciato uscire di proposito…”
“Cosa?!” Igor serrò i pugni. “Dov’è adesso? Dov’è Vika?”
“Credo sia andata al supermercato… Non lo so. Ho cercato Micio dappertutto, ma non c’è traccia di lui. Nessuno l’ha visto in giro. Com’è possibile, Igor? Davvero una persona può essere così meschina? Gettare una creatura indifesa per strada. D’inverno. Si può fare una cosa del genere?”
“Una persona normale, no. Ma Vika… Vika sì. E poi, ha già fatto qualcosa del genere in passato. Non preoccuparti, oggi stesso non metterà più piede in casa nostra. Perché mai l’abbiamo fatta entrare?”
***
Un mese prima…
Igor camminava verso la fermata quando notò qualcosa di grigio sotto la neve.
All’inizio pensò fosse solo un sasso. Ma quel sasso era strano, perché non restava immobile: tremava, come un vecchio frigorifero sovietico.
Forse fu proprio questo ad attirare la sua attenzione. Mai aveva visto, né tanto meno sentito, una pietra tremare dal freddo.
Spinto dalla curiosità, si avvicinò per capire cosa fosse.
E solo allora si accorse che non era un sasso, ma un gattino grigio.
“Mamma mia…” mormorò Igor, grattandosi la nuca. “Che ci fai qui, piccolo?”
Era una domanda retorica.
Chiunque avrebbe capito cosa ci facesse un animale domestico per strada. Sopravviveva come poteva… E questo gattino stava cercando di sopravvivere.
Non miagolava, non chiedeva aiuto… Niente. Rimaneva lì, tremante.
Sembrava aver accettato che a nessuno importasse di lui. Così si limitava a cercare di scaldarsi.
Igor lo sollevò con delicatezza, spazzolando via la neve dal suo pelo, poi lo infilò sotto la giacca e, tenendolo con una mano, corse alla fermata giusto in tempo per salire sullautobus.
Mentre tornava a casa, ricordò che Natascia voleva da tempo un gattino grigio a strisce, ma non avevano mai trovato il momento di andare al gattile.
E ora il destino glielo aveva messo davanti. E quando il destino ti offre qualcosa, bisogna prenderlo.
“Natascia, ho una sorpresa per te,” annunciò allegro appena varcò la porta di casa.
“Oh, ultimamente mi stai davvero viziando,” sorrise la moglie, venendogli incontro. “Prima gli orecchini d’oro, poi il cellulare che sognavo, poi i biglietti per il cinema. Coshai stavolta? Un viaggio in montagna?”
“Meglio!” esclamò Igor, aprendo la cerniera della giacca e tirando fuori il gattino. “Ecco! Lho trovato per strada. Non volevi proprio uno così? Grigio e a strisce?”
“Mio Dio,” sussultò Natascia. “Ma è gelato, poverino. Dammelo, lo riscaldo. Tu intanto togliti il cappotto, lavati le mani e vieni in cucina. La cena è pronta.”
Lo guardò di nuovo e sorrise: “Che meraviglia…”
Così Igor e Natascia ebbero Micio. Passarono ore a pensare a un nome, ma alla fine scelsero il classico “Micio”.
“Mi sembra che gli si addica più di un Tommaso o un Luca.”
“Concordo, amore.”
Era successo alla fine di novembre, quando cadde la prima neve. Così il gattino non ebbe modo di sperimentare le “delizie” della vita randagia in inverno.
Grazie al cielo. Per molti, quella prova è lultima…
In quelle due settimane, Micio si affezionò moltissimo ai suoi nuovi umani.
O meglio, li amò già dal primo giorno, ma con il tempo sempre di più.
E anche a lui piacevano Igor e Natascia: gentili, buoni. Non lo avrebbero mai fatto soffrire né cacciato, come i precedenti padroni. Così si sentiva al sicuro.
Persino quando faceva cadere qualcosa dal comò o dal tavolo, non lo sgridavano, ma gli chiedevano solo di stare più attento.
“Certo che sì!” miagolava sicuro, saltando per la decima volta sul comò e facendo cadere il telecomando.
Insomma, tutto andava bene, finché una domenica mattina qualcuno bussò alla porta.
“Chi può essere a questora?” Igor si strofinò gli occhi e guardò lorologio: le sei e mezza.
Fuori era ancora buio.
“Forse i vicini?” ipotizzò Natascia. “Magari ha