Nessun Ritorno: Un Errore Irreparabile

Edoardo stava alla finestra del suo nuovo appartamento a Bergamo, e gli sembrava che l’aria fuori si fosse fatta più pesante. Si sentiva soffocare dalla sua stessa vita. Tutto ciò che prima gli sembrava solido e immutabile, ora era crollato. Guardava il cielo grigio e, per la prima volta dopo tanto tempo, capì che per lui non c’era più modo di tornare indietro.

Un tempo, aveva una famiglia. Beatrice, sua moglie, con cui aveva condiviso quindici anni. Fedele, tranquilla, dedita alla casa. Due figlie, un nido accogliente, una villa in campagna, un’attività di famiglia. Tutto era perfetto, stabile… e dolorosamente prevedibile. Ogni mattina era uguale all’altra. Le conversazioni giravano attorno alle faccende domestiche, le preoccupazioni erano per il mutuo e le scuole. Edoardo si sentiva intrappolato nella sua stessa casa, come in una gabbia, pur se dorata.

Poi, un giorno, arrivò alla loro agenzia di architettura una nuova impiegata: Ginevra. Giovane, audace, piena di fuoco. Rideva alle sue battute, lo guardava con ammirazione, gli sfiorava la spalla con naturalezza. Edoardo sentiva risvegliarsi dentro di lui qualcosa di dimenticato: l’entusiasmo, l’interesse, la sensazione di essere di nuovo giovane. Cominciò a tornare a casa sempre più tardi, a restare in ufficio fino a tardi. Beatrice non faceva domande, e lui quasi la ringraziava — meno parole, meno rimproveri.

Ma niente di tutto questo era casuale. Ginevra sapeva cosa voleva. E voleva Edoardo. Cominciarono a passare sempre più tempo insieme, a incontrarsi fuori dal lavoro, a condividere pranzi, chiacchiere, poi anche il letto. Non si rese nemmeno conto di come quel gioco diventò realtà. E un giorno, incapace di sopportare il peso dentro di sé, fece le valigie e se ne andò.

Beatrice lo accolse con un silenzio calmo. Niente urla, niente scene. Solo uno sguardo fisso negli occhi e una frase:
“Ricordati questo giorno, Edoardo. L’hai scelto tu.”

La vita con Ginevra, all’inizio, sembrò una festa. Era affettuosa, sorridente, passionale. Lui si sentiva desiderato, interessante, desiderabile. Ma presto la magia svanì. Ginevra divenne esigente, irritabile, lo rimproverava per la sua mancanza di attenzione, per quanto poco guadagnasse, per le serate passate al computer. E allora, per la prima volta, sentì il bisogno di tornare indietro… là da dove era fuggito.

L’occasione si presentò da sola: Beatrice lo chiamò e gli chiese di portare le figlie in campagna per qualche giorno. Accettò, sperando di sfuggire, anche solo per poco, alla nuova casa che ormai lo opprimeva. Passò tre giorni con le bambine. Ridevano, facevano dolci, andavano in bicicletta. Lui stesso si stupì di quanto fosse semplice e bello. E per la prima volta, dopo tanto tempo, sentì una fitta al petto: la nostalgia di ciò che aveva perduto con tanta leggerezza.

Chiamò Beatrice. Voleva parlare. Chiedere scusa. Tornare. Lei lo ascoltò. Poi disse:
“Le condizioni sono semplici. Finisci tutto con Ginevra. Te ne vai. Ricominci da zero. Ma sappi: la fiducia non tornerà mai. Sarà una vita nuova, non quella che avevamo.”

Non rispose subito. Gli sembrava tutto troppo crudele. Troppo definitivo. E poi Ginevra gli disse che aspettava un bambino. Rimase in silenzio. Poi, con un respiro affannoso, mormorò: “Sarò padre…”

La gioia si mescolò al panico. Non era sicuro di amarla. Non sapeva se quel bambino fosse una salvezza o la condanna finale. Sentiva che tutto ciò che nasce su un tradimento non può essere forte. Era lacerato tra due mondi: tra le figlie e il futuro figlio, tra Beatrice e Ginevra, tra il passato che aveva tradito e il presente che lo spaventava.

Lui e Beatrice si incontrarono in un parco. Le raccontò tutto, apertamente, senza nascondere nulla. Chiese perdono. Lei rimase a lungo in silenzio, poi disse:
“Edoardo, ora è tutto chiaro. Sai, mi sento più leggera. Tu avrai un figlio. Io avrò una vita nuova. Non c’è ritorno. Non perché ti odio. Ma perché amo me stessa.”

Edoardo si alzò, la guardò. Forte, calma, matura. Completamente diversa. E all’improvviso capì: aveva perso tutto. Da solo. Volontariamente. E ora non aveva più un posto dove andare. Solo avanti, sulla strada che aveva scelto lui stesso. Anche se portava nel nulla.

La vita insegna che ciò che si distrugge per egoismo non si ricostruisce con un rimpianto. A volte, l’unica via è accettare le conseguenze delle proprie scelte e andare avanti, più saggi, ma più soli.

Rate article
Add a comment

;-) :| :x :twisted: :smile: :shock: :sad: :roll: :razz: :oops: :o :mrgreen: :lol: :idea: :grin: :evil: :cry: :cool: :arrow: :???: :?: :!:

8 − 1 =

Nessun Ritorno: Un Errore Irreparabile