Non è giusto che i tuoi figli avranno una casa e mio figlio no: troviamogli un appartamento con un mutuo! Mio marito Antonio vuole che anche suo figlio del primo matrimonio abbia una casa come i nostri figli, ma io non capisco perché dovrei occuparmene io…

Non posso dirmi davvero tranquilla oggi. Che figura ci facciamo, se ai nostri figli daremo casa e il figlio di mio marito invece niente? Dobbiamo trovargli una soluzione, magari un appartamento tramite un mutuo

Da qualche giorno, mio marito Antonio ha sollevato questa questione, dicendo che i nostri figli avranno ciascuno una casa, mentre il suo primogenito no. Occorre pensare anche al suo futuro, secondo lui. Però, va chiarito: i miei figli sono anche figli di Antonio, mentre il figlio maggiore è nato dal suo primo matrimonio.

Mi domando, però, perché questa responsabilità dovrebbe ricadere su di me? Naturalmente sapevo che Antonio avesse già un figlio, non è che la cosa mi abbia spinta a sposarlo in fretta.

Abbiamo convissuto per tre anni prima di sposarci. Volevo vedere con i miei occhi quali rapporti avesse ancora con lex moglie e il figlio. Poi, un anno dopo il matrimonio, è nato il nostro primo bambino. Dopo altri due anni, il secondo.

Antonio è un ottimo marito, non posso lamentarmi: presente con me e con i nostri figli, lavora bene, contribuisce in casa, come si deve. Certo, qualche scaramuccia cè, ma fa parte della vita di coppia.

Viviamo nellappartamento che ho ereditato da papà. Mia madre ha divorziato quando ero in asilo. Dopo, si è risposata ma dal secondo marito non ha avuto altri figli.

Antonio e la sua ex moglie hanno sempre abitato in affitto. Hanno risparmiato a lungo, sperando in un mutuo per la casa, ma non ci sono mai riusciti. Dopo la separazione, lei è tornata dai suoi genitori, lui invece ha continuato a vivere in affitto.

Quando ci siamo sposati, si è trasferito da me. Non ci siamo messi a discutere su chi fosse il proprietario di casa, tanto la vivevamo insieme, condividendo anche le spese dei lavori di ristrutturazione e lacquisto dei mobili. Ma un anno e mezzo fa sono venute a mancare, una dopo laltra, le mie nonne: la madre di mamma e quella di papà. Entrambe hanno scritto nel testamento che mi lasciavano il loro appartamento.

Ora che i miei figli sono ancora piccoli, ho deciso di affittare questi due immobili. Col tempo, ognuno di loro ne riceverà uno. Per ora il ricavato dellaffitto di uno lo passo a mia madre, come integrazione alla sua pensione, laltro costituisce per me un piccolo extra allo stipendio. I soldi, si sa, non sono mai troppi.

Antonio non si è mai intromesso nella questione delle case, anche perché non hanno nulla a che vedere con lui. Glielho detto subito: quando i nostri figli saranno grandi, ognuno avrà un appartamento. Era daccordo, e il discorso è finito lì.

Poi, una sera, Antonio mi guarda serio e dice:
Tra poco mio figlio finirà il liceo. Ormai è grande, deve cominciare a pensare al proprio futuro!

Non capivo dove volesse arrivare, così lho ascoltato.
I tuoi figli hanno una casa. Il mio no! Dovremmo aiutarlo a comprarne una con un mutuo! mi ha detto, così, allimprovviso.

Sono rimasta senza parole. Avevo tante domande. Soprattutto: perché allimprovviso i nostri figli comuni sono solo miei? Antonio mi ha chiesto di non attaccarsi alle parole, di non polemizzare.

Mio figlio non erediterà nulla. Voglio che almeno abbia una casa sua, insisteva lui.
È comprensibile pensare al suo futuro! Ma anche lui ha una madre e un padre: perché non si occupano loro di questo? ho risposto.

Antonio mi ha spiegato che la sua ex moglie guadagna poco, i nonni devono aiutarla spesso. Lui stesso non può permettersi un mutuo in solitaria. Ma se io lo aiutassi, sarebbe tutto più semplice. In pratica, mi chiedeva di accettare un mutuo intestato al figlio, ma che noi due avremmo pagato insieme.

Insieme abbiamo due stipendi stabili e le entrate degli affitti: potremmo farcela! continuava Antonio.

Certo, potremmo anche riuscirci, ma dovremmo davvero stringere la cinghia. E poi Antonio deve già passare gli alimenti al figlio. Se questo figlio vorrà fare luniversità, Antonio dovrà aiutarlo di nuovo, perché la madre non ha nulla da parte. Così, a causa di queste spese, io e i miei figli dovremmo rinunciare alle vacanze, niente mare, niente piccoli extra. A che pro? Solo per permettere ad Antonio di fare la figura del buon padre?

Capirei se Antonio avesse garantito una casa anche ai nostri figli, e volesse allora farlo anche col maggiore. Ma sono stata io a garantire le case ai nostri. Antonio non ha contribuito per niente a questo patrimonio: perché dovrei pagare le rate di un mutuo per un figlio non mio?

Ho risposto subito ad Antonio che se tanto ci tiene, che sia la sua ex moglie a prendersi il mutuo. Può pagare le rate con lassegno di mantenimento.
Io, però, non voglio entrarci!

Antonio da allora non mi parla. È ormai una settimana che fa il muso duro. Mi spiace davvero che lui non riesca a vedere la situazione dal mio punto di vistaNon è facile convivere con il silenzio che si insinua tra le mura di casa, più pesante dei litigi, più tagliente di qualunque parola. I bambini percepiscono la tensione, anche se cercano di camuffarla con un sorriso o una carezza in più. Ogni sera, a cena, Antonio abbassa lo sguardo e mastica piano, come se pesasse ogni azione.

Poi, venerdì sera, torna dal lavoro prima del solito. Appoggia la giacca, si siede al tavolo senza salutarmi. Ma stavolta sono io, per una volta, a rompere il ghiaccio:
Antonio, lo sai che ti voglio bene. Ma se non mi parli, come possiamo capire luno il punto di vista dellaltra?

Lui stringe i pugni, poi li distende sul tavolo, quasi volesse radicarsi lì, nella nostra vita.
Vorrei solo un po di giustizia, sai? Da padre sento di aver fallito con lui. Perché i nostri figli avranno tutto facile, e il primo, invece, dovrà faticare mille volte di più?

Non sono insensibile a questo dolore. Capisco le sue ferite e le sue paure. Ma non posso mettere a rischio ciò che ho costruito solo per rimediare a errori che non sono miei.
Forsegli dico con dolcezzaessere un buon padre non significa soltanto regalare una casa. Magari basta esserci, accompagnarlo quando avrà bisogno, aiutarlo a diventare indipendente come fanno tanti ragazzi. Sai, anche mio padre ha cresciuto me, aiutandomi quando poteva, ma il resto me lo sono guadagnato da sola.

Antonio si appoggia allo schienale, esausto. Mi guarda per la prima volta dopo giorni.
E se lui mi odierà per non avere quello che avranno gli altri?

Gli prendo la mano.
Forse no. Magari ti sarà grato perché gli hai dato fiducia. Perché gli hai insegnato che la vita non regala niente, ma insieme si affronta tutto.

Scuote la testa, ma un sorriso timido gli scappa dalle labbra, quello che riserva solo agli autentici momenti di resa.
Forse hai ragione tu, sussurra, forse darò a mio figlio il coraggio, piuttosto che una casa.

Quella sera ceniamo in pace. I bambini raccontano le loro giornate e Antonio finalmente li ascolta, davvero. Io lo guardo e so che non sarà facile, ma questo è il compromesso più onesto: condividere, senza annullarsi.

E mentre metto a dormire i piccoli, mi stringe allimprovviso sul pianerottolo.
Grazie, mi sussurra piano, per avere capito tutte le mie paure.

Il silenzio finalmente si scioglie. La vita, ci penso, è davvero questa: imparare a intrecciare destini diversi, senza mai smettere di ascoltarsi.

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