Non sopportò più le scenate della suocera per salvare il matrimonio e fu la prima a chiedere il divorzio.
Hai di nuovo comprato quel burro? Ti avevo già detto, Fiorenza, che a Davide gli fa il bruciore di stomaco. Prendi quello giallo, è più economico e più naturale. Tu continui a sprecare soldi e quasi a far avvelenare il marito.
Guglielmina, la suocera, stava al centro della cucina con una confezione di burro come se fosse una rana velenosa. Fiorenza, appena uscita dal lavoro e desiderosa solo di una tazza di tè caldo e di silenzio, fece un profondo sospiro, cercando di trattenere lirritazione. Il copione si ripeteva con una regolarità quasi scenica: il pane non era quello giusto, il detersivo profumava di fiori di campo sbagliati, le tende pendevano storte.
Guglielmina, Davide usa quel burro da tre anni e non gli è mai capitato nulla, rispose calmissima Fiorenza, posando la borsa sullo sgabello. E per favore, mettilo in frigo, altrimenti si scioglie.
Ecco come ti rivolgi ai più anziani! sbottò la suocera, agitando le braccia. Davide! Mi senti? Mi preoccupo per la tua salute e tua moglie mi rimprovera come se fossi una zanzara!
Davide, il marito, era seduto davanti al televisore in salotto. Sentito il richiamo della madre, si trascinò a malincuore verso la cucina, con unespressione di colpa mista a stanchezza. Dopo cinque anni di matrimonio non era mai riuscito a fare da cuscinetto tra le due donne, preferendo la tattica dellistrice: testa sotto la sabbia e sperare che la tempesta si calmasse.
Mamma, Fiorenza, ma che diavolo succede ancora? mormorò, lanciando lo sguardo da una allaltra. Burro normale, mamma, passami pure.
No, ascolta, figliolo! ribatté la suocera, inflessibile. Lei non sa neanche gestire una casa. Nel frigo cè solo yogurt e lattughini. Il marito vuole carne! Polpette, minestrone corposo! E lei arriva tardi, stanca, e ti nutre con prodotti pronti. Io, a quegli anni, lavoravo, tenevo casa in ordine e facevo tutto!
Fiorenza sentì crescere dentro di sé una rabbia bollente. Lavorava come responsabile logistica in una grande azienda di trasporti, guadagnava un cinquanta per cento in più di Davide e, grazie a lei, avevano ristrutturato lappartamento e comprato una nuova utilitaria. Per Guglielmina, che aveva trascorso tutta la vita a fare la bibliotecaria parttime, la carriera della nuora era solo un rumore di fondo. Lunica cosa che contava era il minestrone.
Guglielmina, disse Fiorenza con tono glaciale lavoro fino alle sette di sera. Davide arriva alle cinque. Se ha fame di carne, può cucinare un filetto da solo, ha le mani.
Davide in cucina? sbuffò la suocera, stringendo al petto il grande pendente dambra. È una cosa da donne! Lo hai trasformato in un servo! Vedi dove sei arrivato, figliolo! Tua moglie non ti nutre, non ti rispetta, tua madre non ti paga neanche un centesimo!
Davide fece una smorfia.
Mamma, davvero, posso fare gli gnocchi. Basta non cominciare. Fiorenza è stanca.
Stanca? Io non sono stanca! Ho attraversato tutta la città, con i cambi, portandoti marmellata di ribes, focaccine, perché sapevo che voi siete affamati!
In realtà Guglielmina abitava a trentanni di minuti dautobus dalla loro casa, e la marmellata era solo la scusa per una visita di ispezione. Aveva le chiavi dellappartamento, che Davide le gli aveva dato per ogni evenienza un anno prima, nonostante le proteste di Fiorenza. Da allora le emergenze capitavano duetre volte a settimana. La suocera poteva comparire quando nessuno cera, rimettere le pentole al loro posto in ordine, innaffiare le piante fino a farle marcire, e lasciare un biglietto con un elenco di difetti.
Grazie per la marmellata, estrasse Fiorenza. Prendiamoci un tè.
La serata si trascinò in un silenzio teso, interrotto solo dai monologhi della suocera sui rincari delle bollette, sulla gioventù di oggi e su come la vicina Veronica avesse una nuora doro, non una donna. Fiorenza masticava un biscotto troppo salato, chiedendosi quanto ancora potesse sopportare.
Quella notte, quando Guglielmina finalmente se ne andò, Fiorenza cercò di parlare con il marito.
Davide, dobbiamo prendere le sue chiavi, disse, sdraiata al buio, fissando il soffitto.
Perché? si irrigidì lui. Mamma vuole solo aiutare. È sola, suo padre è morto, noi siamo la sua luce.
Non è luce, è un proiettore che brucia tutto. Invade la nostra privacy. Lultima volta ha spostato la mia biancheria perché non era fengshui. Non ti sembra assurdo?
Non lo fa con cattiveria, Fiorenza, è solo vecchia abitudine. Sopporta, per favore. Per me. Non voglio litigare con lei, altrimenti la pressione sale e… sai cosa succede con l’ambulanza, le iniezioni
Fiorenza si girò sul fianco, con la schiena verso Davide. Sopporta divenne il motto della loro vita matrimoniale: sopporta le critiche, le visite senza avviso, i consigli non richiesti.
Il conflitto scoppiò di nuovo un mese dopo, quando Fiorenza e Davide avevano programmato una vacanza di sei settimane al mare, avevano prenotato lalbergo e comprato i biglietti.
Due giorni prima della partenza squillò il telefono.
Davide! tremò la voce della suocera. Sto male, il cuore mi stringe, non riesco a respirare! Vieni subito!
Davide impallidì, lasciò la valigia incompleta e corse da sua madre. Fiorenza lo seguì, con un dubbio sinistro che le si insinuò nello stomaco.
Quando irromperono nellappartamento di Guglielmina, la trovarono sul divano con un asciugamano bagnato sulla fronte e un misuratore di pressione sul tavolino.
Oh, figlio mio, sei arrivato gorgogliò. Non pensavo di rivederti. È un attacco
Mamma, hai chiamato l’ambulanza? afferrò Davide il polso.
Lambulanza? La uccidono. Voglio solo che tu sia qui, mi dia dellacqua, mi tenga la mano. È spaventoso stare da sola.
Mamma, domani voliamo, le ricordò Davide.
Guglielmina lo guardò con gli occhi di un cigno morente.
Come voli, Davide? Lasci la mamma in questo stato? E se questa notte?
Davide fissò Fiorenza, il panico nei suoi occhi.
Fiorenza, disse con decisione, se sei malata chiamiamo i medici. Se dicono di ricoverarti, annulleremo il viaggio. Se è solo pressione, assumeremo una badante per una settimana.
Badante?! strillò la suocera, allontanando il fazzoletto dal naso. Un estraneo in casa? Sei pazza! Vuoi la mia morte? Solo tu pensi al tuo weekend in qualche località di lusso!
Fiorenza tirò fuori il cellulare.
Chiamo la polizia, denunciamo lintrusione.
Gli occhi della suocera si spalancarono. La compagna di Guglielmina, Lidia, una signora con una permanente chimica, si avvicinò con un sorriso forzato.
Non è una brutta idea! disse Lidia. Un po daria fresca!
La suocera sbuffò, il suo anello dambra scivolò sul petto.
Vuoi la polizia contro tua madre? sussurrò Guglielmina.
La chiamerò. Se non uscite subito e non restituite le chiavi
Lidia, confusa, cercò di scappare, ma la suocera le afferrò la manica.
Ti faccio venire il freddo! urlò. Ti farò rimpiangere di aver messo piede qui!
Guglielmina lanciò il mazzo di chiavi a terra; il tintinnio riecheggiò sul pavimento.
Sarai benedetta! gridò, mentre la porta si sbatteva, facendo volare la malta.
Fiorenza raccolse le chiavi tremando, si sedette sulla sedia, osservando la macchia di tè sulla tovaglia e gli sgombri di sardine.
Quella sera tornò Davide, in preda al panico dopo una telefonata della madre, che aveva raccontato della rivolta di Fiorenza, delle minacce alla suocera e del suo cambio dabito al freddo di settembre.
Che stai facendo?! sbottò Davide, entrando di corsa. La madre ha avuto un infarto! Hai chiamato la polizia? Sei impazzita?
Fiorenza, seduta sul divano, aveva già impacchettato tre valigie e due scatole.
Non ho minacciato, Davide. Ho difeso la mia casa. Tua madre ha introdotto persone estranee, ha rovistato tra i miei oggetti e ha mangiato il mio cibo.
È solo un tè, è anche casa mia!
No, Davide. Questa non è la tua casa. Tu vivi qui finché siamo una famiglia. Ma la famiglia non esiste più.
Davide guardò le valigie, il volto impallidito.
Davvero? Per una lite? Fiorenza, stai esagerando. La mamma è anziana, si spaventa. È solo il denaro del viaggio che ti preoccupa.
Scusarmi? rise amaramente Fiorenza. Non è una lite, è un matrimonio con tua madre. Sono unospite indesiderata, una cassettiera, un portafoglio e una vittima. Voglio tornare a casa e sentirmi al sicuro. Con te e tua mamma è impossibile.
A chi serve? sbottò Davide, capendo che i soliti trucchi non funzionavano più. A una quarantenne divorziata? Pensavi di trovare un principe? Ti ho sopportato, ma un altro giorno non ce la farò più!
Proviamolo, replicò Fiorenza. Vai da tua madre, le fai il minestrone.
E me ne vado! afferrò la sua valigia. Tornerai a piangere da sola!
Uscì di casa, chiuse la porta a chiave e poi a catena. Per la prima volta da anni sentì le spalle rilassarsi. Il silenzio non era vuoto, ma risonante, curativo.
Nei due mesi seguenti Davide continuò a mandare messaggi disperati sullo stato di salute della madre, poi minacciò di dividersi la macchina (che per fortuna Fiorenza aveva intestato al padre) e di chiedere risarcimenti per le riparazioni (le fatture erano ben conservate). Guglielmina spargeva voci tra conoscenti, dipingendo la nuora come una truffatrice e una psicopatica.
Fiorenza chiese il divorzio per prima. In tribunale Davide apparve sgualcito, con la camicia stropicciata probabilmente la madre gli aveva detto che il ferro da stiro era nocivo. Tentò di riconciliarsi, sussurrando parole damore, che sua madre aveva promesso di rispettare la neutralità.
Troppo tardi, Davide rispose Fiorenza ho già smettere di mettere il lauro nella zuppa se non lo voglio.
Un anno dopo Fiorenza era al bar con unamica, rideva e sorseggiava un cappuccino. Era splendida nuova pettinatura, occhi scintillanti. Aveva iniziato a ballare, come sognava, e aveva ottenuto una promozione al lavoro.
Dalla finestra vide Davide passare accanto a Guglielmina. La suocera gli spetteggiava qualcosa, indicando con il dito una vetrina, e Davide annuiva, curvo, con le spalle pesanti di sacchi.
Lamica la osservò.
Ti rimpiangi? chiese.
Fiorenza sorseggiò il caffè, sorrise.
Solo una cosa: non aver preso le chiavi cinque anni fa.
Voltò le spalle alla strada, dove una vita altrui continuava tra rimproveri, controlli e sceneggiature altrui. Dentro, però, cera la sua vita, e quella era splendida.





