«Mio figlio ha detto che non c’è più posto per me nella sua vita. Come siamo arrivati a questo?»

Era un sabato come tanti altri. Una mattina tranquilla, il bollitore sul fuoco, il sole che filtrava pigramente attraverso le tende. Ero seduta al tavolo della cucina con la mia tazza di caffè forte quando è squillato il telefono. Sul display: mio figlio, Luca. L’unico. La mia luce, il mio orgoglio, la mia anima. Tutto nella mia vita girava intorno a lui. Gli ho dato tutto: amore, cura, notti insonni, gli ultimi euro dal portafoglio. Dopo il suo matrimonio, le chiamate si erano fatte rare, ma ogni volta erano come una boccata d’aria.

“Mamma, dobbiamo parlare,” ha iniziato lui. La voce era controllata. Anzi, fredda. Insolita.

Qualcosa dentro di me si è stretto.

“Certo, piccolino. Che succede?” ho chiesto, già sentendo il cuore battere più forte.

È rimasto in silenzio per qualche secondo, poi, come se stesse raccogliendo il coraggio, ha detto:

“Mamma, io e Martina… Abbiamo deciso che devi capire: non possiamo più vederci così spesso.”

Non ho capito subito. O forse non volevo capire. E lui ha continuato:

“Abbiamo la nostra vita, i nostri progetti, le nostre cose. E tu… ti intrometti troppo. Martina dice che chiami troppo spesso. Arrivi senza preavviso. Siamo stanchi. Ci serve spazio. Tranquillità.”

Ero lì, muta, incapace di dire una parola. E nella testa solo una domanda: Dove ho sbagliato?

“Luca…” ho sussurrato. “Volevo solo esserti vicina. Non è per fare del male. Mi manchi.”

“Lo so, mamma,” mi ha interrotto. “Ma ora è diverso. Vogliamo vivere la nostra vita. Dobbiamo… staccarci. Capisci?”

Ho annuito, anche se non poteva vedermi. Gli occhi pieni di lacrime. Le mani che tremavano. Sono riuscita a dire:

“Va bene. Ho capito.”

La chiamata è finita in fretta. Lui ha salutato con calma, quasi con sollievo. E io sono rimasta lì, nella stessa cucina, con la stessa tazza in cui il caffè ormai era freddo.

Mi sono girata verso il muro dove c’erano le vecchie foto. Ecco Luca da piccolo, al primo giorno di scuola. Ecco lui al diploma. E poi con un mazzo di fiori, accanto a Martina in Comune. E in tutte quelle foto… c’ero io. Sempre io. Sempre vicina.

Ricordavo quando lo tenevo in braccio mentre aveva la febbre. Le notti passate a leggergli storie. Quando lo aiutavo con i compiti, con la scelta dell’università, quando lo consolavo dopo il primo amore finito male. E ora, quando nella mia vita era rimasto solo lui… lui dice che non c’è più posto per me.

Sembra quasi che la vecchiaia non riguardi l’età, ma la sensazione di non servire più. Di come le persone che un tempo hai rialzato ti guardino ora come un fastidio. Come un’ombra invadente del passato che vogliono tagliare fuori dalla loro nuova vita felice.

Le mie amiche raccontano dei nipotini che accudiscono, di come i figli li invitano a cena, chiedono consigli, parlano. Io? Ho paura di chiamare. Paura di sentire l’irritazione nella voce. Paura di essere di nuovo “troppo insistente”. Di sentirmi dire: “Siamo stanchi di te.”

Ma la cosa più dolorosa è che non chiedevo molto. Non volevo soldi, non chiedevo aiuto. Solo essere vicina, ogni tanto. Vedere come vive mio figlio. Preparargli una torta, sapere come sta. È davvero troppo?

Non sono una santa. Forse chiamavo troppo. Forse ero troppo emotiva. Ma mi mancava. Un appartamento vuoto, la tv in cucina e qualche vecchia foto: ecco la mia vita adesso.

Sono passate settimane. Luca non ha chiamato. Né lui, né Martina. Io, come promesso, non li disturbo. Vivo nel mio silenzio. Guardo fuori dalla finestra e penso: forse è questo il finale dell’amore che gli ho dato? Così improvviso e freddo?

Mi fa male. Ma non sono arrabbiata. Non gli auguro nulla di male. È solo che non capisco com’è possibile che l’unica persona per cui ho vissuto ora voglia che io sparisca.

E sai qual è la cosa più terribile? Non la casa vuota. Non il silenzio. Ma rendersi conto che nella vita di chi per te era tutto… ora non sei più nessuno.

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