Mio marito mi ha costretta a firmare il divorcio sul letto d’ospedale, ma non immaginava chi sarebbe stato davvero l’abbandonato…

La stanza al settimo piano di un ospedale privato era stranamente silenziosa. Il monitor cardiaco emetteva un bip costante, la luce bianca illuminava il viso pallido di Giulia, la donna appena operata per un tumore alla tiroide. Appena uscita dallanestesia, Giulia vide il volto del marito, Marco, in piedi ai piedi del letto, con una pila di fogli in mano. “Ti sei svegliata? Bene, firma qui.” La sua voce era fredda, senza traccia di compassione.

Giulia, stordita, chiese: “Che che documenti sono?” Marco le spinse i fogli, asciutto: “Il divorzio. Lho già preparato. Devi solo firmare e basta.” Giulia rimase paralizzata. Le labbra tremarono, la gola le doleva per lintervento, non riusciva a parlare. I suoi occhi si riempirono di dolore e incredulità.

“Stai scherzando?” “Non scherzo. Te lho detto, non voglio vivere con una donna debole e malata tutto lanno. Sono stanco di portare tutto il peso da solo. Anche tu dovresti lasciarmi vivere secondo i miei veri sentimenti.” Marco lo disse con calma, come se stesse parlando di cambiare telefono, non di abbandonare la moglie con cui aveva condiviso quasi dieci anni di vita.

Giulia sorrise amaramente, le lacrime le scivolarono dagli occhi. “Quindi hai aspettato il momento in cui non posso camminare, non posso reagire per costringermi a firmare?” Marco tacque un attimo, poi annuì: “Non dare la colpa a me. Doveva succedere prima o poi. Cè unaltra. Lei non vuole più vivere nellombra.” Giulia serrò le labbra. Il male alla gola non era nulla rispetto al dolore che le straziava il cuore.

Ma non gridò, non pianse rumorosamente, solo chiese piano: “Dovè la penna?” Marco si stupì. “Davvero firmerai?” “Non lhai detto tu stesso? Doveva succedere prima o poi.” Lui le mise la penna in mano. La mano tremante di Giulia la afferrò, e firmò lentamente il suo nome. “Fatto. Spero che sarai felice.” “Grazie. Ti manderò la tua parte dei beni. Addio.”

Marco si voltò e se ne andò. La porta si chiuse dietro di lui, dolcemente e in modo sinistro. Ma meno di tre minuti dopo, si riaprì. Entrò un uomo. Era il dottor Lorenzo, il migliore amico di Giulia dai tempi delluniversità, e anche il chirurgo che laveva operata. Aveva in mano una cartella clinica e un mazzo di rose bianche. “Mi hanno detto che Marco è stato qui.” Giulia annuì, sorridendo lievemente: “Sì, è venuto per il divorzio.” “Stai bene?” “Mai stata meglio.”

Lorenzo si sedette accanto a lei, posò i fiori sul tavolo e le consegnò in silenzio una busta. “Questa è la bozza dei documenti di divorzio che mi ha mandato il tuo avvocato. Mi hai detto la scorsa settimana che se Marco ti avesse presentato i fogli, ti avrei dato questo per firmare.” Giulia la aprì e firmò senza esitare. Si girò verso Lorenzo, gli occhi le brillavano più che mai: “Da oggi, non vivrò più per nessun altro. Non dovrò fingere di essere una moglie ‘abbastanza brava’, né far finta di stare bene quando non è vero.” “Io ci sono. Non per sostituire nessuno, ma per camminare al tuo fianco, se mi vuoi.”

Giulia annuì dolcemente. Una lacrima le scivolò sulla guancia ma non era di dolore. Era di sollievo. Una settimana dopo, Marco ricevette un pacco per corriere. Erano i documenti di divorzio con la firma completa. Cera un biglietto scritto a mano: “Grazie per aver scelto di andartene, così non ho più dovuto aggrapparmi a chi mi aveva già lasciato andare. La persona abbandonata non sono io. Sei tu che hai perso per sempre chi ti ha amato con tutto se stessa.” In quel momento, Marco capì: chi pensava di tenere in pugno, alla fine era stato lasciato senza pietà.

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