Mio marito mi rimprovera perché non preparo piatti raffinati come la moglie del suo amico: lui non vuole vedere la differenza tra la loro famiglia e la nostra
Mio marito, Luca, continua a criticarmi perché non cucino cene eleganti come fa la moglie del suo amico Matteo. Eleonora è una donna straordinaria e un vero genio in cucina. Non lo nego, cucina in modo delizioso, ma le prende tantissimo tempo. La cucina per lei è una passione, un luogo dove crea dal mattino alla sera. E io? Io sono divisa tra il lavoro, nostro figlio e la casa, e le sue critiche mi feriscono come pugnalate.
Eleonora ora è in maternità, e la sua vita è il sogno di ogni madre. I suoi genitori, anche se separati, adorano il nipotino e lo prendono volentieri la mattina. Nonni e zie fanno a gara per portarlo a spasso nel passeggino, dargli da mangiare e riportarlo a casa la sera. Eleonora si sveglia, consegna il bambino ai parenti felici, torna a letto e poi sistema tutto con calma. Ha tutto il giorno per dedicarsi a capolavori culinari. Nessuno la disturba, nessuno la chiama—libertà totale. Sperimenta, prova nuove ricette, e ogni sera sulla loro tavola c’è qualcosa di speciale. La sua famiglia le offre questa possibilità, e io sono sinceramente felice per lei.
Ma Luca non capisce. Guarda Eleonora e vede l’ideale a cui, secondo lui, dovrei aspirare. “Lei è in maternità, con un bambino, e riesce a fare tutto! — mi dice. — Tu invece cucini di fretta, sempre le stesse cose.” Le sue parole bruciano come schiaffi. Dove dovrei trovare cinque o sei ore al giorno per cucinare? Io lavoro, e la sera vado a prendere nostra figlia Ginevra all’asilo. Torniamo a casa verso le sette. Cerco di preparare qualcosa di veloce: patate al forno, pollo arrosto, pasta con un’insalata di pomodori e cetrioli. È cibo che ci salva dalla fame, ma per Luca è solo motivo di derisione.
Se iniziassi a cucinare piatti elaborati come Eleonora, la cena sarebbe pronta a mezzanotte e la famiglia andrebbe a dormire affamata. Ma mio marito non lo vede. Continua a ripetere: “Eleonora inventa sempre qualcosa di nuovo per Matteo, mentre a te sembra non importare nulla.” La sua ammirazione per le sue imprese culinarie suona come un’accusa alla mia inadeguatezza. Sono stanca di giustificarmi. Se Eleonora avesse una maternità come quella di molte altre—senza nemmeno il tempo per fare una doccia—anche lei scalderebbe i tortellini del supermercato, e Matteo li mangerebbe senza lamentarsi.
Sono contenta per Eleonora e Matteo. Lei è bravissima a non oziare sul divano ma a creare in cucina, facendo felice il marito. Ma mi fa male che Luca continui a paragonarmi a lei. Sembra non accorgersi di quanto siano diverse le nostre vite. Io lavoro tutto il giorno, e la sera corro a prendere Ginevra all’asilo. Eleonora è in maternità, e grazie ai genitori ha intere giornate per sé. Certo, ha più tempo! Anche io vorrei una maternità come la sua, ma i nostri genitori non sono così entusiasti di badare alla nipotina. Le vogliono bene, ma non sono pronti a passare con lei tutto il giorno.
Luca non smette. “Almeno nel weekend potresti preparare qualcosa di speciale,” brontola. Ma io, non sono una persona? Non ho bisogno di riposo? Cinque giorni alla settimana mi spremo al lavoro, e poi dovrei stare ai fornelli tutto il weekend per accontentare i suoi caprici? A volte penso che cerchi una scusa per lasciarmi. Davvero non capisce quanto siano ingiuste le sue parole? O vuole farmi del male apposta? Sono stanca di dover dimostrare che faccio tutto il possibile. Voglio che finalmente mi veda—non Eleonora, ma sua moglie, che si sforza di tenere insieme la famiglia.