Nel giorno del nostro anniversario di nozze d’oro, mio marito ha confessato di aver amato un’altra per tutta la vita

**Giorno del nostro cinquantesimo anniversario**

Non quella, Enzo, non quella! Te lho detto mille volte!

Anna Maria agitò la mano con irritazione verso il vecchio giradischi. Enzo, suo marito, alzò le spalle con aria colpevole e tornò a sfogliare i dischi impilati con cura sulla credenza intagliata.

Allora quale? Questa? «Volare»? chiese, incerto, guardando la moglie.

Che centra «Volare»? Volevo «Nel blu dipinto di blu»! I figli arriveranno a momenti, gli ospiti sono già qui, e qui dentro è silenzio come a un funerale. Cinquanta anni insieme, Enzo! Hai idea di cosa significhi?

Enzo sospirò, le spalle curve che sembravano piegarsi ancora di più. Era sempre stato un uomo di poche parole, ma con gli anni si era chiuso ancora di più. Anna Maria si era abituata al suo silenzio, a quello sguardo assente che pareva sempre attraversarla, andando oltre le mura del loro accogliente appartamento. Lo attribuiva alla stanchezza, alletà, al carattere. Cinquantanni non sono uno scherzo. Ci si abitua a tutto.

Finalmente, la melodia familiare iniziò a suonare. Anna Maria si ammorbidì subito, lisciò le pieghe del vestito nuovo color champagne che le aveva regalato la figlia, Sofia. Nellaria si mischiavano i profumi delle torte e della vaniglia. Sul grande tavolo rotondo, coperto da una tovaglia immacolata, luccicavano i bicchieri di cristallo alla luce del tramonto. Tutto era pronto per la festa. La loro festa.

Ecco, molto meglio borbottò più per abitudine che per rabbia. Almeno mettiti una camicia decente, non farti vedere dai nipoti così.

Lui annuì in silenzio e uscì dalla stanza. Anna Maria rimase sola. Guardò intorno i frutti delle sue fatiche: il parquet lucido, le tende stirate, le foto incorniciate alle pareti. Eccola lì, con Enzo, giovani e sorridenti, in bianco e nero, il giorno del loro matrimonio. Lei, esile, con una coroncina di fiori tra i capelli. Lui, serio, in un abito austero, lo sguardo fisso nella macchina fotografica. Poi la foto con il piccolo Matteo tra le braccia. E ancora, tutti e quattro insieme, con Matteo e Sofia ormai cresciuti, in vacanza al mare. Una vita intera. Cinquantanni.

Le sembrava ieri. Lei, ragazza di città, arrivata in un paesino per insegnare. Lui, ingegnere del posto, timido e un po impacciato. Non diceva parole dolci, non portava mazzi di rose. Era semplicemente presente. Riparava il rubinetto che perdeva, la aspettava dopo il lavoro durante le bufere di neve, portava i barattoli di funghi sottolio che sua madre preparava. La sua affidabilità laveva conquistata più di qualsiasi corteggiamento. E quando le aveva chiesto di sposarlo, lei aveva detto di sì senza esitare.

Il suono del campanello la strappò dai ricordi. Sulla soglia cerano i figli con enormi bouquet e i nipoti chiassosi. La casa si riempì di risate, chiacchiere, movimento. Matteo, serio come sempre, ora medico, consegnò ai genitori un biglietto per una settimana alle terme. Sofia, la figlia chiacchierona, con le lacrime agli occhi, lesse una poesia che aveva scritto per loccasione. I nipoti regalarono i loro disegni sghembi.

Anna Maria splendeva. Seduta a capotavola, accanto a Enzo, si sentiva una regina. La sua vita era riuscita. Aveva un marito meraviglioso, figli stupendi, una casa piena di amore. Cosa poteva desiderare di più? Lo guardò con tenerezza. Lui era seduto diritto, nella sua camicia migliore, e sorrideva. Ma il sorriso era forzato, e gli occhi guardavano lontano, come sempre.

La serata volò. Gli ospiti se ne andarono, i figli, dopo aver messo a dormire i nipoti, tornarono a casa. Nellappartamento tornò il silenzio. Solo la musica del giradischi suonava piano in sottofondo.

È stata una bella serata, vero? disse Anna Maria, sparecchiando. I nostri figli sono fantastici. E i nipoti

Enzo non rispose. Era in piedi alla finestra, a guardare la città di notte. Lei gli si avvicinò, gli mise una mano sulla spalla.

Enzo, che hai? Sei stanco?

Lui trasalì al suo tocco, si voltò lentamente. Alla luce fioca della lampada, il suo volto le parve quello di un estraneo, segnato.

Anna iniziò, con voce tremula. Anna, io devo dirti una cosa.

Che cè? si preoccupò lei. Ti senti male? La pressione?

No. Scosse la testa. È che non posso più tenerlo dentro. Cinquantanni sono troppi.

Anna Maria rimase immobile. Un gelo le attraversò il petto.

Dimmi, Enzo. Non farmi preoccupare.

Lui inspirò profondamente, distolse lo sguardo. Le sue dita torturavano lorlo della tovaglia.

Nel giorno del nostro anniversario forse è giusto. Per essere onesto, almeno una volta.

Tacque, raccogliendo il coraggio. La stanza era immersa in un silenzio pesante, rotto solo dal ticchettio dellorologio a muro.

Ho amato unaltra donna per tutta la vita, Anna.

Le parole caddero come sassi in un pozzo profondo. Anna Maria lo fissò senza comprendere. Doveva aver capito male. Era impossibile.

Cosa? sussurrò. Chi?

Lidia sospirò lui, e quel nome, pronunciato con una tenerezza nascosta, le bruciò più di uno schiaffo. Lidia Mancini. La ricordi? Andavamo a scuola insieme.

Lidia Mancini. Certo che la ricordava. Una ragazza vivace, con una lunga treccia bionda e fossette sulle guance. La più bella della scuola. Tutti i ragazzi sospiravano per lei. Ma si era sposata con un militare e se nera andata dal paese subito dopo il diploma. Anna Maria non laveva più vista.

Ma era solo il liceo balbettò, aggrappandosi a quel pensiero come un naufrago a una canna. Uninfatuazione giovanile

No, Anna sorrise amaramente. Non era solo quello. Volevo chiederle di sposarmi dopo il servizio militare. Le scrivevo lettere. Quando tornai era già sposata. Un mese dopo partì con il marito per la Sicilia.

Mentre parlava, il mondo di Anna Maria crollava. Cinquantanni di felicità si riducevano a una grande menzogna.

Perché allora perché mi hai sposata? La sua voce si spezzò. Le lacrime, che non aveva sentito scendere, le rigavano il viso.

Ero distrutto mormorò, come parlando a se stesso. Mia madre mi diceva: «Basta piangerti addosso, la vita continua. Guarda Anna Maria, che brava ragazza. Intelligente, perbene». E io pensai perché no? Eri una brava persona. Pensai che col tempo mi sarei dimenticato.

E lhai fatto? gridò, con voce rotta dal dolore e dalla rabbia.

Enzo tacque. Quel silenzio fu più terribile di qualsiasi risposta.

Anna Maria indietreggiò come se avesse la lebbra. Guardò quelluomo canuto, curvo, e non lo riconobbe. Non era il suo Enzo,

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