Era una sera di pioggia sottile, quella in cui Elena se ne andò. Non ce laveva fatta a riprendersi dal parto, lasciando Ettore solo con cinque figli da crescere.
Il più grande, Nicola, aveva appena compiuto nove anni. Poi cera Luca, di sette. I gemelli, Matteo e Davide, ne avevano quattro. E la più piccola, la tanto attesa Caterina, aveva solo tre mesi.
Non cera tempo per il dolore, quando i bambini chiedevano da mangiare. Ma dopo averli messi a letto, a mezzanotte, Ettore restava in cucina, fumando una sigaretta dopo laltra, il cuore stretto in una morsa.
Allinizio, aveva fatto del suo meglio. La cognata era venuta ad aiutarlo per un po. Ma non avevano altri parenti. Aveva provato a portarsi via Matteo e Davide, dicendo che sarebbe stato più facile per lui. Poi erano arrivati quelli dei servizi sociali.
Volevano portare tutti i bambini in un orfanotrofio. Ma Ettore non aveva intenzione di separarsi da loro. Come poteva abbandonare i propri figli? Difficile, certo, ma cosa doveva fare? Crescevano, giorno dopo giorno. Prima o poi sarebbero diventati grandi.
A volte riusciva persino a controllare i compiti dei più grandi. Caterina era quella che dava più preoccupazioni, ovvio. Ma Nicola e Luca aiutavano come potevano.
Poi cera linfermiera pediatrica, Anna Maria, che veniva spesso a controllare. Un giorno promise a Ettore di mandare una ragazza che potesse aiutare con la bambina. Disse che era una brava lavoratrice, che faceva lassistente allospedale.
Non aveva figli suoi, non era sposata. Ma aveva aiutato a crescere i suoi fratelli, veniva da una famiglia numerosa di un paese vicino. E così entrò nella loro casa Lucia.
Bassa, forte, con un viso rotondo e una treccia fuori moda che le scendeva fino alla vita. E soprattutto, silenziosa. Non sprecava una parola. Ma tutto cambiò in quella casa. Le pareti tornarono a brillare, ogni angolo fu lavato e sistemato.
Rammendò i vestiti dei bambini, li lavò con cura. Si occupò di Caterina, cucinò, fece tutto. A scuola e allasilo notarono subito la differenza. I bambini erano puliti, ordinati, i bottoni non erano più attaccati con filo nero sulle camicie bianche.
Una volta Caterina si ammalò, la febbre alta. Il medico disse che sarebbe guarita, ma serviva attenzione. E Lucia rimase sveglia tutta la notte accanto a lei, senza mai chiudere occhio. La curò. E senza che nessuno se ne accorgesse, rimase in quella casa per sempre.
I più piccoli cominciarono a chiamarla mamma, avevano fame di quellaffetto che mancava. E Lucia non si tirava indietro. Una carezza, una parola buona, un abbraccio. Erano pur sempre bambini.
Nicola e Luca allinizio erano diffidenti, non la chiamavano in nessun modo. Poi iniziarono a dirle semplicemente Lucia. Né mamma, né tata. Solo Lucia. Per ricordare che la loro vera madre cera stata. E poi, per letà, avrebbe potuto essere più una sorella maggiore.
I parenti di Lucia non erano contenti.
«Perché ti metti addosso un peso così?» le dicevano. «Non ci sono abbastanza uomini in paese?»
«Gli uomini ci sono» rispondeva lei. «Ma Ettore mi fa pena E i bambini si sono affezionati, ormai.»
E così vissero. Quindici anni passarono in un soffio. I bambini studiavano, crescevano. Non tutto era facile, a volte combinavano guai. Ettore si arrabbiava, cercava la cinta. Ma Lucia lo fermava: «Aspetta, prima bisogna capire cosè successo.»
Litigavano, poi facevano pace. Nessuno in paese la chiamava più Lucia. Ora era signora Ludovica, rispettata da tutti. Nicola si era sposato quellanno, aspettavano il primo figlio.
I giovani vivevano per conto loro, Nicola lavorava nella cooperativa agricola. Non era lultimo arrivato: ogni anno cera un premio, un riconoscimento. Luca stava finendo luniversità in città, e Lucia ne era così fiera: suo figlio sarebbe diventato ingegnere.
Facevano tutto insieme: scherzavano, si proteggevano. Caterina era passata alle superiori, unaltra fonte di orgoglio per Lucia. Cantava, ballava, ogni festa del paese era più viva con lei.
Ettore ripensava spesso a quanto aveva avuto fortuna con la scelta di Anna Maria
Quellestate, però, Lucia cominciò a sentire che qualcosa non andava. Aveva le vertigini, a volte le si annebbiava la vista.
Cominciò a mandare Ettore fuori a fumare, il fumo la faceva stare peggio. Sperava che passasse, ma non fu così. Alla fine andò dal medico.
Tornò a casa silenziosa, pensierosa. Alle domande di Ettore rispose solo: «Niente di grave.»
Ma quella sera, quando tutti dormivano, chiamò Ettore in giardino.
«Siediti» gli disse. «Devo parlarti Sai cosa mi ha detto il dottore? Avrò un bambino È troppo tardi per fare altro, dobbiamo tenerlo.» Si coprì il viso con le mani. «Che vergogna»
Ettore rimase senza parole. Dopo tutti quegli anni senza figli, proprio ora!
«Vergogna?» disse. «I grandi sono quasi tutti fuori casa, saremo di nuovo in due! La natura sa quello che fa. Preparati, faremo tutto come si deve.»
«E i bambini? Diranno che sono troppo vecchia»
«Vecchia? Trentanove anni, ma che dici?»
«Non so cosa fare Che vergogna.»
«Va bene. Glielo dico io. Domani, quando sono tutti qui.»
E lo disse. Appena si sedettero a tavola, parlò chiaro.
«Figli miei» disse. «Presto avrete un altro fratello. O una sorella. Ecco.»
Lucia abbassò lo sguardo, fissando il piatto, arrossendo fino alle lacrime.
Nicola, che era venuto con la moglie per la domenica, scoppiò a ridere.
«Fantastico, mamma! Brava! Farai compagnia a mia moglie, i due piccoli cresceranno insieme!»
Anche Matteo era felice:
«Dai, mamma! Un altro fratellino!»
Ma Davide lo interruppe:
«No Una femmina. Abbiamo già troppi maschi, cè solo Caterina. Lavete già viziata abbastanza»
Caterina gli lanciò unocchiata.
«Viziata Tu non hai mai fatto niente per me! Certo, deve essere una femmina, mamma! Le farò i fiocchi, le compreremo vestiti bellissimi!»
«Vestiti Non è una bambola!» intervenne Luca. «Un figlio va anche educato» aggiunse, serio.
«Lo educheremo» disse Ettore.
Ma Lucia continuava a vergognarsi, coprendosi il ventre con uno scialle o, nei giorni più caldi, con un cappotto, come se avesse freddo.
I mesi passarono veloci. Era già arrivato il figlio di Nicola, un maschietto! Luca tornò alluniversità, finite le vacanze. Matteo e Davide partirono per listituto agrario.
E Caterina ricominciò la scuola. La casa si svuotò, il silenzio era ovunque. Caterina era sempre fuori, tra scuola e amiche. E poi cera quel ragazzo che ora la accompagnava a casa dopo le serate di ballo.
Una notte, Lucia non riusciva a dormire, aspettando Caterina. E allimprovviso, il dolore. Forte, acuto.
«Ettore» chiamò,






