Mio marito ha invitato l’ex moglie con i figli alla festa di Capodanno, così ho fatto la valigia e sono andata a casa della mia amica

Non parlerai sul serio, vero, Federico? Dimmi che è solo uno scherzo sciocco. Oppure forse ho capito male per via del rumore dellacqua?

Caterina chiuse il rubinetto, asciugandosi le mani su uno strofinaccio da cucina, e si voltò lentamente verso suo marito. Nella cucina aleggiava un profumo di verdure lessate, finocchietto fresco e arance candite: odore di festa imminente. Meno sei ore a Capodanno. Montagne di ingredienti per linsalata russa attendevano sul tavolo, lanatra ripiena di mele stava già arrostendo nel forno, e il tronchetto di Natale si compattava in frigorifero, dopo una notte di attesa.

Federico era fermo sulla soglia, dondolandosi da un piede allaltro e tormentandosi nervosamente il bottone della camicia a quadretti un classico gesto di chi è consapevole dellassurdità, ma va avanti per orgoglio.

Cate, ti prego, non iniziare la voce supplichevole, quasi infantile. Laura ha avuto un guasto ai termosifoni. Beh in realtà non proprio un guasto, ma hanno chiuso lacqua, niente riscaldamento. Ti immagini lei e i bambini nella notte di San Silvestro al freddo? Non potevo negare. Sono miei figli, dopo tutto.

I figli, certo, sono i tuoi, Caterina cercò di parlare pacata, ma dentro ribolliva di rabbia e delusione. Ma Laura? Anche lei è diventata tua figlia, Federico? Perché non va da sua madre? O da unamica? O magari in qualche albergo con tutti quegli assegni che le versi, potrebbe prenotarsi una suite al Grand Hotel.

Sua madre è alle terme, le amiche fuori Milano, Federico abbassò lo sguardo. E poi, è una festa di famiglia. Farebbe piacere ai ragazzi passare lanno nuovo col papà. Facciamo solo cena, guardiamo i fuochi. La casa è grande, ci stiamo tutti.

Caterina guardò la cucina. Certo, era un bellappartamento, spazioso. Ma era il loro rifugio. Aveva passato una settimana a lucidare, scegliere le palline più belle, abbinare i tovaglioli viola con le tende, prendere per Federico un profumo di marca che desiderava da anni. Si era immaginata la sera perfetta: luci soffuse, candele tremolanti, musica classica, loro due da soli. Il primo San Silvestro dopo tre anni di matrimonio senza genitori, parenti, amici solo loro. Adesso quellidillio si disfaceva come neve sciolta.

Federico, avevamo deciso, sussurrò. Era la nostra serata. Non ho mai avuto problemi con i tuoi figli, tu lo sai. Sono sempre la benvenuta ogni sabato. Ma Laura Tu hai invitato la tua ex moglie. Capisci come suona?

Esageri, fece lui con un gesto, simulando sicurezza. Dai, siamo persone civili. Laura è solo la madre dei miei ragazzi, non farti idee. Non essere egoista, Cate. È Natale, non puoi essere crudele. Arrivano tra unora.

Si voltò e uscì in fretta, come se temesse che la moglie potesse lanciargli dietro una padella. Caterina rimase in piedi, agganciata al piano di marmo. Lanatra sfrigolava nel forno, ma la fame si era dissolta. “Non essere egoista.” Quelle parole le tagliarono il cuore più di tutto il resto. Tre anni trascorsi a essere la moglie impeccabile, la regina della casa, nessun ostacolo tra Federico e i suoi figli, persino le telefonate a notte fonda di Laura per chiedere di cambiare una lampadina o portare il gatto dal veterinario, aveva già inghiottito di tutto. E questa era la ricompensa.

Continuò a tagliare patate come un automa, sperando che la rabbia si sciogliesse. Forse esagerava? Chissà, Laura si sarebbe comportata bene? In fondo, Capodanno è tempo di miracoli almeno così dicono nelle fiabe.

Ma il miracolo non si realizzò. Il campanello suonò con puntualità svizzera dopo cinquanta minuti. Appena il tempo di infilarsi un abito blu elegante e tirare un filo di trucco. Federico volò ad aprire, gonfiando il petto come se stesse per ricevere il Presidente.

Dalla porta entrò una processione rumorosa e variopinta. Per primi, i bambini Carlo, dieci anni, e Matteo, sette corsero dritti nel salotto lasciando orme fangose sulle piastrelle. Dietro di loro, maestosa come una regina dei ghiacci, comparve Laura.

Indossava un vestitino scarlatto con un décolleté audace e portava sacchetti giganti. Unondata di profumo dolce e intenso avanzò in corridoio, inghiottendo laroma degli agrumi.

Oh, finalmente! scrosciò la sua voce, scuotendo la neve dal cappotto direttamente sul parquet. Un traffico infernale, ho dovuto minacciare lautista per arrivare in tempo! Federico, prendi le buste, che ci sono i regali per i ragazzi e una bottiglia decente di spumante. Altro che quel prosecco da supermercato che prendi tu!

Caterina uscì col sorriso stiracchiato.

Buona sera, Laura. Ciao Carlo, ciao Matteo.

Laura la squadrò, indugiando curiosa sullabito sobrio della padrona di casa.

Ciao Cate, lasciò cadere, già guardandosi intorno. Ma che afa! Aprite un po la finestra, qui si soffoca. E le mie ciabatte? Federico, dove sono le ciabatte rosa che ho lasciato lultima volta che sono passata a prendere i soldi?

Subito, Laurina, le trovo, si affannò Federico, rovistando nella scarpiera.

Laurina. Caterina sentì la molla stringersi dentro di lei. Ciabatte personali per la ex moglie in casa loro? E Federico, che sapeva bene dove recuperarle?

Gli ospiti si spostarono in soggiorno. I bambini avevano già acceso la TV con volume al massimo e saltavano sul divano nuovo di zecca. Caterina fece una smorfia, ricordando quanto ci aveva messo a scegliere il tessuto chiaro e a spolverarlo a fondo.

Carlo, Matteo, piano sul divano, per favore, provò a intervenire con gentilezza.

Ma lascia correre, sono bambini! tuonò Laura, sprofondando in poltrona. Devono sfogarsi. Federico, un bicchiere dacqua, grazie, mi si è seccata la gola.

Lora successiva fu surreale. Laura era ovunque. Criticava la disposizione degli addobbi (Un po tristina questa stella, ai nostri tempi si facevano più allegre!), la tavola (Mamma mia quante forchette, nemmeno fossimo a Versailles), sgridava e coccolava i figli a intermittenza. Federico girava intorno, pronto a ogni comando: porta il cuscino, abbassa la musica, alza la musica, dove sta il caricabatteria. A Caterina non rivolgeva neanche uno sguardo.

Caterina, in silenzio, apparecchiava. Portava i piatti, sistemava bicchieri, sentendosi come una cameriera ad una cena di sconosciuti.

Cate, gridò Laura dal salotto, ma cosè, linsalata russa con i wurstel? Da non crederci! Federico la vuole col manzo, non lo sapevi? Sempre fatta così noi.

Federico mangia la mia insalata da tre anni con soddisfazione, rispose Caterina dalla cucina, posando rumorosamente la ciotola sul vassoio.

Ehh, magari è solo educato! ridacchiò Laura. Povero Fede, ingoia perché non sa dire di no.

Federico sorrise appena, silenzioso, come se lavesse colto in fallo. Non difese Caterina. Non disse: Basta, cucina lei ed è bravissima. Niente: semplicemente muto, per non disturbare la serenità della ex.

Fu il primo campanello dallarme. Il secondo arrivò quando Caterina uscì con lanatra. Dorata, lucida, sembrava nata dalla copertina di Sale&Pepe. Con orgoglio la mise al centro della tavola.

Assaggiate: anatra con mele renette e prugne.

I bambini accorsero storcendo il naso.

Bleah, è bruciata! sentenziò Matteo. Papi, vogliamo la pizza!

Non è bruciata, è solo la crosticina, spiegò Caterina.

Ma dai, davvero, i bambini queste cose non le mangiano, Laura infilzò la coscia con la forchetta, disgustata. Troppo grasso e poi queste prugne chi le mette con la carne? Federico, ordina la pizza ai bambini. Anzi, anche a me. Non mi fido, ho lo stomaco delicato.

Federico rivolse unocchiata colpevole a Caterina.

Cate, forse ha ragione, è Capodanno, i bambini vogliono divertirsi. Ordino, così arriva in fretta.

Non dirmi che fai sul serio? la voce le tremò. Ci ho messo quattro ore a preparare questo piatto. Era la mia specialità.

Dai, non offenderti, Federico si avvicinò con fare conciliante, cercando di abbracciarla, ma lei si ritrasse. Gusti diversi, tutto qui. Mangiamo sia lanatra che la pizza, sarà un tavolo più ricco.

Iniziò a comporre il numero della pizzeria chiedendo a Laura: Funghi o prosciutto e mozzarella?

Caterina si sedette. Tutto sembrava irreale, un sogno storto, un film dove tutti recitavano tranne lei. La sua casa, la sua cucina, la sua festa e lei confusa in un cantuccio, suo marito che decide la farcitura della pizza con la sua ex, lei silenziosa nellombra.

A proposito, Laura si rinfrancò, versandosi lo spumante senza chiedere, ti ricordi, Federico, il Capodanno 2015 al rifugio di montagna? Tu vestito da Babbo Natale e la barba che si staccava! Che figura!

Sì, sì, che ridere! commentò Federico, rilassandosi finalmente. E tu con il tacco rotto nella neve!

E via coi ricordi: il primo viaggio al mare, la macchina scassata, i primi passi di Carlo Ridevano come se fossero ancora una famiglia, sinterrompevano a vicenda, brillavano gli occhi nel passato che non includeva Caterina. Lei, lì seduta a un tavolo elegantissimo, diventava invisibile. Arredo. Fondale.

I bambini urlavano attorno, uno rovesciò il bicchiere del vino rosso che si riversò sulla tovaglia bianca quella che Caterina aveva stirato per più di unora. La macchia esplose, liquida, insanguinando la tela.

Ecco qui, si indispettì Laura. Federico, dai, pulisci. E poi chi mette il vino a portata di bambino? Cate, hai del sale? Bisogna subito coprire la macchia, anche se tanto la tovaglia era da supermercato!

Caterina si levò lentamente. Il brusio allegro della TV le martellava le tempie. Scrutò suo marito: Federico era già con il sale, ubbidiente, immerso nel salvare la festa per la sua vecchia famiglia. Senza neppure gettare uno sguardo a sua moglie.

In quel momento, Caterina comprese: lei lì dentro era assente. Non per davvero: cera fisicamente, ma per Federico era come se non esistesse. Esisteva Laura, i bimbi, il sentimento di colpa, il bisogno di compiacere chi non era più suo. Lei, invece, era solo sfondo, comodità, qualcuno che doveva apparecchiare, sorridere e non disturbare.

Uscì dal soggiorno: nessuno notò la fuga. Laura raccontava storie a voce alta, Federico rideva.

Entrò nella camera. Un silenzio ovattato, lampioni arancioni oltre la finestra. Aprì larmadio, prese una piccola sacca sportiva. Le mani ferme, calma glaciale: jeans, un maglione pesante, biancheria, necessaire, caricabatterie, documenti.

Si cambiò. Lasciò labito elegante sul letto, indossò pratiche sneakers. Davanti allo specchio vide una donna stanca, ma con lo sguardo deciso.

Quando sentì il campanello la pizza era arrivata sapeva che era il momento. I bambini urlavano di gioia, Laura ordinava a Federico di pagare. Federico era girato, impegnato con il fattorino.

Caterina, rapida, aprì la porta dingresso e scivolò fuori. Lo scatto della serratura fu assorbito dal vortice dei rumori domestici. Chiamò lascensore e solo giù, quando le porte si chiusero, respirò davvero.

Fuori cadeva neve densa, soffice. La città si preparava alle campane di mezzanotte, petardi, risate lontane nel gelo. Caterina estrasse il cellulare.

Silvietta, dormi? domandò quando un filo di voce rispose.

Ma sei matta? Sono le dieci, è San Silvestro! Qui con Giulio stappiamo lo spumante. Cosè quella voce? Hai il morale in cantina, eh?

Sono uscita di casa. Posso venire da te?

Ma certo che puoi! Giulio, tira fuori altre posate, arriva Cate! Dimmi dove sei, mando subito il taxi!

Quaranta minuti e Caterina era nella calda cucina di Silvia, avvolta dal profumo di cannella e biscotti. Giulio, discreto, si era rifugiato in salotto a trafficare col telecomando.

Racconta, Silvia le porse una tazza fumante di tè con limone. Cosa ha combinato quellimbecille?

Caterina le raccontò tutto. Il radiatore rotto di Laura, la guerra sullinsalata, i vecchi ricordi, lanatra ignorata.

Capisci, Silvia? Non è che sono arrabbiata per la loro visita. È lui: si è trasformato in uno zerbino. Mi ha dimenticata. Io là, come domestica, e loro a fare la bella famiglia felice. Io a cosa gli servo, se lui vive ancora in quel passato?

Classico. Sindrome del bravo ragazzo: vuoi piacere a tutti e finisci per tradire chi ti sta davvero accanto. Hai fatto bene ad andare via. Se fossi rimasta zitta, credimi, avrebbe pensato di potersi sempre comportare così.

Il telefono di Caterina squillò solo dopo unora. Evidentemente se nerano accorti tardi della sua assenza.

Federico chiamava. Caterina non rispose.

Chiamò ancora. E ancora.

Poi, i messaggi.

Cate, dove sei? Non ti troviamo.

Sei uscita a comprare qualcosa? La pizza si fredda.

Cate rispondi, non è da te. Laura chiede della padrona di casa.

Allora, ti sei offesa? Sei partita? Cate, non fare la bambina, torna subito, che mi metti in imbarazzo con Laura!

Cate lesse lultimo messaggio e sorrise amaramente. In imbarazzo con Laura, non con la moglie abbandonata e umiliata.

Non rispondere, consigliò Silvia. Lascia che se la cavi da solo. Che serva la sua Laurina e pulisca lui la pizza dal pavimento.

Caterina spense il telefono.

Quella notte di Capodanno non espresse alcun desiderio mentre i dodici rintocchi vibravano. Beveva lo spumante con la sua migliore amica e il marito, guardava un vecchio film, sentendosi tra il sospeso e il leggero, come se allimprovviso avesse deposto uno zaino gravato per anni.

Il primo gennaio era freddo e pieno di sole. Caterina si svegliò sul divano di Silvia inondata dallaroma di caffè. Accese il telefono. Cinquanta chiamate perse, venti messaggi: tono che dal perentorio diventava via via supplice.

I bambini hanno rotto il vaso. Quello a cui tenevi tu. Perdono.

Laura ha fatto una scenata, non le piace il divano. Lha detto troppo duro.

Sono andati via. Cate, casa a soqquadro. Non so da dove iniziare.

Caterina, amore, sono uno stupido. Perdonami. Chiama.

A mezzogiorno suonarono alla porta. Cera Federico. Sembava sconfitto, spaesato, occhiaie profonde, la camicia spiegazzata, una rosaio immenso, appena comprato da un fioraio disperato nella periferia di Milano che aveva guadagnato trenta euro in più.

Silvia aprì la porta e lo fermò sulla soglia con le braccia conserte.

Eccoti, latin lover. Che altro vuoi?

Silvia, fammi parlare con Caterina. So che è qui. Devo parlarle per forza.

Caterina uscì. Vedendo suo marito così, sentì solo stanchezza.

Cate! Federico si avventò, ma si fermò davanti agli occhi freddi. Cate, scusami. Ho capito tutto. È stato un incubo. Dopo che te ne sei andata, tutto è andato a rotoli. Laura ha iniziato a comandare, i bimbi scatenati, lalbero rovesciato Ho provato a calmarli, ma Laura mi ha detto che sono un pessimo padre. Ho chiamato il taxi alle tre di notte e li ho cacciati di casa.

Si arrestò, ansimando.

Ho capito quanto male ti ho fatto. Mi sono comportato come uno zerbino. Avevo paura di essere cattivo per loro e sono diventato mostruoso con te. Tu sei la mia famiglia. Solo tu. Perdonami. Torna a casa. Ho già pulito quasi tutto.

Caterina guardava le rose gocciolare sul pavimento.

Non mi hai solo ferita, Federico. Mi hai messa al mio posto: tra la cuoca e la sedia. Hai permesso a unestranea di gestire la mia casa e giudicarmi.

Ti giuro, non accadrà mai più! prometteva con ardore. Bloccherò Laura ovunque. Soltanto contatti per i bambini, in posto neutro. Nessun invito, nessuna telefonata di notte. Cambierò tutto, Caterina.

Caterina taceva. Davvero sincero ma la solitudine di quella tavola lavrebbe mai dimenticata?

Non torno oggi. Ho bisogno di tempo. Resterò da Silvia ancora qualche giorno. E tu tu vai a casa a riflettere. Non su come farmi tornare, ma su come hai permesso tutto questo. Perché il giudizio della tua ex conta più dei miei sentimenti.

Aspetterò, sussurrò, curvo. Ti aspetterò sempre. Ti amo, davvero.

Lasciò il mazzo. Uscì.

Caterina tornò in cucina. Silvia già versava il tè.

Allora? Lo perdonerai? chiese.

Non lo so, Silvia. Forse, con calma. È una brava persona, solo troppo smarrito. Ma se torno, sarà diversa. Mai più al secondo posto. Mai più.

Si avvicinò al balcone. Milano era sotto una coperta bianca immacolata, come una pagina da riempire solo con la propria mano. La vita continuava e Caterina sapeva che la penna con cui avrebbe scritto la sua storia dora in poi sarebbe rimasta salda tra le sue dita e non più in quelle di ombre passate.

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