Non C’è Via di Ritorno

**Diario personale – 15 Marzo**

“Buon compleanno, Eva, voglio regalarti il tuo sogno,” annunciò felice Daniele, abbracciandola.

“Come fai a regalare un sogno? Un sogno è qualcosa che non puoi toccare,” rispose Eva, sorpresa, mentre uscivano dall’università dopo le lezioni.

“Eppure te lo regalerò lo stesso,” replicò orgoglioso. “Andiamo in dormitorio, lascia gli appunti e cambiati. Andiamo fuori città.”

Scesero dall’autobus alla fermata “Circolo Ippico”, e finalmente Eva capì: voleva regalarle una cavalcata. Quante volte gli aveva confessato che il suo più grande desiderio era proprio quello! Fin da bambina, sognava i cavalli. Li amava, anche se li aveva visti solo allo zoo e in televisione, guardando film con gli occhi pieni di meraviglia.

Perché questa passione? Nemmeno lei lo sapeva. Una volta, a cinque anni, aveva chiesto a suo padre:

“Papà, compriamoci un cavallo!”

Lui aveva riso, stupito. “E dove lo terremmo? È grande, mangia fieno, ha bisogno di spazio. Viviamo in un bilocale.”

“Sul balcone,” aveva risposto lei, semplice.

Suo padre le spiegò pazientemente che un cavallo non poteva vivere in appartamento, che aveva bisogno di una scuderia e di correre libero. Eva, affranta all’idea di far soffrire un cavallo, si convinse.

“Va bene, papà. Allora costruiscigli una stalla sotto il balcone.”

Quel sogno l’aveva seguita per tutta la vita. Ora, al quarto anno di università, amava ancora i cavalli.

Dopo la cavalcata, Eva era raggiante.

“Grazie, Daniele, è stato meraviglioso. Ora so che i sogni si avverano davvero.” Anche lui era felice: aveva regalato un sogno alla donna che amava.

Era primavera. Uscirono dal maneggio e, vedendo un bosco vicino, Eva propose una passeggiata. Tra gli alberi, rivisse un’altra gioia dell’infanzia: il terreno era bianco di bucaneve.

“Che meraviglia! Da piccola correvo nel bosco con le amiche a raccoglierli. C’è ancora un po’ di neve, ma loro spuntano già. E il profumo… che stagione splendida, la primavera!”

Erano giovani e felici. Daniele le correva incontro con un mazzo di bucaneve, e anche lei ne aveva raccolti.

“Buon compleanno e buona primavera,” le disse allegro.

“Grazie, Daniele. Mi hai fatto un regalo bellissimo: i cavalli e questi fiori. È stato come tornare bambina.”

“Sono felice di averti sorpresa.”

Si frequentavano da più di un anno. Poco prima della laurea, Daniele spese tutti i suoi risparmi e la borsa di studio per comprarle un anello e chiederle di sposarlo. Il loro amore era vero, ne erano certi.

Il matrimonio fu festoso, come da tradizione: l’abito bianco per lei, il completo elegante per lui. La testimone di Eva era la sua amica Agata, con cui aveva condiviso la stanza in dormitorio e l’intero percorso universitario. La loro amicizia era durata anche dopo la laurea, sebbene lavorassero in posti diversi.

Daniele trovò un buon impiego e, col tempo, divenne capo reparto. Eva lavorava, ma poi andò in maternità e diede alla luce un bellissimo bambino, Matteo.

Gli anni passarono. Matteo crebbe e iniziò la scuola. Eva pensava di avere una vita perfetta: un marito affettuoso, un figlio amato e un bilocale tutto loro. Agata veniva spesso a trovarli, soprattutto nei weekend.

“Quando ti sposi?” chiedeva Eva all’amica, ancora single.

“Non lo so, ma spero presto,” rispondeva Agata, enigmatica.

Poi, all’improvviso, il fulmine a ciel sereno. Una sera, Daniele tornò a casa cupo e, senza guardarla negli occhi, le disse:

“Ti lascio, Eva.”

“Dove vai?” chiese lei, ancora confusa, con un sorriso incerto.

“Con un’altra donna.”

“Scherzi? Chi è?” domandò, ancora incredula.

“Non ci crederai, ma è Agata.” E iniziò a fare le valigie.

Eva crollò su una sedia, la mente in tumulto. “Non può essere vero,” pensava. Ma quando Daniele uscì con la borsa e sbatté la porta, capì che non era un incubo. Matteo, che giocava in cortile, non aveva sentito nulla. Tornato a casa, le disse:

“Ho visto papà con una valigia. Ha detto che parte per un lungo viaggio di lavoro.” Eva annuì in silenzio, lasciando che fosse quella la verità per il bambino.

Passarono quasi dieci anni.

Un sabato, qualcuno suonò insistentemente alla porta. Irritata, Eva l’aprì di scatto, pronta a rimproverare chiunque tenesse premuto il campanello. Ma riconobbe la donna sulla soglia e cercò di chiudere. L’altra bloccò la porta con un piede.

Era l’ultima persona che Eva voleva vedere.

“Che vuoi?” le chiese seccamente.

Era Agata.

“Non mi inviti neanche a entrare?”

“Che ci fai qui? Vattene.”

“Sono venuta in pace. Ascoltami, ti prego.”

C’era una supplica insolita nella sua voce. Eva la fece passare.

L’indesiderata ospite si tolse le scarpe e andò in cucina.

“Ti offro anche un caffè?” chiese Eva, sarcastica.

“Sarebbe bello, ma so che non lo farai. Non mi offendo.”

Eva la osservò. Gli anni non erano stati clementi con Agata: la figura appesantita, le occhiaie. E non aveva ancora quarant’anni.

Agata parlò, fissandola negli occhi.

“Eva, riprenditi Daniele,” sbottò disperata.

“Che coraggio!” esclamò Eva, sbalordita.

“Ti supplico,” continuò Agata, ignorando la reazione. “Posso anche darti dei soldi, se vuoi.”

“Quindi prima mi rubi il marito e ora vuoi che me lo riprenda? Sei pazza? O è malato e hai paura di doverlo accudire?”

“No, Daniele sta bene,” si affrettò a dire Agata.

“Allora che succede? Non lo ami più?”

“Non l’ho mai amato,” confessò. “L’ho preso solo per farti un dispetto.”

“A me? Perché?”

“Perché tu avevi tutto, io niente! Eri più brava, più bella, più fortunata. Io ero solo la tua ombra. Daniele guadagnava bene, e io ne ho avuto abbastanza. Ho voluto pareggiare i conti. Ci ho messo anni.”

“E ora non lavora più?”

“Ora sa solo bere e dormire sul divano. Non abbiamo figli, non posso dargliene. Lui li voleva. Sì, lavora ancora, ma beve troppo,” aggiunse in fretta.

“Quindi vuoi restituirmelo?”

“No, Eva. Non per questo. Mi sono innamorata,” disse con sincerità. “Davvero, questa volta. Non posso vivere senza di lui. Forse potrei anche avere un figlio, finalmente.” Guardava Eva con occhi supplici.

“E di me non hai pensato, come al solito. Hai rovinato la mia vita e quella di Daniele, e ora vuoi scaricarmelo? Sei sempre stata egoista.”

“Eva, cerc

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