Nella Discordia Familiare, Anche la Casa Sconta il Prezzo

**Diario Personale**

Non sopporto più questa tensione in casa. “Lo odio! Non è mio padre! Se ne vada, vivremo benissimo senza di lui.” Lisa era furiosa con il suo patrigno, mentre io non riuscivo a capire tutto quel rancore. Perché non vivere in armonia? Ero lontana dall’immaginare i drammi nascosti in quella famiglia.

Lisa aveva una sorellina minore, Edda, figlia naturale di sua madre e del patrigno. A me sembrava che lui trattasse entrambe nello stesso modo, ma questa era solo l’apparenza. Lisa non tornava mai subito a casa dopo scuola: calcolava quando quell’uomo se ne sarebbe andato al lavoro. Se per sbaglio lo trovava ancora lì, scoppiava. Mi sussurrava:

“È qui! Vieni in camera mia, per favore.” Poi si chiudeva in bagno e aspettava che se ne andasse. Quando finalmente la porta si chiudeva alle sue spalle, Lisa sbuffava di sollievo. “Finalmente! Tu sei fortunata, hai tuo padre. Io invece…” La sua voce si spezzava. “Andiamo in cucina, c’è da mangiare.”

La madre di Lisa era una cuoca eccezionale. In quella casa, il cibo era sacro: colazione, pranzo, merenda, cena, tutto calcolato al minuto, con attenzione a vitamine e calorie. Ogni volta che andavo da loro, c’era sempre qualcosa di caldo sul tavolo, pentole coperte da canovacci in attesa di essere scoperchiate.

Ricordo anche che Lisa non sopportava Edda, dieci anni più piccola. La prendeva in giro, la tormentava, a volte litigavano. Solo anni dopo sarebbero diventate inseparabili.

Lisa si sposò, ebbe una figlia. Poi tutta la famiglia, tranne il patrigno, si trasferì in Israele. Dodici anni dopo, Lisa avrebbe avuto un’altra bambina. Edda, invece, rimase zitella, ma aiutò sempre sua sorella a crescere le nipoti. Lontano dall’Italia, quel legame diventò ancora più forte. Lisa scrisse al suo vero padre fino alla sua morte. Aveva un’altra moglie, ma Lisa era la sua unica figlia.

Io, cresciuta con entrambi i genitori, avevo solo amiche con padri assenti. All’epoca non capivo i loro problemi con i patrigni, ma la verità era che per loro la vita non era facile.

Irene aveva una madre e un patrigno alcolizzati. Si vergognava di loro e non invitava mai nessuno a casa sua. “Mi sgriderebbe, e lei lo asseconderebbe, magari dandomi anche uno schiaffo.” Ma dopo i quindici anni, Irene imparò a rispondere, e loro la lasciarono in pace.

“Vieni al mio compleanno!” mi disse un giorno, raggiante. Io esitai. “A casa tua? Non so… tuo patrigno non dirà nulla?”

“Provasse solo a disturbarmi! Ormai ho finito di subire. Mia madre mi ha dato l’indirizzo di mio padre vero. È lui la mia protezione ora. Vieni, ti aspetto.”

Il giorno del suo sedicesimo compleanno arrivai con un regalino. Irene mi aprì, sorridente: “Entra! Siediti.” Sua madre e il patrigno erano immobili accanto al tavolo. Salutai piano, e loro annuirono in silenzio.

Sulla tovaglia consumata c’erano una ciotola di risotto, pane tagliato e bicchieri di vetro con limonata. Sopra, delle sfogliatine. Irene sembrava fiera di quel “banchetto”. Chissà cosa mangiavano di solito… Al mio compleanno, mia madre aveva passato ore ai fornelli: antipasti, primi, secondi, dolci… Ogni casa è un mondo a sé.

Mangiai senza farmi notare, lasciando da parte le sfogliatte per paura di sporcare. I genitori restarono in piedi a guardarci. In un angolo, la nonna di Irene borbottò: “Zina, non bere! Altrimenti ti dimenticherai di darmi da mangiare.”

Irene arrossì. “Nonna, tranquilla, non c’è alcol.” La vecchia si girò verso il muro, sospirando.

“Grazie per la cena!” dissi alzandomi. Uscimmo di fretta: noi ragazze avevamo ben altro da fare che stare con gli anziani…

Irene perse madre, patrigno e nonna in un anno. A venticinque anni, era sola. Non si sposò mai, né ebbe figli. Ci furono corteggiatori, ma nulla di serio. Tra loro, finì anche il mio ex marito…

Lei lo “raccolse” quando lo lasciai, ma neppure con lui andò bene. Forse il suo carattere era difficile.

Un’altra amica era Tania, quattordici anni come me, che viveva con la sorella maggiore Anna. La madre le visitava ogni settimana, portando cibo e cucinando per loro. Viveva con il primo marito, padre di Anna, mentre Tania era figlia del secondo. Dopo qualche anno, la donna era tornata dal primo marito.

Invidiavo Tania per la sua libertà. La madre cercava di farsi perdonare, Anna aveva una fila di pretendenti, e Tania faceva quel che voleva.

Si sposò, ebbe una figlia, poi suo marito finì in prigione. Tania cadde nell’alcolismo. Anna la trovò morta in casa a quarantadue anni.

Poi arrivò Nicole, nuova in classe. Subito diventammo amiche. Bella, con una figura perfetta e una voce melodiosa. I ragazzi la adoravano, ma lei aveva già il suo fidanzato, Claudio, che la veniva a prendere dopo scuola con la macchina.

Nicole aveva perso il padre a dieci anni. Andava male a scuola, ma cantava benissimo. Lei e Claudio formarono un gruppo, si esibivano alle feste. Quando lui partì per il militare, Nicole lo accompagnò alla stazione, ma non lo aspettò. Ebbe un figlio da chissà chi e visse con sua madre.

Al suo ritorno, Claudio la perdonò, ma lei rifiutò: “Mi rimprovererai sempre per mio figlio. Preferisco restare sola.” Più tardi, Nicole si risposò con un contadino e si trasferì in campagna.

Con tutte queste amiche ci parlavo, ma loro non si sopportavano.

Ora scrivo occasionalmente a Lisa, così lontana eppure così vicina. Mi dice che farà di tutto per proteggere la sua famiglia: “Non voglio che le mie figlie soffrano come ho sofferto io con quel patrigno. Se devi litigare, fallo con tuo padre vero, non con un estraneo. In famiglia tutto si sistema. Lui è stata una ferita che non guarirà mai.”

A volte ridiamo dei nostri vecchi scherzi. Di Irene e Nicole, invece, ho perso ogni traccia.

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