– Non ha comunque possibilità, – disse la moglie con una voce fredda e distaccata. – Vieni tu a parlare con il medico se non mi credi. Ci sono le infermiere, tutte le condizioni necessarie per lui. D’altronde, l’hanno inventato per questo il reparto di cure palliative, lo fanno tutti…
Lorenzo è nato due mesi prima del previsto ed è stato subito portato in terapia intensiva. All’inizio non dicevano nulla, poi è spuntata qualche speranza – ha iniziato a respirare da solo, a prendere peso. Quando lo hanno dimesso, era comunque così piccolo che Michele aveva paura di prenderlo in braccio, temendo di fargli del male. Ma quando Loretto si svegliava e piangeva piano di notte, Francesca non si alzava e Michele ha dovuto trovare il modo di occuparsene. E Francesca non voleva portarlo dai medici, diceva che era per colpa loro se le cose erano andate così, che lei aveva fatto tutti gli esami e le ecografie, e dicevano che era tutto a posto. A tre mesi e non tiene nemmeno la testa dritta!
Michele si prendeva lui appuntamento con i medici, ascoltava parole che stentava a comprendere, faceva fare prelievi a Lorenzo, ogni volta chiudendo gli occhi come un bambino mentre l’infermiera cercava di trovare la vena. Alla fine, ha portato Loretto dai genetisti in città, che gli hanno spiegato che si poteva aiutare Lorenzo, ma servivano farmaci speciali. Così Michele ha accettato di partire per andare a lavorare, un amico lo chiamava da tempo, pagavano bene, ma Francesca non lo lasciava andare. Ora però non c’era altra scelta. E partì. Pensava che suo figlio fosse con Francesca, che tutto andasse bene, e invece le cose stavano diversamente. E anche la nonna non gli diceva nulla, anche se sentiva che qualcosa gli stava nascondendo.
– Va tutto bene, tesoro, lavora pure tranquillo, – insisteva la nonna.
Si è scoperto che durante tutto questo tempo era la nonna ad andare in ospedale da Loretto – parlava con lui, lo massaggiava con la crema anti-decubito. Francesca era tornata a lavoro senza dirglielo. Glielo ha confessato solo quando Michele ha annunciato che sarebbe tornato in vacanza per un mese.
– Francesca, è nostro figlio! – si indignò lui. – Che cure palliative, perché sto lavorando allora? Il dottore ha detto che ci sono delle cure…
– Che cure! – sbottò Francesca. – L’hai visto? Sei stato via per sei mesi, e non devi dirmi cosa devo fare! Sono ancora giovane e voglio vivere per me stessa. Un altro figlio si può fare. Non voglio passare la vita a cambiare pannolini!
Il fratello minore di Francesca aveva una paralisi infantile, e quando si erano conosciuti, Michele restava ammirato di come Francesca, così fragile ed elegante, riuscisse a portarlo in braccio, a sedersi accanto a lui a leggere libri. L’aveva amata per questo. Ma ora sembrava che l’amore di Francesca si fosse esaurito.
– Se non riporti nostro figlio a casa, io chiederò il divorzio, – minacciò Michele.
– E allora divorziamo! Hai solo quello per spaventarmi? Sono sopravvissuta benissimo senza di te in questo periodo, e continuerò a farlo.
Non pensava che lo avrebbe fatto davvero. Ma Francesca se ne andò, prima ancora del suo arrivo, lasciò le chiavi dell’appartamento alla nonna di Michele, che sospettava già tutto, ma non gli diceva nulla – in questi sei mesi Francesca aveva trovato qualcuno da cui trasferirsi.
– Non preoccuparti, tesoro, ce la faremo. Ti aiuterò con Lorenzo, ma dovrai trovare un lavoro qui – da sola non ce la faccio.
Michele lo sapeva bene – la nonna era malata da tempo, aveva bisogno di cure anche lei, ma lui non poteva fare molto, non poteva essere in due posti contemporaneamente.
Era stata la nonna a crescere Michele. Sua madre, una cantante di successo, lo aveva portato dalla nonna per un mese e non lo aveva mai ripreso. Le mandava soldi regolarmente finché andava a scuola, poi sembrava aver deciso che bastavano. Da giovane Michele pensava che la mamma lo amasse, ma che la sua vita fosse complicata: concerti, riprese, ammiratori… Era persino andato a un suo concerto – aveva comprato un enorme mazzo di rose, sognava di regalarle, di sorprenderla, di sentirla dire dal palco – questo è il mio figlio!
Ma le cose non andarono come si immaginava: inizialmente lei non lo notò, poi prese il mazzo senza neanche guardarlo e lo gettò da una parte. Michele aveva speso quasi tutto lo stipendio per quelle rose. Dopo il concerto riuscì a entrare nel backstage per provare a spiegare chi fosse, ma sua madre non volle saperne. Disse semplicemente che era stanca e che l’avrebbe richiamato. Lui attese una chiamata per un mese, senza mai allontanarsi dal telefono. Ma non ricevette mai quella telefonata.
Ora non ci pensava più, e se alla radio passavano una sua canzone cambiava subito stazione, anche se le conosceva tutte a memoria. La nonna era stata per lui come un padre e una madre. Ora era la mamma anche per Lorenzo – lo accudiva come poteva, mentre Michele si era trovato un lavoro con un orario regolare, perché la nonna non si stancasse troppo. Francesca non chiamava mai, peggio della sua mamma – lei almeno qualche volta faceva finta di avere un figlio.
– Michele, ho fatto un sogno vivido, – raccontò una volta la nonna. – Tuo nonno, Dio lo benedica, mi ha chiesto di portargli dell’acqua dal pozzo. Gli ho detto – come posso farlo con le gambe che non mi reggono! E lui mi ha detto – qui tutti camminano. Guardavo e sotto i miei piedi c’era un’erba così verde e morbida come il piumino. Ho iniziato a camminare e le gambe si muovevano senza dolore! Ho preso l’acqua e ho guardato nel pozzo un’ultima volta. Era lì, in un abito e cravatta, con una ragazza simpatica accanto, con delle fossette sulle guance. Con il velo. Sento che il sogno si avvererà – troverai una buona moglie, non come quella sventata!
– Nonna, quale moglie? Se nemmeno sua madre voleva prendersi cura di Lorenzo, chi accetterebbe?
Il giorno dopo, la nonna non si svegliò. Quindi, quel sogno si è avverato, ma non nel modo giusto – ora portava l’acqua al nonno, non al piccolo Lorenzo.
Michele non sapeva cosa fare. La mamma lo aiutò con il funerale, venne anche lei, ma comunque toccò sborsare, ed era imbarazzato chiederle aiuto. Ma qualche settimana dopo, fu proprio lei a chiamarlo per dirgli:
– Ho trovato una badante per tuo figlio. Pagherò io, non preoccuparti.
Una tale generosità sorprese Michele, e voleva rifiutare, dire che non aveva bisogno di nulla da lei, ma poi cambiò idea – ormai non c’era spazio per l’orgoglio, specialmente quando il farmaco per suo figlio stava finendo.
Per qualche ragione si aspettava una donna adulta, esperta, ne aveva viste molte in ospedale con Lorenzo, somigliavano tutte alla sua nonna da giovane – diligenti, semplici, con mestiere. Ma la madre aveva deciso di risparmiare – aveva mandato una neo-laureata che confessò che questo era il suo primo lavoro.
– Non si preoccupi, ho seguito un corso speciale e sono preparata, – disse con sicurezza, ma la sua voce tremava.
Avrebbe potuto chiamare la madre e dire che quella ragazza non era adeguata per occuparsi di Lorenzo, ma non aveva voglia di parlare con lei. E Michele decise di aspettare, forse quei corsi erano davvero serviti a qualcosa.
La ragazza si chiamava Chiara. E chiamava Michele ogni mezz’ora.
– Signor Bianchi, è normale che abbia il singhiozzo?
– Tenetelo diritto. E mettete qualcosa di caldo sulla schiena, potete scaldare un asciugamano con il ferro da stiro.
– Signor Bianchi, ha una respirazione faticosa, mi spaventa!
– Chiara, l’inalatore, ve l’ho detto…
Tutto andava avanti così.
Ma dopo alcune settimane si ambientò e sembrava gestire meglio le cose. Michele dovette però cambiare lavoro – lei lavorava fino alle sei, e lui doveva riuscire a tornare a casa in tempo. Così si mise a lavorare in un cantiere, aveva un orario flessibile, ma tutto in nero. Gli promettevano di pagarlo bene, ma chissà quando…
I weekend Michele li passava con il figlio – quella ragazza non poteva lavorare neanche a pagamento extra, studiava il cinese, diceva di voler andare in Cina per uno stage di agopuntura. Era divertente Chiara, ingenua, non come la sua nonna – solo che quella credeva a ciò che sentiva in televisione, mentre Chiara a ciò che trovava su Internet.
Il giorno del compleanno di Lorenzo, però, Chiara tornò anche il sabato – portò un palloncino colorato, che lui adorava, e un maglioncino fatto a mano. Michele si commosse e invitò Chiara a bere un tè – aveva comprato una torta per l’occasione. Poi andarono tutti a fare una passeggiata – vestirono Lorenzo con il nuovo vestitino e gli legarono il palloncino alla carrozzina, in modo che potesse guardarlo. Michele sapeva che il figlio poteva non arrivare al prossimo compleanno, e questo rendeva persino respirare difficile. Ma in quel momento, mentre lo spingeva lungo la strada soleggiata, e il palloncino cercava di volare via, spinto dal leggero vento d’autunno, si sentiva stranamente in pace.
Notò Francesca in ritardo, solo quando si fermarono sulle strisce pedonali, i loro sguardi si incrociarono sul suo visetto truccato. Accanto a lei c’erano amiche, sembrava andassero a un evento. Anche Francesca lo notò solo dopo, e arrossì visibilmente. Si girò, disse qualcosa alle amiche, e attraversò velocemente la strada.
– Chi è quella? – chiese Chiara, notando lo sguardo teso di Michele.
Michele rilasciò lentamente l’aria dai polmoni e rispose:
– Nessuno.
– Bene, – disse lei sorridendo.
Non aveva mai notato prima come sorrideva Chiara. Le comparvero delle fossette sulle guance, sembravano richiamargli alla mente qualcosa, ma cosa? Il palloncino blu si agitava contro il cielo di un blu simile, e il suo cuore batteva forte.
Non gli pagavano lo stipendio. Il farmaco stava finendo e Michele non poteva fare altro – doveva chiamare la mamma.
– Non ti aiuto già abbastanza? – chiese lei irritata. – Sai quanto sto pagando quella ragazza? Che tipo di uomo sei se non riesci a guadagnare per comprare le medicine?
La vergogna bloccò il respiro di Michele. Davvero non poteva provvedere al figlio? Spegnendo il telefono, abbassò la testa – avrebbe voluto che la nonna fosse lì, a mettergli una mano sulla spalla e dire che tutto sarebbe andato bene…
Si sentirono passi leggeri, e sulla soglia della cucina apparve Chiara. Aveva in mano una busta.
– Ecco, – disse mettendola sul tavolo.
– Cos’è? – non capì Michele.
– Per la medicina di Lorenzo, – spiegò.
Non riusciva a capire – cosa voleva dire?
– Sua madre mi ha pagata bene. Ho messo da parte per un viaggio in Cina, ma davvero non mi serve – abito con i miei genitori, ho già tutto.
– Ma il suo viaggio… – si confuse Michele.
Chiara alzò le spalle.
– Non andrò da nessuna parte ormai…
Sorrise timidamente e comparvero di nuovo le fossette. Michele improvvisamente ricordò il sogno della nonna. Arrossì fino alla radice dei capelli, senza sapere perché.
– Prenda, – insistette lei. – È giusto così.
– Restituirò tutto, – disse Michele con una voce roca, si schiarì la gola e aggiunse. – E visto che non va in Cina, verrà a trovarci nel weekend? Passeggeremo come l’ultima volta…
Chiara sorrise di nuovo e rispose:
– Con piacere.