La famiglia fu lasciata all’improvviso e senza preavviso: deciso al divorzio senza che la moglie lo sapesse.
Grigio se ne andò in malo modo, di punto in bianco, senza avvertire sua moglie dei suoi piani di separazione. Tornata a casa come al solito, Lina vide gli attaccapanni vuoti nel corridoio e gli armadi svuotati. Camminò per l’appartamento sconvolta e confusa. La scomparsa del marito fu uno choc totale, tanto che non sapeva come reagire. Dopo essersi cambiata, Lina riscaldò una minestra, mangiò pensierosa, sorridendo tra sé e sé con un pizzico di sarcasmo. “Ah Grigio, non ti conoscevo affatto! Che marito esemplare, proprio niente da ridire!” pensò, lavando i piatti.
Avevano vissuto insieme quasi trent’anni a Pisticci. Il loro unico figlio, Vittorio, era cresciuto, si era sposato e si era trasferito in Spagna. “Vittorio se n’è andato, la casa è vuota, speriamo che Grigio non inizi le sue avventure,” si preoccupava lamica di vecchia data, Rosetta. Allora Lina rise con noncuranza: “Ma dai, Rosetta, sempre così apprensiva! Ti preoccupi troppo. O forse non ti conosco neanchio!”
“Ridi pure,” si offese Rosetta, “conosco un milione di storie così! I figli se ne vanno, il marito si guarda intorno, e la moglie rimane sola e inutile!” Lina scoppiò a ridere: “Tu, Rosetta, sei sempre stata una peste fin da piccola, non sei cambiata per niente! Se non avessimo condiviso i banchi a scuola, ti sopporterei ancora?”
Dopo la partenza di Vittorio, i coniugi cominciarono a passare più tempo insieme. Andavano al cinema, passeggiavano nel parco, visitavano lorto, invitavano amici e facevano grigliate. Era piacevole e tranquillo. Sembrava che la vita stesse iniziando un nuovo capitolo, pieno di gioia e fiducia nel futuro. Grigio aveva appena compiuto cinquantasei anni, Lina ne aveva poco più di cinquanta. Potevano vivere per il loro piacere, invecchiare insieme, visitare il figlio, aspettare i nipoti.
“Il tuo Vittorio non sembra avere fretta con i bambini” osservò Rosetta quando tornarono da Pisticci dalla Spagna e Lina accennò che i giovani sposi vivevano benissimo. “Rosetta, Rosetta, non riesci proprio a essere felice per gli altri? Devi sempre ficcare il naso!”
“E allora? Forse mi sbaglio?! Tre anni di matrimonio e ancora solo loro due,” insisteva Rosetta. “Vogliono esplorare il mondo, conoscersi meglio! Oggi non si pensa più alla famiglia come ai nostri tempi,” sospirò Lina.
Un anno e mezzo dopo, nacquero i gemelli di Vittorio: un maschietto e una femminuccia. Sofia e Arturo. Erano bellissimi e sani, una gioia per gli occhi. Ogni sera, una videochiamata mostrava i piccoli, e quando compirono otto mesi, più robusti e cresciuti, Lina e Grigio partirono per conoscerli, stringendo tra le braccia i loro nipotini.
“Che bambini meravigliosi!” si commosse Lina, mostrando le foto a Rosetta. “Guarda come Sofia assomiglia a Vittorio! E Arturo a Gianna!” “Ehh ‘assomigliano’!” storcì il naso Rosetta, “Sono ancora troppo piccoli per assomigliare a qualcuno! Quando inizieranno a camminare e parlare, allora si vedrà.” “Ma perché sei sempre così pungente? Se non vuoi guardare le foto, non farlo!” Lina raccolse le immagini e le mise in un cassetto per sistemarle più tardi negli album. A lei piaceva tenere le foto in modo antico: tra la marea di immagini digitali, sceglieva le migliori e le stampava.
Rosetta viveva consapevolmente sola, almeno così diceva. Aveva avuto tanti amanti, per lo più sposati. “Con un uomo sposato non ci sono troppe pretese, è comodo: alla moglie tocca il cibo e i panni sporchi, a me le attenzioni e l’amore,” declamava Rosetta.
Aveva ereditato dalla nonna un grazioso monolocale con balcone vicino alla metro. Era scappata dal controllo dei genitori non appena ne aveva avuto la possibilità. “Voglio vivere come mi pare!” annunciò, e così fece. Appena trasferitasi, si tinse i capelli di rosso acceso, comprò un rossetto sgargiante e il primo paio di tacchi alti. “Vieni, Lina, ti invito al mio trasloco. Da me verranno uomini stupendi, rimarrai a bocca aperta!”
Fu proprio al trasloco di Rosetta che Lina conobbe Grigio e poco dopo lo sposò. “Ma che noia che sei!” esclamò Rosetta quando ricevette linvito al matrimonio. “Il primo ragazzo che incontri e subito matrimonio! Niente confronti, niente riflessione! Sei così prevedibile, non ci posso credere!” Ma Lina credeva fermamente in Grigio, convinta che fossero fatti luno per laltra.
Per molti anni fu così, finché allimprovviso
“Rosetta, ciao!” chiamò Lina allamica. “Grigio me ne è andato. Proprio così, con le valigie Non ha detto niente, niente biglietto, il telefono muto.” “Sei stata in vacanza di recente?” chiese Rosetta, inaspettatamente. “In vacanza?! Ma mi ascolti? Grigio, ti dico, se nè andato, mi ha lasciato. Centrano le vacanze?!” “Prepara le valigie, Lina, andiamo in Georgia insieme, lì vive mia zia, ricordi?” Lina tacque, rifletté un attimo e accettò: “Hai ragione, Rosetta, andiamo in Georgia!”
In Georgia, dove lospitalità è tale che una volta provata non si dimentica più. La zia di Rosetta, la bella Anna, sposata con il georgiano Davit, si era trasferita a Tbilisi. Uno dopo laltro, Anna e Davit ebbero quattro figli, ciascuno più bello dellaltro. I ragazzi crebbero, si sposarono, ebbero figli e nipotila famiglia divenne sempre più grande. Ed è in questa rumorosa e allegra famiglia che arrivarono Rosetta e Lina per riposarsi.
Lidea delle vacanze fu così azzeccata che dopo due giorni Lina smise di tormentarsi e di cercare ragioni per cui Grigio se nera andato.
“È tutto semplice come due più due,” pensò, seduta in cortile, avvolta dai profumi del cibo cucinato. “Si è innamorato di unaltra, ma non ha avuto il coraggio di dirmelo. E non è colpa mia. La vita è così, punto.”
“Bevi un succo!” Rosetta posò davanti a Lina un bicchiere di melograno fresco. “Che hai in faccia, Lina?” chiese, osservandola con attenzione. “Cosa cè?” chiese Lina, bevendo qualche sorso del succo intenso e delizioso.
“La tua faccia sembra più distesa, ringiovanita.” A Tbilisi, città in cui è impossibile non innamorarsi, Lina conobbe Davide. Luomo era venuto a trovare uno dei cugini di Rosetta. Stettero tutti a lungo seduti in cortile attorno a un grande tavolo di legno. Bevvero vino denso, mangiarono formaggio fatto in casa e frutta, cantarono canzoni georgiane con voci diverse, e Lina notò con piacere gli sguardi e i sorrisi di Davide. Era un uomo della sua età, alto, elegante, con folti capelli argentati. Quella sera fu così profumata, così speciale, che Lina lavrebbe ricord