Oggi è un giorno che non dimenticherò mai.
“Non è mio figlio,” ha sibilato il milionario prima di ordinare alla moglie di prendere il bambino e andarsene. Se solo avesse saputo
“Chi è questo?” ha chiesto con una voce fredda come lacciaio Lorenzo De Santis nel momento in cui Francesca varcava la soglia di casa, stringendo al petto il neonato. Nei suoi occhi non cera gioia, né tenerezzasolo un lampo di rabbia. “Credi davvero che lo accetterò?”
Era appena tornato da un altro viaggio di lavoro: contratti, riunioni, volila sua vita ormai era diventata una corsa infinita tra aeroporti e sale conferenze. Francesca lo sapeva già prima del matrimonio e aveva accettato quel destino.
Si erano conosciuti quando lei aveva diciannove anni: una matricola di medicina e un uomo come quelli che sognava da ragazzinaaffermato, sicuro, incrollabile. Una roccia dietro cui ripararsi. Con lui, credeva Francesca, si sarebbe sentita al sicuro.
Eppure, nel giorno che avrebbe dovuto essere il più luminoso, tutto si era trasformato in un incubo. Lorenzo aveva guardato il bambino, e il suo volto era diventato quello di un estraneo. Aveva esitato un attimopoi la sua voce era caduta come una lama.
“Guardalonon ha niente di me. Non è mio figlio, mi senti? Mi prendi in giro? A che gioco stai giocandopensavi di farmi fare la figura dello stupido?”
Le parole lavevano colpita come una frustata. Francesca era rimasta immobile, il cuore che le batteva forte in gola, la testa che ronzava di paura. Luomo a cui aveva affidato tutto la stava accusando di tradimento. Lo amava con tutta lanima, aveva rinunciato ai suoi sogni, alle ambizioni, alla vita di primasolo per diventare sua moglie, dargli un figlio, costruire una famiglia. E ora le parlava come a un nemico alle porte.
Sua madre laveva avvertita.
“Che ci trovi in lui, Francesca?” diceva sempre Elena. “È il doppio più vecchio di te. Ha già una figlia. Perché vuoi farti carico di essere una matrigna? Cerca qualcuno alla tua altezza, qualcuno che sarà un vero compagno.”
Ma Francesca, accecata dalla luce del primo amore, non lascoltava. Per lei, Lorenzo non era semplicemente un uomoera il destino, la protezione che le era sempre mancata. Cresciuta senza padre, desiderava un marito forte e affidabile, un custode della famiglia che finalmente avrebbe potuto chiamare sua.
La prudenza di Elena era inevitabile: per una donna della sua età, Lorenzo sembrava un pari, ma non certo un compagno per sua figlia. Per Francesca, invece, era la felicità. Si era trasferita in una casa spaziosa e ben arredata e aveva cominciato a sognare.
Per un po, la vita era sembrata perfetta. Francesca aveva continuato gli studi in medicina, realizzando in parte il sogno mancato di sua madreanche Elena aveva voluto diventare medico, ma una gravidanza precoce e un uomo incostante avevano cancellato quella strada. Cresciuta sola, aveva lasciato nel cuore di sua figlia un vuoto che spingeva Francesca a cercare un uomo “vero”.
Lorenzo aveva riempito quel vuoto. Francesca sognava un figlio, una famiglia completa. Due anni dopo il matrimonio, scoprì di essere incinta. La notizia laveva illuminata come la luce della primavera.
Sua madre si era preoccupata:
“Francesca, e la tua laurea? Vuoi davvero mollare tutto? Hai lavorato così tanto!”
La preoccupazione era giustificata: la medicina richiede sacrificiesami, tirocini, stress costante. Ma di fronte a ciò che cresceva dentro di lei, nientaltro contava. Un figlio era il senso di tutto.
“Tornerò dopo il congedo,” aveva detto sottovoce. “Ne voglio più di uno. Due, forse tre. Ci vorrà tempo.”
Quelle parole avevano fatto scattare un campanello dallarme nel cuore di Elena. Sapeva cosa significava crescere un figlio da sola. “Avere tanti figli,” ripeteva spesso, “è una benedizione solo se sai sollevarli da sola, se tuo marito se ne va.” E ora il suo peggiore presentimento era sulla soglia di casa.
Quando Lorenzo cacciò Francesca come un peso inutile, qualcosa in Elena si spezzò. Strinse a sé sua figlia e il nipote, la voce che tremava di rabbia:
“Ma è impazzito? Come ha potuto? Dovè finita la sua coscienza? Ti conoscotu non lo tradiresti mai.”
Ma tutti gli avvertimenti e gli anni di consigli delicati si erano scontrati con lostinata fede di Francesca nellamore. Tutto ciò che Elena poteva dire ora suonava amaro e semplice:
“Te lavevo detto chi era. Non hai voluto vedere.”
Francesca non aveva la forza di discutere. La tempesta dentro di lei aveva lasciato solo dolore. Si era immaginata unaccoglienza diversa: Lorenzo che prendeva in braccio il bambino, la ringraziava, li abbracciavafinalmente una vera famiglia. Invece, freddezza, rabbia, accuse.
“Via, traditrice!” aveva urlato lui, abbandonando ogni dignità. “Con chi sei stata? Credi che non lo sappia? Ti ho dato tutto! Senza di me saresti ancora in una stanza di studente, a sgobbare sui libri di medicina, a lavorare in qualche ospedale dimenticato da Dio. Non sai fare niente. E osi portare in casa mia un figlio che non è mio? Dovrei tollerarlo?”
Francesca, tremante, aveva cercato di farlo ragionare. Lo supplicava, lo assicurava che si sbagliava, gli chiedeva di ripensarci.
“Lorenzo, ricordi quando hai portato a casa tua figlia? Nemmeno lei sembrava te allinizio. I bambini cambiano: gli occhi, il naso, le espressioni si definiscono col tempo. Sei un uomo adulto. Come fai a non capirlo?”
“Menzogne!” aveva tagliato corto lui. “Mia figlia era identica a me dal primo giorno. Questo bambino non è mio. Prendi le tue cose. E non aspettarti un centesimo!”
“Ti prego,” sussurrò Francesca tra le lacrime. “È tuo figlio. Fai un test del DNAlo dimostrerà. Non ti ho mai mentito. Ti supplico credimi, almeno un po.”
“Correre nei laboratori e farmi umiliare? Pensi che sia così ingenuo? Basta! È finita!”
Era affondato nella sua certezza. Nessuna supplica, nessun ragionamento, nessun ricordo del loro amore potevano smuoverlo.
Francesca, in silenzio, raccolse le sue cose. Prese il bambino, lanciò un ultimo sguardo alla casa che aveva voluto trasformare in un focolare, e fece un passo verso lignoto.
Non aveva altro posto dove andare se non da sua madre. Appena varcò quella soglia, le lacrime sgorgarono.
“Mamma sono stata stupida. Così ingenua. Perdonami.”
Elena non pianse.
“Basta. Hai partoritolo cresceremo insieme. La tua vita ricomincia ora, mi senti? Non sei sola. Riprenditi. Non mollerai gli studi. Ti aiuterò. Ce la faremo. Per questo ci sono le madri.”
Le parole si esaurironorimase solo la gratitudine. Senza la forza di Elena, Francesca sarebbe crollata. Sua madre nutriva e cullava il neonato, si alzava di notte, teneva saldo quel fragile filo che riportava Francesca alluniversità e la spingeva verso una vita nuova. Non si lamentava, non rimproverava, non smetteva di lottare.
Lorenzo sparì. Niente alimenti, né chiamate, né