Nella città frenetica, tra grattacieli ansiosi di sfiorare il cielo, semafori impazienti e strade profumate di pioggia e benzina, pedalava Angelo, il fattorino in bicicletta

**Diario Personale**

Milano, una città frenetica dove i grattacieli sembrano gareggiare per raggiungere il cielo, i semafori lampeggiano impazienti e le strade odorano di pioggia mescolata a benzina. Qui lavora Marco, un fattorino in bicicletta. La sua bici è vecchia, con la ruggine che avvolge i raggi, ma lui la conosce come un vecchio amico. Non ha bisogno di luci, di un casco moderno o di un GPS sofisticato: solo la sua grande borsa da messaggero, un po di caffè in tasca e uno sguardo che sembra vedere oltre i volti stanchi della città.

Laria è densa, pesante, ma quando Marco passa, qualcosa cambia. Non è magia, non del tutto. È il modo in cui saluta con un cenno discreto, come inclina leggermente la testa entrando in un portone, come i suoi occhi riflettono la pazienza necessaria per aspettare il semaforo, il traffico, i passanti distratti. Consegna il solito: cibo dasporto, pacchetti piccoli, buste con documenti importanti, fiori che qualcuno manda a una persona cara. Ma con ogni consegna, Marco lascia qualcosaltro, qualcosa di invisibile allocchio ma percepibile nel cuore di chi riceve.

A volte, accanto alla borsa o alla scatola, appare un biglietto scritto a mano. Frasi brevi, umili, che sembrano accendere una luce nella routine quotidiana di qualcuno. «Oggi vali, anche se nessuno te lo dice». «Andare avanti, a volte, è già una vittoria». «La tua stanchezza non ti rende debole. Ti rende umano». Ogni frase tocca un angolo dimenticato dellanima. Nessuno sa chi le scrive. Nessuno immagina che dietro la bici arrugginita e la borsa grande ci sia un cuore che vuole ricordare al mondo che la gentilezza silenziosa esiste ancora.

Una signora anziana, sola da quando è rimasta vedova, un giorno apre la porta e trova, oltre alla consegna, un foglietto piegato. Legge: «Non è troppo tardi per ridere di nuovo». Quella sera, indossa il vestito preferito, quello riposto da anni, e balla da sola in salotto, con il suo vecchio giradischi che suona vinili consumati. Nessuno lo saprà mai. Non serve che lo sappiano. Lo fa, e per un attimo, il tempo sembra dolce, gentile, come se la musica curasse gli angoli polverosi del suo appartamento.

Un adolescente ansioso trova nella sua consegna un biglietto: «Non ti stai spezzando. Ti stai trasformando». Lo tiene nel portafogli, tra libri e fogli di scuola. Anni dopo, lo porta ancora con sé, come un piccolo talismano che gli ricorda che, anche nei giorni difficili, il cambiamento è inevitabile e a volte bellissimo.

Una madre esausta, con due lavori e mille preoccupazioni, piange leggendo: «Anche se ti senti invisibile, qualcuno vede la tua fatica». Tra pentole bollenti, giocattoli sparsi e urla di bambini, quel foglietto è un filo sottile che la lega a qualcuno che capisce, anche senza conoscerla.

Così, le frasi si diffondono. Iniziano a essere condivise sui social, attaccate ai frigoriferi, conservate in portafogli logori. Persone che non si sono mai incontrate si sentono meno sole, come se Marco non consegnasse solo cibo o pacchi, ma speranza.

Un giorno, Marco arriva in un ospedale con un pranzo per uninfermiera stremata. La receptionist lo ferma.

«Sei tu quello dei biglietti?»

Lui si blocca. Esita. Poi annuisce con un mezzo sorriso.

«Mia sorella è in terapia intensiva», dice la donna con voce rotta. «Non parla da settimane. Ma ieri ha mosso le labbra ripetendo le parole del biglietto trovato nella scatola: Ci sono giorni bui ma esistono anche le candele».

Marco non risponde. Abbassa lo sguardo e, prima di andarsene, lascia unaltra nota: «Grazie per ricordarmi perché lo faccio».

Quella notte, viene investito da unauto. Niente di grave: un braccio rotto, graffi, riposo forzato. Ma nelle settimane in cui è assente, le consegne arrivano senza biglietti, e la gente sente la sua mancanza come si sente la carezza che non si sapeva di desiderare. Alcuni lasciano messaggi sulle porte: «Dove sei? Ci manchi».

Quando torna, una donna lo ferma per strada.

«Sei tu?»

Marco sorride, ancora con il tutore al braccio.

«Dipende dal giorno».

Lei gli porge una busta. Dentro, centinaia di biglietti scritti da vicini, amici, sconosciuti. Alcuni goffi, altri bellissimi, ma tutti sinceri. Uno dice: «Questa volta, vogliamo abbracciare te». Da allora, Marco non consegna solo frasi. Consegna speranza condivisa. Perché ha capito che lamore come le consegne importanti arriva sempre, anche se in ritardo, anche senza bussare.

Nei giorni seguenti, Marco osserva la città più attentamente. Non sono più solo grattacieli e traffico, ma i dettagli: il bambino che guarda il cielo dalla finestra della scuola, la co

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