«Mio figlio è diventato disordinato e mia nuora il suo riflesso: sono stanca del caos in cui vivono»

28 ottobre 2023

Non credevo di doverlo ammettere, ma sono esausto. Esausto dalle stoviglie sporche, dai pavimenti unti, dall’odore persistente del cibo di ieri e dalla sensazione di abitare non nella mia casa, ma in una squallida pensione con coinquilini indecenti. Tutto per colpa di mio figlio e della sua “adorata”, che da due mesi vive qui come in un villaggio vacanze.

Marco ha vent’anni. Studia all’università da lavoratore, è tornato dal servizio civile e ha subito trovato un impiego. Un uomo, insomma, che dovrebbe essere indipendente, contribuire alle spese, non perdere tempo. Ero fiero di lui. Fino a una certa conversazione.

“Mamma,” mi disse un giorno, “per Giada è difficile stare a casa. I suoi litigano, tirano oggetti, non la lasciano studiare. Lasciamo che resti qui finché non si sistemano. Siamo tranquilli, non daremo problemi.”

Avevo compassione di quella ragazza. L’avevo già conosciuta: timida, educata, occhi bassi e voce flebile. Come rifiutarsi? Inoltre, Marco aveva una camera tutta sua, c’era spazio. Ma non immaginavo il “regalo” che quella decisione mi avrebbe portato.

Le prime settimane furono ordinate: lavavano i piatti, spazzavano, tacevano. Abbiamo persino stabilito un calendario delle pulizie: sabato toccava a loro, mercoledì a me. Ero sollevato: forse erano davvero maturati. Dopo tre settimane, però, tutto crollò.

Piatti sporchi rimanevano nel lavandino per giorni, il pavimento era cosparso di capelli, carte e involucri. In bagno, schizzi di shampoo, peli nello scarico, macchie di sapone. La loro stanza sembrava una tana: vestiti ovunque, briciole sul comodino, letto sempre sfatto. Giada passeggiava in casa con la maschera sul viso e il telefono in mano, come se fosse in un centro benessere, non ospite.

Ho provato a parlare, chiedere, ricordare. La risposta? “Non abbiamo avuto tempo, lo faremo dopo.” E quel “dopo” durava settimane. Allora ho cominciato a mettere loro direttamente in mano stracci e scopini, senza rimproveri. Niente. Una volta hanno rovesciato la salsa sulla tovaglia e se ne sono andati. Ancora una volta, ho pulito io.

Quando sono entrato nella loro camera e ho visto quel disastro, non ce l’ho fatta:

“Non vi fa schifo vivere così?”

Marco, senza battere ciglio, rispose:

“I geni dominano il caos.”

Peccato che nessun genio si vedesse in quel caos. Solo due adulti che trovano comodo vivere come porci e farsi servire a spese di un genitore.

Marco aveva promesso di contribuire: fare la spesa, pagare parte delle bollette. In realtà, copre solo le utenze. Compra cibo una volta a settimana, ma ordina pizza, sushi e cibo a domicilio quasi ogni giorno. Anche a me ne offrono, ma che me ne importa? Il frigo è vuoto lo stesso. Con quei soldi avremmo mangiato tutti per una settimana.

Giada non lavora, studia in presenza. Prende la borsa di studio, ma non ha mai speso un euro per la casa o la spesa. Tutto per lei. Quando ho suggerito di rivedere le spese, ha alzato le spalle, offesa.

Ho cresciuto Marco da solo. Suo padre se n’è andato prima che nascesse. I miei genitori mi aiutavano, io lavoravo due turni, risparmiavo, l’ho tirato su da solo. Non l’ho mai rimproverato. E non voglio farlo ora. Ma vederlo trasformare la mia casa in una stalla è troppo.

Ho parlato. Una, due, tre volte. Ora capisco: è inutile. Non cambieranno. Pensano che io sia solo un rompiscatole, che dovrei ringraziarli per permettermi di vivere con loro.

Due mesi di pazienza. Basta. Gli dirò: o sistemate le cose, o prendete le valigie e andate in un dormitorio. Lì, forse, capiranno cosa significa rispettare il lavoro altrui.

Perché sono stanco di fare da domestico. Voglio vivere in pace, senza nervosismi, senza montagne di piatti sporchi e calzini altrui sul tavolo.

Voi cosa fareste? Affrontereste vostro figlio, o continuereste a sopportare in silenzio il disordine in una casa che ho costruito con le mie mani?

La lezione? A volte, anche l’amore deve avere dei limiti.

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