Mio figliastro ha sfidato quel detto: solo le vere madri meritano il primo posto!

**Diario di Luca**

Mio figliastro ha sfidato quel detto: solo le madri biologiche meritano il posto in prima fila!

Quando mi sono sposato con mia moglie, Alessandro aveva solo sei anni. Sua madre se nera andata quando ne aveva quattronessuna telefonata, nessuna lettera, solo una silenziosa fuga in una fredda notte di febbraio. Mio marito, Matteo, era distrutto. Ci siamo conosciuti un anno dopo, entrambi cercando di ricostruire i pezzi delle nostre vite. Quando ci sposammo, non si trattava solo di noi due. Si trattava anche di Alessandro.

Non lho messo al mondo, ma dal momento in cui mi sono trasferito in quella casetta con le scale scricchiolanti e i poster del calcio alle pareti, sono stato suo. Il suo patrigno, sìma anche la sua sveglia mattutina, chi gli preparava i panini con la Nutella, il compagno di progetti scolastici e chi lo accompagnava al pronto soccorso alle 2 di notte con la febbre alta. Ho assistito a ogni recita scolastica e ho tifato come un pazzo a ogni partita di calcio. Sono rimasto sveglio fino a tardi per aiutarlo a studiare e gli ho stretto la mano dopo il suo primo cuore spezzato.

Non ho mai cercato di sostituire sua madre. Ma ho fatto di tutto per essere qualcuno di cui potersi fidare.

Quando Matteo morì improvvisamente per un ictus, poco prima che Alessandro compisse 16 anni, ero devastato. Avevo perso il mio compagno, il mio migliore amico. Ma anche nel dolore, sapevo una cosa con certezza:

Io non me ne sarei andato.

Da quel momento, ho cresciuto Alessandro da solo. Senza legami di sangue. Senza eredità familiari. Solo amore. E lealtà.

Lho visto diventare un uomo straordinario. Ero lì quando ricevette la lettera di ammissione alluniversitàentrò in cucina sventolandola come fosse un biglietto doro. Pagai le tasse discrizione, lo aiutai a fare le valigie e piansi a dirotto quando ci salutammo con un abbraccio davanti alla sua stanza nel dormitorio. Lho visto laurearsi con lode, le stesse lacrime di orgoglio che mi scendevano sul viso.

Così, quando mi disse che avrebbe sposato una donna di nome Chiara, fui felicissimo per lui. Sembrava così serenopiù leggero di quanto lo avessi visto da anni.

Papà, disse (e sì, mi chiamava Papà), voglio che tu sia parte di tutto. Nella scelta dellabito, nella cena di prova, in tutto.

Non mi aspettavo di essere al centro dellattenzione, ovvio. Ero contento solo di esserci.

Arrivai presto il giorno del matrimonio. Non volevo causare problemivolevo solo sostenere il mio ragazzo. Indossavo un abito azzurro, il colore che un giorno disse ricordargli casa. E nella tasca tenevo una scatolina di velluto.

Dentro cerano dei gemelli da polso, incisi con le parole: Il ragazzo che ho cresciuto. Luomo che ammiro.

Non erano costosi, ma portavano il mio cuore.

Appena entrato, vidi i fioristi correre avanti e indietro, il quartetto darchi accordare gli strumenti, lorganizzatrice controllare nervosamente la lista.

Poi, si avvicinò leiChiara.

Era bellissima. Elegante. Impeccabile. Labito sembrava fatto apposta per lei. Mi offrì un sorriso che non arrivava agli occhi.

Ciao, disse con gentilezza. Che bello che tu sia venuto.

Sorrisi. Non me lo sarei perso per nulla al mondo.

Esitò. Il suo sguardo scese alle mie mani, poi tornò al mio viso. Poi aggiunse:

Solo una precisazionela prima fila è riservata ai genitori biologici. Spero capirai.

Le parole non le capii subito. Pensai fosse una tradizione familiare o un problema di posti. Ma poi vidila freddezza nel sorriso, leducazione calcolata. Voleva dire esattamente quello che aveva detto.

Solo genitori biologici.

Sentii il terreno mancarmi sotto i piedi.

Lorganizzatrice ci guardòaveva sentito. Una damigella si agitò a disagio vicino a noi. Nessuno disse nulla.

Deglutii a fatica. Certo, dissi, forzando un sorriso. Capisco.

Mi diressi allultima fila della chiesa. Le ginocchia mi tremavano leggermente. Mi sedetti, stringendo la scatolina in grembo come se potesse tenermi insieme.

La musica cominciò. Gli invitati si voltarono. Il corteo nuziale entrò. Tutti sembravano così felici.

Poi, Alessandro apparve nellaula.

Era così bellocosì adulto nel suo completo blu scuro, calmo e fiero. Ma, avanzando, scorse i banchi con lo sguardo. I suoi occhi saltaronoa sinistra, a destra, finché non mi trovarono in fondo.

Si fermò.

Il suo volto si contrasse in unespressione confusa. Poidi comprensione. Guardò davanti, dove la madre di Chiara sedeva orgogliosa accanto al padre, sorridente con i fazzoletti in mano.

E poi, si voltò e tornò indietro.

Allinizio, pensai avesse dimenticato qualcosa.

Ma poi lo vidi sussurrare al suo testimone, che subito si avvicinò a me.

Signor Bianchi? disse piano. Alessandro mi ha chiesto di portarti avanti.

Iocosa? balbettai, stringendo i gemelli. No, va bene così, non voglio creare problemi.

Insiste.

Mi alzai lentamente, con le guance in fiamme. Sentii tutti gli occhi puntati su di me mentre seguivo il testimone lungo la navata.

Chiara si voltò, con unespressione indecifrabile.

Alessandro raggiunse la nostra altezza. Guardò Chiara, con voce ferma ma dolce. Lui siederà davanti, disse. O non ci sarà matrimonio.

Chiara sbatté le palpebre. MaAlessandro, credevo avessimo deciso

Lui la interruppe gentilmente. Hai detto che la prima fila è per i veri genitori. E hai ragione. È proprio per questo che lui deve stare lì.

Si rivolse agli invitati, la voce che echeggiava nella chiesa. Questuomo mi ha cresciuto. Mi ha tenuto la mano quando avevo incubi. Mi ha aiutato a diventare luomo che sono oggi. Lui è mio padre, anche se non mi ha messo al mondo.

Poi mi guardò e aggiunse: Lui è quello che è rimasto.

Un silenzio sembrò avvolgere il mondo intero.

Poi, qualcuno iniziò ad applaudire. Un sussurro allinizio. Poi più forte. Alcuni si alzarono. Lorganizzatrice si asciugò discretamente gli occhi.

Chiara sembrava sconvolta. Ma non disse nulla. Solo annuì.

Afferrai il braccio di Alessandro, con le lacrime che mi offuscavano la vista. Mi condusse in prima fila, e mi sedetti accanto alla madre di Chiara.

Lei non mi guardò. Ma non importava. Non ero lì per lei.

La cerimonia continuò. Alessandro e Chiara si scambiarono i voti, e quando si baciarono, la chiesa esplose in applausi. Fu un matrimonio meravigliosoromantico, commovente, pieno di gioia.

Più tardi, al banchetto, rimasi vicino alla pista da ballo, ancora stordito da tutto. Mi sentivo fuori posto. Tremante. Ma profondamente amato.

Chiara si avPoi Chiara mi prese la mano e, con un sorriso sincero che finalmente raggiunse i suoi occhi, sussurrò: “Grazie per averlo reso l’uomo che amo”.

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