Natasha ha da tempo deciso di fare il grande passo: adottare un bambino dall’orfanotrofio

Caro diario,
oggi ho osservato da lontano il percorso di Natalia, una donna che da anni porta il peso di un cuore infranto. Dopo sei anni di matrimonio con un uomo che, senza aver mai generato figli, lha tradita per una partner più giovane e più benestante, lei ha deciso di non cercare più lamore di un compagno, ma di dedicare le proprie forze a chi ne ha davvero bisogno.

Ha iniziato a informarsi presso i servizi sociali di Napoli, ha raccolto tutta la documentazione necessaria e ora il suo unico obiettivo è trovare quel ragazzino che possa diventare il prolungamento della sua anima, il frutto di 38anni di vita accumulata. Non vuole un neonato; teme di non riuscire a gestire le notti insonni, le fasce e i cullamenti. Preferisce quindi un bambino di trecinque anni, così da potersi prendere cura di lui senza dover rinunciare alla propria salute.

Il giorno in cui è salita sul tram 20, diretto verso il centro, le mani tremavano come prima di un primo appuntamento. Il sole di primavera, limpido e tiepido, dipingeva le strade di Napoli di una luce quasi dorata, ma lei era totalmente assorta nei pensieri sul futuro figlio che ancora non conosceva. Il tram cigolava sui binari, ma la sua mente era altrove, proiettata verso il futuro piccolo che le sarebbe stato affidato.

Le vetrine del tram mostravano lattività frenetica della città: automobili che scintillano al sole, gente che corre verso il lavoro, turisti che si perdono nei vicoli. Nessuno di loro poteva immaginare che Natalia, con lo sguardo fisso sul finestrino, stesse per incontrare la sua felicità. Quando il tram si è fermato alla fermata Casa di Accoglienza, ha sceso senza esitazione.

Davanti alledificio, un vecchio palazzo con colonne scrostate e intonaco cadente le dava limpressione di unantica fortezza dimenticata. Laddetto alla sicurezza lha indirizzata verso lufficio della direttrice, una signora sulla settantina, avvolta in una maglia di lana grezza, occhi pieni di una saggezza che solo il tempo può dare.

Allora, andiamo a vedere i bambini? ha chiesto la direttrice, alzandosi dalla sedia.

Natalia lha seguita lungo un lungo corridoio dipinto di un blu scuro. La direttrice, guardandola di traverso, ha detto: Il gruppo più giovane è al gioco, quindi andiamo lì.

Entrate nella stanza, cerano circa quindici bambini sparsi su tappeti colorati, tra loro una commessa di bambole e un piccolo tavolo di legno. Uneducatrice sedeva al tavolo vicino alla finestra, scrivendo qualche nota, alzando lo sguardo solo per controllare che tutto fosse in ordine.

Appena la porta si è aperta, i piccoli hanno corso verso le loro nuove ospiti. Alcuni hanno afferrato le ginocchia di Natalia, altri hanno strappato le braccia della direttrice, alzando la voce come stormi di uccellini:

È la mia mamma, è qui per me!
No, è la mia mamma, lho riconosciuta subito!
Prendimi, prendimi! Sono la tua figlia!

La direttrice li accarezzava distrattamente, lanciando a Natalia brevi descrizioni di ciascuno. Natalia, però, voleva tutti, non solo uno.

Tra i bambini, un ragazzino di circa quattro anni era seduto su una sedia di legno vicino alla finestra, guardando fuori senza avvicinarsi a nessuno. Natalia si è avvicinata e, senza esitazione, le ha posato la mano sulla sua testa. Gli occhi piccoli e un po storti, di un colore indefinito, spuntavano sotto le sopracciglia sottili e il naso largo del bambino. Non somigliava per niente al sogno che Natalia aveva intessuto nella sua mente.

Non mi sceglierai comunque, ha sussurrato il bambino, con voce timida.

Natalia, mantenendo la mano, ha chiesto:

Perché lo pensi, piccolo?

Perché sono sempre col naso che cola, sono spesso malato, e ho una sorellina, Nella. Sono nella classe dei bimbi più piccoli. Ogni giorno la corro a salutare e le accarezzo la testa perché non dimentichi che ha un fratello maggiore. Io mi chiamo Vittorio, e senza Nella non vado da nessuna parte.

Mentre parlava, una piccola goccia di muco è scivolata dal suo naso, testimoniando la sua fragilità. In quel momento ho capito che Natalia aveva cercato per tutta la vita un piccolo Vittorio, malaticcio e con la sorellina Nella, anche senza averli mai incontrati.

Osservare questo incontro mi ha insegnato che lamore più puro non si nasce dal desiderio di riempire un vuoto, ma dal riconoscere la necessità altrui e offrire se stessi senza riserve. Lì, davanti a quel bambino, ho capito che la vera felicità nasce quando si dà senza aspettarsi nulla in cambio.

Fine.

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