**Mio figlio mi ha lasciato in una casa di riposo e ora mi chiede soldi per il suo matrimonio**
Non avrei mai immaginato che la mia vecchiaia avrebbe avuto lodore di disinfettante e minestra tiepida.
Mi vedevo a settantanni con le labbra rosse, a ballare il liscio la domenica in piazza Navona, a flirtare con i pensionati del circolo e a bere caffè con cornetti mentre discutevo di politica o di calcio.
Ma no.
La realtà mi ha portata in una casa di riposo chiamata Orizzonte Sereno, che suona poetico ma ha più porte chiuse di un carcere.
Mio figlio mi ci ha portato un martedì, subito dopo pranzo.
Mamma, qui starai meglio mi ha detto con quella vocina da agnellino pentito che usa quando sta per fare qualcosa di terribile. Avrai compagnia, assistenza medica, attività ricreative
Ah, perfetto ho risposto. Allora lasciami anche la tua carta di credito, visto che ci siamo, e mi prenoto una crociera ricreativa.
Non ha replicato. Mi ha dato un bacio veloce, il tipo di bacio che dai quando vuoi scappare prima che ti facciano sentire in colpa, e se nè andato.
Io sono rimasta a fissare il soffitto bianco, con quellodore di candeggina che ti entra nella pelle, pensando che se quello era il meglio per me, preferivo il peggio.
I primi giorni sono stati un disastro. Non riuscivo a dormire: una delle mie compagne, Graziella, russa come se avesse un trattore nel petto; e laltra, Pina, nasconde i calzini di tutti per vedere se qualcuno li cerca, come se fosse un esperimento psicologico.
Ma mi sono adattata. Noi anziani siamo sottovalutati, e non sanno quanto possiamo essere elastici quando non cè altra scelta.
Faccio yoga sulla sedia (anche se sembro un origami umano malriuscito), gioco a tombola tre volte a settimana e, tra laltro, ho stretto amicizia con un signore molto simpatico, il signor Enzo, che mi propone matrimonio ogni giorno.
Signora, lei e io faremmo una bella coppia mi dice con un fiore di plastica in mano.
Certo, Enzo, ma prima ricordati come mi chiamo gli rispondo sempre.
Lui ride. Io pure. In fondo, me la passo meglio di quanto pensassi.
Fino a quando, una domenica, mio figlio è apparso allimprovviso. Aveva quel sorriso sospetto che conosco da quando aveva cinque anni: il sorriso di mamma, ho bisogno di qualcosa.
Maaaammaaa! ha detto, allungando la parola come quando voleva un giocattolo.
Dimmi, coshai rotto stavolta? ho chiesto, incrociando le braccia.
Niente, mamma. È che mi sposo.
Lho guardato con una sopracciglia alzata.
Davvero? Che sorpresa! Non sapevo che ci fosse qualcuno così coraggioso.
Ha riso, a disagio. Io no.
Be, mamma, visto che i matrimoni costano ho pensato se potessi darmi una manina.
Una manina? Se mi hai tolto di casa e mi hai messa qui perché dicevi che non cera spazio! E ora vuoi che ti finanzi il banchetto?
Mi ha guardato con faccia da cagnolino abbandonato. Io lho guardato con quella di una madre che ha già visto troppi cagnolini e sa che mordono sempre la scarpa sbagliata.
Fammi capire ho continuato. Mi lasci qua, circondata da anziani che litigano per il telecomando, e ora vuoi i miei soldi per mangiare sushi al tuo matrimonio.
Non è sushi, mamma, è un salone elegante.
Elegante un corno. Perché non vi sposate qui? Ti presto le mie amiche della tombola come damigelle e il signor Enzo lo facciamo fare da prete. Sa persino dire sì, lo voglio!
È diventato rosso come un pomodoro maturo.
Mamma, lo dico sul serio.
Anchio ho risposto. E se volete una festa, fate una cosa semplice: ogni invitato porta il suo tupperware e tutti contenti.
Si è preso la testa tra le mani.
Non posso credere che non vuoi aiutarmi.
Ah no, caro ho replicato. Io ho già aiutato abbastanza: ti ho dato la vita, ti ho cambiato i pannolini, ti ho consolato quando piangevi per la tua prima ragazza e ti ho pure firmato il prestito per la macchina. Il mio contratto da madre finanziatrice è scaduto.
È rimasto zitto. Linfermiera, che passava proprio nel corridoio, mi ha fatto locchiolino. Credo che tutte le madri della casa di riposo mi avrebbero applaudito.
Alla fine, non gli ho dato soldi. Ma qualcosa di meglio: un consiglio, di quelli che valgono più di un assegno.
Ascoltami bene, figlio. Per sposarsi servono tre cose: amore, pazienza e voglia di condividere la vita. Tutto il resto il salone, la torta, i fiori lo puoi pagare a rate. E quelle rate non le pago io.
Ha sospirato, mi ha baciato in fronte ed è andato via a testa bassa.
Io sono rimasta a guardare fuori dalla finestra della sala da pranzo, con un sorriso. Perché ho capito che ho ancora qualcosa da offrirgli: non soldi, ma saggezza.
Quella sera, il signor Enzo mi ha riproposto di sposarlo.
Che ne dice, signora? Ci sposiamo e facciamo la festa in sala da pranzo?
Solo se prometti di non russare la prima notte gli ho risposto.
Abbiamo riso insieme.
E mentre la casa di riposo si spegneva, con il suo odore di minestra e nostalgia, ho pensato che forse qui non sto così male. Sono ancora utile, posso ancora insegnare, sono ancora viva.
E quando arriverà il giorno del matrimonio di mio figlio se mi invita, ovvio, ho intenzione di andarci vestita di rosso, col bastone più luccicante del luogo, e brindare con le mie amiche della tombola.
Perché, anche se mi ha lasciata in questo posto, ho ancora qualcosa che lui non ha: esperienza e senso dellumorismo.





