Mio figlio e sua moglie mi hanno regalato un appartamento quando sono andata in pensione

Ricordo, ormai da molti anni, il giorno in cui mio figlio Marco e la sua sposa Ginevra mi donarono un appartamento, proprio quando fui ammessa in pensione. Quella mattina, Marco ed Emma Bianchi, sua madre, arrivarono con le chiavi strettamente avvolte in un panno di cotone e mi condussero dritti da un notaio a Via del Corso, nel centro di Roma. La gioia mi colse di sorpresa, così tanto che riuscivo a malapena a dire una parola; mi limitai a sussurrare:

Perché mi fate un regalo così costoso? Non ne ho bisogno!

È una gratifica per la pensione, così potrai ospitare chi vuoi mi rispose Marco, con voce ferma.

Allora ero ancora una novizia al fondo pensione. Solo pochi giorni prima mi avevano appena concesso il pensionamento, e loro già avevano sistemato tutto senza alcun mio coinvolgimento. Iniziai a rifiutare, ma loro mi consigliarono di non fare storie.

Il rapporto con la nuora non è sempre stato liscio: a volte tranquillo, poi allimprovviso una tempesta scoppiava dal nulla. Io ne ero causa altrettanto quanto lei. Per anni cercammo di adattarci luno allaltra, imparando a non litigare, a non combattere. Grazie a Dio, da qualche anno viviamo in pace.

Quando la sorella di Ginevra, la zia Carla, seppe del dono, subito mi telefonò per congratularsi e, quasi colpevolmente, si elogiò: Ho cresciuto una buona figlia, visto che non ha opposto resistenza al regalo. Poi aggiunse che lei stessa non accetterebbe mai un simile beneficio, preferirebbe rinunciarci a favore del nipotino.

Verso mezzanotte mi chiesi se sarei riuscita a vivere con una sola pensione, dato che non avevo grandi necessità. Allalba chiamai Luca, il mio nipotino, e delicatamente gli chiesi se avrebbe accettato un appartamento. Luca, che sta per compiere sedici anni, dovrà andare alluniversità e avrà una fidanzata; non potrà portarla a casa dei genitori.

Non ti preoccupare, nonna! Voglio provvedere da solo al mio sostentamento mi rispose con ardore.

Tutti rifiutarono di prendere lappartamento. Lo proposi a Ginevra, a Luca e persino a Marco.

Mi tornò in mente la storia di mia sorella maggiore, Anna Marchetti. Sua cognata, dopo essere stata privata della casa, fu costretta a trasferirsi in un alloggio popolare, aggrappandosi a quel piccolo spazio come chi si aggrappa a una canna di salice in balia del fiume.

Il nostro zio, Gianni, è scomparso da quindici anni e i suoi eredi non riescono ancora a spartirsi leredità, lottando come due ratti per un pezzo di formaggio.

Una volta vidi in un telegiornale che i miei genitori avevano lasciato la casa al figlio, ma lui la aveva sfrattato e poi venduta, lasciando i due al marciapiede di Napoli.

Piansi, non so se per gratitudine o per orgoglio verso i miei figli. Dopo una visita allINPS scoprii che la mia pensione ammontava a duemila euro al mese, mentre Marco affittò il mio appartamento a tre mila euro. In quel momento compresi il valore del dono dei miei figli: era davvero un gesto da re.

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