Nessuno è normale qui

Non cerano normali qui.
Lara scese dal gommone, ancora intriso di resina e alghe del fiume Liri, e capì subito che non sarebbe più tornata indietro. Laria era diversa: umida, profumata di pino, muschio, pesce e di qualcosa che sembrava la vita stessa, senza filtri.

Benvenuta, disse il capo turno, un ragazzo in giubbotto da pescatore. Questa è la base Acque Vive. Monta la tenda dove vuoi. Il bagno è laggiù. Se vuoi lavorare, domani alle otto al molo; puliamo il tratto dal rifiuto.

Lara annuì. La parola lavorare non la spaventava; lo faceva invece il silenzio. Per la prima volta dopo mesi, nessuno le pose domande. Nessuno le chiese: «Come stai?», «Hai già superato tutto?», «Torni a insegnare?». Nessuno la guardò con pietà o preoccupazione.

Piantò la tenda su una collina ai margini dellacqua, si sedette su un tronco, si tolse le scarpe e immerse i piedi nel fiume gelido. E, per la prima volta da molto, non pianse.

Passarono due settimane. Lara trasportò secchi, scavò trincee, lavò pentole. Le mani erano screpolate, la schiena brontolava per i pesanti attrezzi, ma nella testa regnava una quiete. Tra gli abitanti della base cerano studenti, biologi, ex informatici, artisti, volontari da ogni angolo dItalia. Tutti un po eccentrici, tutti un po smarriti.

Che facevi? chiese una sera Ginevra, una ragazza con trecce rosse e voce da narratrice di fiabe.

Insegnavo storia dellarte alluniversità di Bologna.

Perché te ne sei andata?

Mio figlio è morto lanno scorso. È annegato. Non avevo più parole.

Ginevra non fece una smorfia, né agitò le braccia. Si limitò a un cenno.

Capisco. Mio padre è morto di cancro lo scorso dicembre. Sono fuggita qui, altrimenti avrei perso la testa.

Qui non si impazzisce?

Qui si può impazzire, ma non è spaventoso.

Lara sorrise per la prima volta.

Iniziò a disegnare su carta kraft ricavata da vecchi sacchi: schizzi del fiume, degli uccelli, della gente intorno al fuoco. A volte il suo bambino, ora in giubbotto da pescatore con pagaia, sorridente.

Un giorno qualcuno appese i suoi disegni su una corda vicino al refettorio. La sera tutti portarono le proprie creazioni: foto, poesie, oggetti di corteccia.

Annuncio la Giornata dellEspressione, gridò allegramente Andrea, il coordinatore alto e sempre un po spettinato. Mostrate chi eravate, chi siete, chi volete diventare!

E tu? chiese Lara.

Ero marketing manager. Ora sono un uomo con lascia. E, sai, mi piace.

Riderono insieme e perdersi nei propri graffi non fu più imbarazzante.

Al terzo mese arrivò la sventura, non dalla foresta ma dalla città. Sulla riva approdarono la madre di Lara e sua sorella Veronica, come apparizioni in giacche colorate, con valigie enormi e sguardi pieni di rimprovero.

Lara! Sei impazzita? la madre sbraitò davanti alla tenda. Dove sei finita? Qui ci sono dei selvaggi! Che vestiti! Ma è legale?

Veronica sbirciava intorno, come se cercasse il modo di lamentarsi.

Ti abbiamo cercato! Non rispondi al telefono, sparisci come un adolescente. E poi sei quasi quaranta! Sei uninsegnante!

Lara rimase muta. Il fuoco si spense per un attimo. Ginevra le accarezzò la spalla.

Vuoi parlare?

No, grazie. Sono a posto.

Siamo in shock, continuò la madre. Pensavamo fosse depressione. Abbiamo chiamato uno psicoterapeuta, dice che ti serve una riabilitazione.

E questa è la mia riabilitazione, mamma.

Non fare la scema. Dormi in tenda, porti acqua, vivi con sconosciuti!

Non sono sconosciuti. Tu… non mi ascolti più da anni.

Lara, intervenne Veronica. È vero, non ti sentiamo. Siamo la tua famiglia!

Dove eravate quando mi sono sdraiata sotto le coperte per settimane? Quando non riuscivo a rialzarmi? Quando ogni giorno pensavo che sarebbe stato meglio morire al suo posto?

Abbiamo provato ad aiutare!

No. Voi chiamavate: Ragazza, fatti forza. La forza non è aiuto, è una scusa per non stare vicini.

Il silenzio tornò, rotto solo dal fruscio del fiume.

Andrea si avvicinò con una tazza di tè. La madre si alzò di scatto.

Chi è quello?! Ti ha contaminata?

È una persona. Uno dei pochi che non ha paura del mio dolore. Io non sono contaminata. Sono viva.

Sei pazza, sussurrò Veronica. Solo pazza.

Forse. Ma è la mia scelta.

Partirono il giorno dopo, senza addii. Lara rimase sulla banchina, a piedi nudi, con un barattolo di miele in mano. Ginevra si sedette accanto a lei.

Come stai?

Come un albero a cui hanno sradicato le radici, ma che improvvisamente ha ricominciato a germogliare.

Che bella, prof! rise Ginevra. Insegnante.

Sì, ma ora sono di vita.

A fine settembre Lara era una delle ultime rimaste alla base. Alcuni erano andati via, altri erano rimasti per linverno. Andrea rimase anche lui, costruì una casetta invernale, accese il focolare e preparò una zuppa di funghi.

Un giorno andarono insieme al fiume. Lara rimase in silenzio, poi disse:

Credo di essermi innamorata. Non di te, ma di me stessa di questo posto.

Andrea scoppiò a ridere.

È quello che conta. Il resto si aggiusta da sé.

Gli prese la mano.

E se volessi restare qui?

Allora resta.

E se volessi costruire un laboratorio? Fare una residenza darte, invitare chi si è perso?

Allora ti costruirò un portico, così sapranno che li aspettiamo.

Sapeva che il fiume ricorda, la foresta guarisce, e il cuore, anche spe

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