Negozio dell’usato incantato

Il Magico Mercatino dell’Usato

Io, Giulia, spesso ripenso alla mia infanzia, e ogni volta mi appare davanti quel mercatino dell’usato — come una bottega delle meraviglie dove correvamo con le amiche dopo la scuola. Avevo undici anni, frequentavo la quinta elementare, e il mondo mi sembrava pieno di misteri. Insieme a Francesca e Lucia, trasformavamo i giorni normali in avventure, e quel negozio era il nostro tesoro, un posto dove ogni oggetto custodiva una storia. Anche ora, a distanza di anni, chiudo gli occhi e rivedo gli scaffali, l’odore dei libri vecchi e quella gioia infantile che non tornerà più.

Quell’anno eravamo inseparabili. Francesca, con le sue trecce sempre scomposte, sognava di diventare archeologa, mentre Lucia, la più seria del gruppo, portava nello zaino un quaderno dove annotava “pensieri importanti”. Io, Giulia, ero a metà strada — adoravo sognare, immaginandomi ora l’eroina di un libro, ora un’esploratrice. Dopo le lezioni, non correvamo a casa, ma al mercatino all’angolo della nostra strada. Era vecchio, con un’insegna sbiadita e una porta che scricchiolava, ma per noi era la grotta di Aladino, piena di enigmi e magia.

Il negozio era piccolo, ma dentro sembrava infinito. Gli scaffali traboccavano di oggetti: candelieri antichi, libri consunti, vestiti con colli di pizzo, orologi fermi da tempo. La signora Anna, la commessa, stava sempre dietro il bancone a lavorare a maglia e brontolava con affetto: “Ragazzine, non fate danni!” Ma noi non pensavamo a combinare guai — eravamo esploratrici, cacciatrici di tesori. Francesca aveva trovato una spilla di rame a forma di scarabeo e giurava fosse il talismano di una principessa egizia. Lucia sfogliava riviste di moda ingiallite, sognando di cucirsi un vestito uguale. Io adoravo i libri, soprattutto uno dalla copertina logora, che parlava di pirati. Immaginavo di trovare una mappa del tesoro nascosta tra le pagine.

Un giorno, in un freddo pomeriggio di novembre, tornammo al negozio. Fuori cadeva una pioggerella, le nostre scarpe schioccavano nelle pozzanghere, ma dentro era caldo e profumava di polvere e lavanda. Corsi subito allo scaffale dei libri, mentre Francesca trascinava Lucia verso la scatola dei gioielli. “Giulia, vieni qui! — gridò Francesca. — Guarda questo anello!” Sul suo palmo c’era un sottile anellino con una pietrina verde, opaca ma ugualmente incantevole. “Viene sicuramente da un castello!” dichiarò. Lucia, strizzando gli occhi, aggiunse: “O dallo scrigno di qualche baronessa”. Ridacchiando, lo provammo a turno, e io mi sentii come la protagonista di una fiaba.

La signora Anna, vedendoci così entusiaste, si avvicinò sorridendo: “Vi piace? Costa solo cinque euro, ragazzine. Prendetelo prima che svanisca”. Cinque euro! Avevamo solo qualche spicciolo per le merendine, ma non ci demmo per vinte. “Facciamo una colletta!” proposi. Svuotammo le tasche: io avevo due euro, Francesca uno e qualche centesimo, Lucia un euro e mezzo. Non bastava, ma non ci arrendemmo. “Signora Anna, — supplicò Francesca — possiamo prenderlo e pagare domani?” La signora Anna scosse la testa, ma i suoi occhi ridevano: “Va bene, prendetelo, ma domani mi saldate!”

Uscimmo dal negozio come se avessimo compiuto un’impresa. L’anello era nella tasca di Lucia, e lo toccavamo a turno, come se fosse davvero magico. A casa non riuscivo a dormire, immaginando che appartenesse a un’avventuriera che aveva solcato i mari. Il giorno dopo ripagammo il debito — rinunciai persino alla merenda per mettere insieme i miei cinquanta centesimi. E anche se l’anello si perse poi (Francesca giurava di averlo lasciato nello zaino), quelle emozioni mi sono rimaste per sempre.

Quel mercatino non era solo un posto di cose vecchie. Ci insegnò a sognare, a credere nella magia, a trovare l’eccezionale nell’ordinario. Io, Francesca e Lucia crescemmo e ci separammo. Francesca diventò geologa, Lucia una stilista, e io un’insegnante di lettere. Ma ogni volta che ci chiamiamo, qualcuna esclama: “Ricordate quel mercatino?” E ridiamo come se avessimo di nuovo undici anni, davanti a scaffali pieni di storie.

Ora vivo in una grande città, e quei negozietti quasi non esistono più. A volte entro in antiquari, ma non è la stessa cosa — troppo puliti, senza quella magia. Mi manca la porta scricchiolante, la signora Anna, le nostre fantasie di bambine. Poco fa ho trovato in una scatola un vecchio libro — quello sui pirati. L’ho aperto, ho respirato l’odore delle pagine ed è stato come tornare in quinta elementare. Forse quel mercatino era il nostro tesoro — non per gli oggetti, ma per quello che eravamo dentro quelle mura. E ringrazio il destino per un’infanzia così — con le amiche, con i sogni e con una bottega delle meraviglie che resterà per sempre nel mio cuore.

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