Moglie fa le valigie e sparisce nel nulla: una famiglia divisa tra inganno, rabbia e la lotta per il futuro del figlio

La moglie raccolse le sue cose e sparì senza lasciare traccia

Smettila di fare la santa. Tutto si sistema, vedrai. Le donne sono così: urlano, poi passa. La voce di Giorgio era bassa, stanca, quasi annoiata. E poi limportante è fatto. Abbiamo un figlio, il nome della famiglia va avanti.

Dina tacque. Guardava la finestra, fuori, dove le luci gialle di Milano tremolavano tra i rami degli alberi.

Giorgio mormorò lei improvvisamente, sporgendosi in avanti, quasi temendo che la ascoltassero dal corridoio , una settimana fa mi hai detto che avevi risolto la questione della gravidanza di Silvana. Cosa intendevi?

Giorgio posò la forchetta e si lasciò andare contro lo schienale della sedia.

Lo intendevo proprio così. Per cinque anni mi ha tenuto in sospeso: Non sono pronta, Cè la carriera, Poi magari. E quando, sto poi? Ho trentadue anni, Dina. Volevo un erede. Una famiglia normale, come si deve.

Così ho sostituito le sue pillole.

Dina sbiancò.

Glielhai detto? Quando?

Quel giorno che se nè andata borbottò Giorgio. È partita a urlare, e allora le ho risposto: Abituati, cara, volevi anche tu un figlio, io ho solo dato una mano.

Pensavo si sarebbe calmata, che avrebbe capito che non aveva scelta. Invece è impazzita, ha preso una borsa e via.

***

Sul tavolo della cucina, accanto a una pila di biberon sporchi, giaceva ancora il pettine dimenticato dal fratello.

Dina lo fissava con disappunto che cresceva dentro. Perché bisogna sempre fare casino, perché?

Il bimbo in culla finalmente aveva smesso di piangere, ma il sollievo era unillusione: massimo un paio dore, e tutto sarebbe ricominciato.

Dina si strinse il vestaglia addosso, mise su il bollitore. Solo un mese prima erano andati a prendere Silvana alla Mangiagalli, la clinica. Giorgio allora raggiante, voleva sembrare un principe confuso tra la folla, con mazzi di fiori troppo grandi anche per le infermiere. Ma Silvana…

Silvana pareva una condannata a morte, non una donna che tornava a casa con un bambino.

Dina aveva pensato fosse solo stanchezza, le prime fatiche, gli ormoni. Avrebbe dovuto capire allora.

La porta sbatté: il fratello era rientrato dal lavoro, la giacca slacciata mentre già si dirigeva verso la cucina e il frigorifero.

Cè qualcosa da mangiare? chiese senza nemmeno guardarla.

Ho fatto pasta e cotechino. E cè della passata avanzata. Giorgio, il bambino adesso dorme. Abbassa la voce, per favore.

Giorgio sbuffò, infilando una forchettata nella pentola.

Sono sfinito, Dina. Giornata infernale, clienti che mi succhiano lanima.

Pulcino come sta? la sua voce era carica di acidità.

Pulcino si chiama Matteo Dina batté la tazza sul tavolo, con più forza di quanto volesse. Tre ore ha pianto. Gli fa male la pancia.

Ma tu ce la fai Giorgio scrollò le spalle. Siete donne, a voi viene naturale.

Nostra madre ci ha cresciuti da sola, mentre il papà lavorava in Sicilia.

Dina si morse il labbro. Avrebbe voluto tirargli il piatto addosso.

Era solo ospite in quella casa, finché non avrebbe saldato i debiti dello studio, ma in due settimane era diventata gratis: bambinaia, cuoca e domestica.

E Giorgio si comportava come se niente fosse. Come se la moglie non fosse sparita nel nulla.

Silvana ha chiamato? chiese, osservando il fratello che divorava la cena.

Giorgio si irrigidì.

Non risponde. Rifiuta la chiamata. Ma ti pare! Lasciare un figlio così! Perché si arrabbia? Solo perché ho cambiato le sue pillole. Così restava incinta.

Sei una persona spregevole, Giorgio sussurrò Dina.

Come?! lui sgranò gli occhi. Io ho pensato alla famiglia! Porto rispetto, porto i soldi a casa!

È lei che ha mollato il bambino! Io sono il cattivo?

Le hai tolto la scelta Dina si alzò . Lhai ingannata. E la ami?

Secondo te doveva ringraziarti per averle rovinato la vita?

Dai, non farmi la morale Giorgio agitò la mano. Vedrai che torna. Dove vuole andare? Il bambino è qui, le sue cose qui.

Finiscono i soldi e tornerà. Intanto mi aiuti tu, no? Io ora non ho tempo, scadenze ovunque.

Dina non rispose. Uscì dalla cucina e andò in cameretta.

Matteo dormiva, mani minuscole chiuse a pugno. A guardarlo, il cuore le si spezzava.

Da una parte quellesserino fragile, innocente. Dallaltra Silvana: intrappolata come una bestia prigioniera.

Faceva pena a entrambi.

Prese il cellulare ed entrò su WhatsApp. Silvana era online pochi minuti prima. Dina digitò, cancellò, poi ridigitò a lungo.

Silvana, sono Dina. Non ti chiedo di tornare da lui. Voglio solo sapere se stai bene. E anchio non ce la faccio da sola. Puoi parlare? Senza urlare.

La risposta arrivò dopo dieci minuti.

Sono in un albergo. Tra tre giorni devo partire per lavoro a Firenze, starò via tre settimane. Era già deciso, prima ancora di insomma, tempo fa.

Torno e chiedo il divorzio. Matteo non lo abbandono, Dina. Ma non posso stare lì. Non riesco neanche a guardarlo. Ci vedo Giorgio, in lui!

Dina sospirò.

Capisco, davvero. Giorgio mi ha raccontato tutto.

E lui come sta? Si sente un eroe?

Più o meno. È convinto che tornerai.

Che sogni pure. Dina, se proprio non ce la fai, dimmelo. Troverò il modo di pagare una tata, faccio un bonifico.

Ma da lui non tornerò. Mai più.

Dina posò il telefono, sospirando a lungo. Doveva cercare lavoro, pagare i debiti, trovare una via duscita. Ma lasciar Matteo a Giorgio sarebbe stato un crimine.

***

I tre giorni seguenti furono un inferno senza fine.

Giorgio rincasava tardi, mangiava e crollava a dormire.

Alle richieste di aiutare col bambino rispondeva: Sono stanco, oppure Sei tu la donna, tu ci sai fare.

Finché una notte Matteo pianse così forte che Dina crollò.

Entrò in camera di Giorgio, accese la luce.

Alzati disse con voce gelata.

Giorgio si nascose sotto il cuscino.

Dina, lasciami stare, io mi alzo alle sei

Non mi interessa. Vai a prendere tuo figlio, fammelo. Io non ce la faccio più, mi tremano le mani dalla fatica.

Sei fuori?! balzò contro i cuscini, spettinato e furioso. Sei qui per questo! Ti do un tetto, pago luce e acqua!

Ah, funziona così? perse il controllo. Allora sono la cameriera?

Chiamala come vuoi brontolò. Tornerà Silvana e ti riposi. Fino ad allora lavora.

Dina uscì senza fiatare.

Quella notte non dormì più. Seduta in cucina, cullava la cesta con un piede, pensando a come dargli una lezione. Giorgio era ormai fuori controllo.

La mattina dopo, appena lui uscì, Dina scrisse di nuovo a Silvana.

Dobbiamo vederci. Oggi, se puoi, finché non torna. Ti prego.

Silvana accettò.

Si incontrarono in un piccolo parco vicino casa.

Silvana appariva distrutta: pallida, occhi con le borse, smagrita.

Si avvicinò al passeggino e rimase a fissare il figlio. Le tremavano le mani.

È cresciuto sussurrò. In due settimane così diverso…

Silvana non ti riconosce nemmeno disse piano Dina.

Lo so Silvana si portò le mani al volto . Dina, non sono un mostro. Credo che lo amo, in fondo. Ma al pensiero di vivere con Giorgio, di condividere il letto con chi mi ha tradito così mi manca il respiro.

E se non fossi con lui? chiese Dina.

Silvana alzò la testa.

Che vuoi dire?

Lui è certo che non andrai da nessuna parte. Pensa di possedere te e il bimbo. Ma la verità è che non è padre: è solo il capo di un progetto famiglia perfetta.

Non si alza la notte, non sa quanto latte serve, non gli importa nulla della fatica. Voleva solo un erede, non essere papà.

Cosa pensi di fare?

Parti per Firenze. Lavori, ti riprendi. Io resto tre settimane qui e preparo il terreno.

Che terreno?

Il divorzio. E la tutela. Tu non devi rientrare lì. Puoi affittare una casa: io mi trasferisco da te, ti aiuto con Matteo mentre lavori.

Sto sistemando le mie cose, ho trovato qualche lavoro da casa. Ce la faremo insieme. Senza di lui.

Silvana la guardò sospettosa.

Vai contro tuo fratello?

È sangue mio, ma ha fatto una cosa infame. E non voglio essere complice.

Lui pensa che sono dalla sua parte perché non ho alternative. Sbaglia.

Silvana restò in silenzio, guardando la luce che giocava sulla capote del passeggino.

E lui? Non ce lo lascerà, farà uno scandalo.

Farà annuì Dina. Ma abbiamo un asso nella manica. Ha ammesso di aver cambiato le pillole, e se questo viene fuori in tribunale io lo confermo. E tutta la sua partecipazione alla cura di Matteo, lo racconterò.

Non gli importa davvero: vuole solo comandare.

Appena capirà cosa vuol dire davvero prendersi cura di Matteo, si tirerà indietro. Gli conviene fare la parte del papà abbandonato che stare realmente dietro a un figlio.

Silvana sorrise per la prima volta dopo settimane.

Sei diventata grande, Dina.

Mi ci hai costretta. Allora ci stai?

Sì. Grazie.

Le tre settimane volarono.

Giorgio diventava sempre più scontroso, si accorgeva che Dina non gli portava più il piatto in tavola non appena rincasava.

Quando torna Silvana? grugnì una sera, gettando la ventiquattrore sul divano.

Domani rispose Dina, stringendo Matteo al petto.

Finalmente. Ce ne andiamo in un ristorante normale, sono stufo della tua pasta. Le prenderò un regalo, così la smetterà di fare storie. Un anello, magari che le donne vanno matte per queste cose.

Dina lo guardò con repulsione quasi fisica.

Tu davvero pensi che un anello risolva tutto?

Senti Giorgio tentò di accarezzarle la spalla; lei si scansò. Smettila di fare la martire. Tutto si sistema. Le donne si calmano, urlano e basta. Limportante è che abbiamo un figlio, il nome va avanti.

Dina non rispose.

***

La mattina dopo, Silvana arrivò quando Giorgio era al lavoro. Non mise piede in casa, aspettava in auto giù. Dina aveva già preparato tutto: le cose di Matteo, le sue valigie, quello che serviva davvero.

Ci vollero tre viaggi per portare tutto giù. Matteo dormiva tranquillo nellovetto.

Allultimo giro, Dina lasciò le chiavi sul tavolo di cucina, proprio dove settimane prima stava il pettine di Giorgio. E ci mise accanto un biglietto.

Giorgio, ce ne siamo andate. Non cercare Silvana, ti contatterà il suo avvocato. Matteo è con lei. E anchio.

Volevi una famiglia ma hai dimenticato che la famiglia si basa sulla fiducia, non sulla manipolazione.

I tortellini sono in frigo. Adesso cavartela dovrai imparare da solo.

Se ne andarono.

Silvana prese in affitto un bilocale dallaltra parte di Milano, semplice ma accogliente. I primi giorni furono duri: Matteo nervoso, Silvana che scoppia in lacrime, il telefono di Dina che squillava a ogni ora per gli insulti e le minacce di Giorgio.

Lui urlava, minacciava tribunale, prometteva di rovinarle e portarle via il bambino, lasciarle senza un euro.

Dina ascoltava. E resistevano.

Giorgio, dopo qualche giorno di scenate, si calmò e sparì improvvisamente.

Il divorzio avvenne in tribunale; Giorgio non pretese nemmeno laffido. Dina aveva avuto ragione: al fratello non importava davvero avere il figlio con sé, bastavano gli alimenti da pagare e nessun impiccio.

Neppure le visite a Matteo volle mai realmente.

Rate article
Add a comment

;-) :| :x :twisted: :smile: :shock: :sad: :roll: :razz: :oops: :o :mrgreen: :lol: :idea: :grin: :evil: :cry: :cool: :arrow: :???: :?: :!:

sixteen − 7 =

Moglie fa le valigie e sparisce nel nulla: una famiglia divisa tra inganno, rabbia e la lotta per il futuro del figlio