La stanza del settimo piano di un ospedale privato era stranamente silenziosa. Il monitor cardiaco emetteva un bip regolare, la luce bianca illuminava il viso pallido di Giulia, la donna appena operata per un tumore alla tiroide. Appena uscita dallanestesia, Giulia vide il volto del marito, Luca, in piedi ai piedi del letto, con una pila di documenti in mano. Ti sei svegliata? Bene, firma qui. La sua voce era gelida, senza traccia di compassione.
Giulia, confusa, chiese: Che che documenti sono? Luca glieli porse con freddezza: Il divorzio. Lho già preparato. Devi solo firmare e tutto è finito. Giulia rimase paralizzata. Le labbra tremarono, la gola le doleva per lintervento, non riusciva a pronunciare una parola. I suoi occhi si riempirono di dolore e incredulità.
Stai scherzando? Non scherzo. Te lho già detto, non voglio vivere con una donna debole e malata tutto lanno. Sono stanco di portare tutto il peso da solo. Anche tu dovresti lasciarmi vivere secondo i miei veri sentimenti. Luca parlò con calma, come se stesse discutendo del cambio di un telefono, non dellabbandono della moglie con cui aveva condiviso quasi 10 anni di vita.
Giulia sorrise amaramente, le lacrime le scivolarono dagli occhi. Quindi hai aspettato il momento in cui non posso camminare, non posso reagire per obbligarmi a firmare? Luca tacque per qualche secondo, poi annuì: Non dare la colpa a me. Doveva succedere prima o poi. Ho unaltra. Lei non vuole più vivere nellombra. Giulia serrò le labbra. Il dolore alla gola era nulla rispetto a quello che le straziava il cuore.
Ma non urlò, non pianse rumorosamente, chiese solo con voce flebile: Dovè la penna? Luca si stupì. Davvero vuoi firmare? Non sei tu che lhai detto? Doveva succedere prima o poi. Le mise la penna in mano. La mano tremante di Giulia la prese e firmò lentamente il suo nome. Fatto. Spero che tu sia felice. Grazie. Ti manderò la tua parte dei beni come concordato. Addio.
Luca si girò e se ne andò. La porta si chiuse dietro di lui, dolcemente e in modo sinistro. Ma meno di tre minuti dopo, si riaprì. Entrò un uomo. Era il dottor Matteo, il migliore amico di Giulia dalluniversità, e anche il chirurgo che laveva operata. Teneva in mano una cartella clinica e un mazzo di rose bianche. Mi hanno detto che Luca è venuto? Giulia annuì, sorridendo appena: Sì, è venuto per il divorzio. Stai bene? Meglio di così.
Matteo si sedette accanto a lei, posò i fiori sul tavolo e poi le consegnò in silenzio una busta. Questa è la bozza dei documenti di divorzio che mi ha mandato il tuo avvocato. Mi hai detto la scorsa settimana che se Luca ti avesse presentato i documenti, di darteli per firmarli. Giulia la aprì e firmò senza esitazione. Si voltò verso Matteo, gli occhi le brillavano più che mai: Da oggi in poi, non vivrò più per nessun altro. Non devo più fingere di essere una moglie abbastanza brava, né far finta di stare bene quando non è così. Io ci sono. Non per sostituire nessuno, ma per camminare al tuo fianco, se avrai bisogno.
Giulia annuì dolcemente. Una lacrima le scivolò lungo la guancia, ma non era di dolore. Era di sollievo. Una settimana dopo, Luca ricevette un pacco per corriere. Erano i documenti di divorzio già firmati. Insieme cera un biglietto scritto a mano: «Grazie per aver scelto di andartene, così non ho più dovuto aggrapparmi a chi aveva già lasciato andare. La persona abbandonata non sono io. Sei tu, che hai perso per sempre chi ti amava con tutto se stessa.» In quel momento, Luca capì: chi credeva di avere il controllo, alla fine era stato abbandonato senza pietà.