Non come nella soap opera, ma quasi.
Ginevra amava le telenovele e sognava che la sua vita fosse perfetta come sullo schermo. Ma erano solo sogni, mentre la realtà era molto più semplice, e i desideri restavano tali. La sua esistenza scorreva tranquilla e monotona.
Si era sposata con Sandro, pensando forse di amarlo. Ma lui, irrequieto e infedele fin da ragazzo, non era cambiato. La condusse nella sua piccola casa in campagna. Dopo tre anni di matrimonio, annunciò:
“Me ne vado in città. Resta pure qui, se ti piace. Mi sento soffocare in questo paesino, la mia anima cerca altro.”
“Sandro, ma perché? Credevo andasse tutto bene,” tentò di fermarlo, confusa.
“Forse per te sì. Ma non per me.”
Con queste parole se ne andò, passaporto in tasca e pochi effetti personali in una vecchia borsa. I pettegolezzi si diffusero subito per il paese, le comari sussurravano a ogni angolo:
“Sandro ha lasciato Ginevra ed è scappato in città. Di certo c’è un’altra donna.”
Lei sopportò tutto in silenzio, senza lacrime né lamentele, continuando a vivere nella casa di lui. Non aveva dove andare: a casa dei genitori ormai c’era suo fratello con la famiglia numerosa, e per lei non c’era spazio. Non aveva avuto figli.
“Forse Dio ha capito che Sandro sarebbe stato un pessimo padre,” pensava Ginevra, osservando i bambini del villaggio.
La sera, dopo le faccende, si sedeva davanti alla tv a guardare storie di passioni e tradimenti, assorbendo ogni dramma. Poi restava sveglia a lungo.
Ogni mattina dava da mangiare alla maialina, alle oche, alle galline e al vitellino Plinio, che legava dietro l’orto invece di mandarlo al pascolo.
“Ginevra!” La voce della vicina la fece sobbalzare. “Plinio si è liberato, corre per il paese!”
“Dove?!” Uscì di corsa e lo vide azzannare la staccionata con le corna appena spuntate, cercando di sollevare i paletti del vicino.
“Plinio, Plinio,” lo chiamava dolcemente, offrendogli un pezzo di pane, ma lui scuoteva la testa. “Che il diavolo ti porti!” esclamò infine, e il vitello, quasi offeso, scappò via spaventando le anatre del vicino.
Chissà per quanto avrebbe inseguito Plinio, se non fosse stato per il trattorista Luca. Con un gesto sicuro, afferrò la corda spezzata, la tese verso di sé e riportò il vitello al recinto. Ginevra fissò le sue mani esperte e i muscoli ben definiti sotto la camicia sporca. Un desiderio improvviso la travolse: voleva che quegli stessi forti bracci la stringessero.
Poi scosse via quei pensieri, imbarazzata:
“Che mi prende? Come una gatta in calore.”
Si vergognò di quell’impulso.
“Dev’essere un sortilegio. Non ho mai provato niente per Luca, il mio ex compagno di scuola. Biondino, sempre a ridere, un burlone. E poi non è libero. Vive con quella gigantessa di Sonia, là accanto.” Distolse lo sguardo e si allontanò.
Ginevra aveva divorziato subito dopo la fuga di Sandro. Altri uomini le avevano fatto la corte, alcuni perfino proposto matrimonio, ma nessuno le piaceva. Così restava sola, senza amore.
Luca si puliva le mani sporche sull’erba, e lei, all’improvviso, disse:
“Vieni in casa, ti lavi le mani.” Lui la seguì in silenzio, e lei sentiva il suo sguardo ardente sulla schiena.
Notò subito che Luca la guardava in modo diverso e si domandò:
“Che gli prende?” Ma lui si lavò le mani sotto la pompa, si asciugò con l’asciugamano appeso, le lanciò un’occhiata carica di significato e se ne andò.
Da quel momento, entrambi sentirono che tra loro si era teso un filo invisibile, un segreto condiviso. Quando Luca passava, Ginevra arrossiva. E lui, ogni mattina, usciva di casa e faceva un giro più lungo solo per passarle accanto, anche se prima non lo aveva mai fatto.
Lei cominciò ad alzarsi presto, dicendo a se stessa che era per zappare l’orto nella frescura mattutina. Ma sapeva bene che voleva incontrare Luca, che ogni giorno andava al lavoro. Si scambiavano sguardi, e nei suoi occhi furbi leggeva un interesse genuino, forse addirittura adorazione.
Cercava di scacciare quei pensieri peccaminosi, e forse aveva paura di Sonia.
“Dio non voglia che Sonia ci veda. Mi farebbe a pezzi e mi metterebbe in ridicolo davanti a tutto il paese.”
Ma Luca continuava a passare, a lanciarle sguardi di fuoco, e lei ricambiava con dolcezza e un mezzo sorriso. Pensava che erano come nella telenovela *CentoVetrine*, e chissà come sarebbe finita, visto che anche quella serie non aveva mai una conclusione.
Una mattina, mentre spazzava il cortile, sentì una voce familiare:
“Ciao, Ginevrina.”
Era così che la chiamava Sandro.
Si voltò di scatto e lo vide: lo stesso sorriso sfacciato, gli occhi castani stretti in uno sguardo che un tempo le faceva battere il cuore, ora incorniciati da una barba trascurata.
“Eccomi qua… Mi riprendi indietro?”
“Perché? Non ti piaceva più la città?”
Questa volta il cuore non sussultò. Evidentemente non c’era mai stato amore, o se c’era, era svanito. La porta del suo cuore si era chiusa per sempre quando lui era partito senza di lei in cerca di una vita più allegra.
Sandro tornò a casa sua. Ginevra non aveva altro posto dove andare e non poteva impedirglielo. La notte chiudeva la porta della sua cameretta e spingeva un pesante comò davanti all’uscio, per fermarlo. L’ex marito si sistemò nell’altra metà della casa. A lei non restò che entrare e uscire dalla finestra.
Lui quasi mai stava a casa, tornava solo a tarda notte.
Luca continuava a passare, cupo. Finché un giorno vide Ginevra uscire dalla finestra, e dentro di lui ribollì di nuovo tutto.
“Quindi non lo ha riaccolto, se esce così.”
La mattina dopo, mentre scavalcava, sentì sotto i piedi un gradino improvvisato, poi un altro.
“Chi si sarà preoccupato di rendermi la vita più facile?” pensò. “Di certo non Sandro, lui non ha tempo. È sempre fuori a festeggiare il suo ritorno.”
Luca, quella notte, le aveva costruito una scaletta di legno. Non era sposato con Sonia, anche se vivevano insieme da anni. Lei era più grande di tre, e aveva una figlia da un matrimonio fallito. Luca, però, le voleva bene.
Sonia era entrata nella sua vita quasi per caso. Durante una sagra paesana, lui aveva bevuto troppo, e lei ne aveva approfittato per portarlo a casa e restare. Poi aveva portato anche la bambina. Sua madre viveva all’altro capo del paese.
Passò il tempo, arrivò l’inverno. I soldi di Sandro finirono presto, nessuno lo invitava più a bere, così ripartì per la città. Ginevra tirò un sospiro di sollievo. Ma anche per Luca le cose cambiarono: Sonia si ammalò. Una donna così forte, caduta all’improvviso.
La madre di SoniaLa madre di Sonia si prese la bambina, Luca fece il possibile per curarla, ma presto la portarono in ospedale, e lì Sonia morì, lasciando un vuoto che solo il tempo avrebbe potuto colmare, mentre Ginevra e Luca finalmente si trovarono a vivere il loro amore, liberi di scrivere una nuova storia insieme.