Sono seduta nella cucina del nostro piccolo appartamento a Milano, stringendo una tazza di caffè ormai freddo, con le lacrime di rabbia che mi salgono in gola. Con mio marito, Matteo, abbiamo costruito una famiglia, e in superficie tutto sembra andare bene: una casa accogliente, una macchina, un reddito stabile. Eppure, la nostra felicità si sta sgretolando a causa di suo figlio diciassettenne, nato da un primo matrimonio, Luca, che ora vive con noi. Passa parte del tempo con sua madre, ma si stabilisce sempre più spesso da noi, trasformando la mia vita in un incubo.
Luca è come una spina nel cuore. Mi tratta come una domestica, lascia in giro le sue cose, abbandona i piatti sporchi e risponde alle mie richieste di aiuto con un semplice scrollare di spalle. La cosa peggiore è che si prende anche di mio figlio di quattro anni, Davide. Lho visto dargli un colpetto sulla testa solo perché il bambino aveva sfiorato il suo telefono. La mia piccola, Sofia, dorme nella nostra camera, per mancanza di spazio nel nostro bilocale. Se Luca tornasse da sua madre, potremmo finalmente sistemare una stanza per i nostri bambini.
Ma Luca non se ne va. Il suo liceo è a due passi da qui, e preferisce vivere con suo padre. Passa le giornate incollato al computer, urlando nel microfono mentre gioca, impedendo a Davide di dormire. Sono esausta: cucina, pulizie, bambini e lui non alza neanche un dito per aiutare. La sua presenza è come una nuvola scura sopra la nostra casa, avvelenando ogni momento.
Ho provato a parlarne con Matteo, supplicandolo di convincere suo figlio a tornare da sua madre. La sua ex-moglie, Beatrice, vive da sola in un ampio trilocale. Noi, invece, siamo stretti in quattro in un appartamento troppo piccolo, dove ogni angolo grida la mancanza di spazio. È giusto? Se almeno Luca andasse daccordo con i miei figli, ma li maltratta. Davide sta iniziando a somigliargli, diventando insolente e capriccioso. Temo che cresca con la stessa indifferenza, la stessa arroganza.
Matteo rifiuta di agire. “È mio figlio, non posso cacciarlo”, ripete, cieco di fronte alla mia sofferenza. Litighiamo per Luca quasi ogni sera. Mi sento come un cavallo sfinito, trascinando da sola il peso della casa, mentre mio marito chiude gli occhi sul comportamento di suo figlio. Sono stanca delle sue scuse, di quellamore cieco per un adolescente che sta distruggendo la nostra famiglia.
Un giorno, non ce lho fatta più. Luca ha urlato ancora contro Davide per una goccia di succo versata, e sono esplosa:
Basta! Non sei in un albergo! Se non sei contento, torna da tua madre!
Lui si è limitato a ridacchiare:
Questa è casa mia, non me ne vado.
Ho tremato di rabbia impotente. Matteo, sentendo la discussione, ha preso le parti di suo figlio, accusandomi di “non fare abbastanza”. Mi sono rifugiata nella camera, stringendo Sofia in lacrime, lasciando scorrere le mie. Perché devo sopportare questo ragazzo insolente, mentre sua madre vive nel comfort senza nemmeno pensare a lui?
Sto cercando una soluzione. Forse parlare direttamente a Luca? Spiegargli che starebbe meglio con sua madre, che può prendere lautobus per il liceo? Ma ho paura che si prenda gioco di me, che Matteo mi accusi ancora di essere dura. Sogno che Luca sparisca dalle nostre vite, che i miei figli crescano in pace. Ma ogni suo sguardo sprezzante, ogni gesto brusco mi ricorda che è ancora qui, come un intruso di cui non posso liberarmi.
A volte immagino di fare le valigie e andare da mia madre con i bambini, lasciando Matteo a gestire da solo suo figlio. Ma lo amo, e non voglio distruggere la nostra famiglia. Tutto ciò che voglio è una casa serena. Perché devo soffrire, vedere Luca maltrattare i miei piccoli mentre sua madre si gode la sua libertà? Sono stanca di questa rabbia, stanca di temere per i miei figli. Ho bisogno di una via duscita, ma non so dove trovarla.
A volte, la famiglia non è solo sangue, ma anche rispetto. E se manca quello, anche l’amore più forte può sgretolarsi come un castello di sabbia.






