Mio marito è il re del divano, mentre il vicino è il vero eroe. Perché la vita è così ingiusta?
Ho soltanto ventotto anni. Mio marito ne ha trentasette. Siamo una giovane famiglia con due splendidi bambini. E sebbene viviamo nel XXI secolo, a volte sembra di essere tornati nel profondo passato. Questo perché per il mio Alessandro tutto è all’antica: l’uomo deve guadagnare, e la donna deve cucinare e portare fuori la spazzatura. Non è un’assurdità?
Quando ci siamo sposati, speravo che saremmo stati partner nella vita, nella gestione della casa, nella cura dei figli. Che nessuno avrebbe imposto etichette come “questo non è lavoro da uomo” o “puoi farcela da sola”. Purtroppo, però, per il mio Alessandro è sotto la sua dignità prendere in mano uno straccio o accendere la lavatrice. Non ha problemi a spolverare una volta al mese, se glielo chiedi con insistenza. Ma preparare la colazione ai bambini? No, è un mistero per lui. Come se la padella lo mordesse.
In questo contesto, devo raccontarvi di una persona che ammiro profondamente. Il vicino. Sì, un semplice ragazzo che vive nel nostro stesso palazzo. Si chiama Carlo.
Carlo e Chiara sono una giovane coppia, circa trentenni, vivono al piano di sopra. Chiara è una donna d’affari, sicura di sé. Lavora per una grande azienda internazionale, ha una posizione di rilievo e guida un’auto di lusso. È sempre elegante, autorevole, sempre in movimento, impegnata.
Carlo, per ora, è senza lavoro. E sapete cosa fa? È… semplicemente un padre e un marito straordinario! Quando è nato il loro piccolo, non si è rifugiato nella TV. Ha preso il congedo parentale! Esattamente.
Non potete immaginare come se la cava! Porta a spasso il passeggino al mattino, poi prepara la pappa, lava i vestiti del bambino, fa le pulizie, prepara il pranzo. È come un supereroe con il grembiule di casa. E il bambino ha sempre gli occhi felici. Carlo non sogna di essere altrove, vive semplicemente per la sua famiglia.
Chiara, rientrando dal lavoro, lo saluta sempre con un sorriso. Osservo loro e sento una leggera invidia. Sembrano usciti da un quadro di felicità coniugale: innamorati, rispettosi, risolvono tutto insieme, dai pannolini ai piani per le vacanze.
Un giorno l’ho visto mentre lavava il pavimento cantando una ninna nanna al piccolo, e il mio cuore si è stretto. Non perché mio marito sia cattivo, ma perché non vuole essere così. Pensa che non sia dignitoso per un vero uomo prendersi cura della casa.
A volte accenno a Alessandro: guarda come Carlo passeggia con il figlio, o come prepara la cena. Lui ride e dice: “Beh, se lui non ha niente di meglio da fare”. Oppure: “Presto Chiara si stancherà di lui, le donne si annoiano con uomini così”. E io vorrei urlare.
È buffo e triste: è veramente debolezza la cura della casa? L’amore si misura solo con il pagamento delle bollette?
Sapete, non sogno che Alessandro cucini zuppe gourmet o ricami cuscini. Vorrei solo che ogni tanto dicesse: “Ci penso io, riposati”. Oppure che una volta a settimana mi sorprendesse con la colazione a letto. O che semplicemente prendesse la piccola e dicesse: “Vai a fare un sonnellino”. Invece no. Pensa che questa sia una missione femminile. Lui è il sostenitore economico.
Perciò quando vedo Carlo, mi viene voglia di applaudirlo. Non perché sia migliore di mio marito, ma perché è diverso. Perché sa amare nei fatti e non solo a parole. Perché non ha paura di essere “diverso” da come gli è stato insegnato da bambino. Perché ha avuto il coraggio di essere semplicemente una buona persona.
Forse un giorno Alessandro capirà che l’amore non è solo fare soldi. Che la felicità di una donna non sono solo i fiori l’8 marzo, ma l’attenzione quotidiana. E intanto prego solo che i miei figli abbiano un padre come Carlo lo è per suo figlio.
La vera mascolinità non è la forza fisica, ma quella del cuore. E a questo, purtroppo, non tutti sono stati educati.