“Mamma, ma perché ricominci?” sbotta Giuseppe infastidito, senza alzare lo sguardo dal telefono. “Ti ho detto che sono occupato!”
“Occupato lui!” Nina sbatte lo straccio bagnato sul tavolo. “Quarant’anni quasi, e sempre come un ragazzino! Giuseppe, ti prego, va’ a trovare nonna Caterina. Ha chiamato ieri, si lamenta di non sentirsi bene!”
“Mamma, ho un incontro tra un’ora! Importante!” Giuseppe finalmente strappa gli occhi dallo schermo. “Ci vado dopo, stasera o domani.”
“Domani, dopodomani…” Nina siede di fronte, sfinita. “Tua nonna ha ottantatré anni e trovi sempre una scusa.”
“Non cominciare questo ritornello!” Giuseppe si alza, ficcando il telefono in tasca. “Io lavoro, capisci? Guadagno soldi! Mica come certi che sanno solo lamentarsi!”
Nina trasale per la durezza, ma tace. Abituata a questi discorsi, lui è sempre stato così, soprattutto con gli obblighi familiari.
“Va bene,” sussurra. “Ci vado io allora. Peccato che la macchina è dal meccanico, e l’autobus ci mette due ore sola andata…”
“E allora? Prendi l’autobus, che c’è di male? O chiama un taxi!”
“Col taxi costa troppo, figlio. La pensione è misera, lo sai.”
“So, so!” Giuseppe è già sulla porta. “Senti, mamma, ne parliamo dopo? Davvero di fretta!”
La porta sbatte. Nina resta sola in cucina, dove ancora fluttua l’odore del minestrone che aveva cucinato per lui. Non ha nemmeno toccato il cibo.
Si avvicina alla finestra, guarda il figlio salire sulla sua macchina nuova. Bella, costosa. Giuseppe ne è orgoglioso, ne decanta i pregi. Ma portare la madre dalla nonna? Non ha tempo.
Tira fuori dal borsone un portafoglio scolorito, conta gli spiccioli. Il taxi fino a Monza è troppo caro. Si dovrà accontentare del bus.
Prende la borsa con i cibi per la suocera, si fascia la testa con lo scialle ed esce. Alla fermata, quindici minuti a piedi. Nina cammina lenta, fermandosi a riprendere fiato. Il cuore ultimamente sfarfalla, ma non va dai dottori. Non ha tempo, né soldi da spendere.
Alla fermata aspetta mezz’ora. L’autobus arriva stracolmo, Nina si infila a fatica. Viaggio lungo, con cambi. I giovani seduti con le cuffie, occhi ficcati negli schermi. Nessuno cede il posto all’anziana.
Finalmente arriva alla cascina dove vive Caterina. La casetta vecchia, ai margini, circondata da un giardino selvatico. Apre il cancello, percorre il sentiero fino all’uscio.
“Nonna!” chiama, bussando. “Sono io, Nina!”
La porta si apre lentamente. Caterina, madre del defunto marito di Nina, è sulla soglia, appoggiata al bastone. Si è assottigliata dall’ultima volta.
“Ninetta! Che bello, sei venuta! Avanti, avanti!”
“Come stai, nonna?” Nina l’abbraccia, la bacia sulla guancia. “Sei dimagrita tanto, vedo.”
“Eh, che vuoi…” Caterina la guida in sala. “Niente appetito. E non dormo. Dolori ovunque…”
“Sei andata dal dottore?”
“Sì, sì. Dicono, l’età. Che fare, ottantatré anni, sai?” La vecchia fa sedere Nina. “Vuoi un caffè?”
“Certo.” Nina estrae dalla borsa pacchetti di cibo. “Ti ho portato il minestrone, le polpette, e delle piadine.”
“Oh, grazie cara!” Caterina sorride. “Dov’è Giuseppino? È un secolo che non lo vedo.”
Nina esita un attimo, versando l’acqua per la moka.
“Lavora tanto, nonna. Impegnato.”
“Capisco,” annuisce Caterina. “Un uomo deve lavorare. Solo che…” tace, poi aggiunge sommesso: “Solo che mi manca. È il mio unico nipote.”
“Lo so, nonna. Ti manca anche lui, è che non ha tempo.”
“No, Ninetta,” Caterina scuote la testa. “Non gli manco. Se gli mancassi, troverebbe il tempo. Tu lo hai trovato.”
Nina non sa rispondere. Ci ha pensato spesso. Giuseppe potrebbe davvero trovare il tempo, se volesse. Ma non vuole. Lo annoia starsene nella vecchia casa, tra racconti di acciacchi e ricordi.
“Raccontami tu di te,” chiede Nina.
“Che vuoi raccontare…” Caterina alza le spalle. “Mi sveglio, faccio colazione, giro per casa. La vicina Maria a volte passa, due chiacchiere. Poi sola. Guardo la tv, ma passano cose brutte…”
“E la salute?”
“Male, Ninetta. Proprio male. Il cuore duole, fitte sul petto. La testa gira. Ieri sono caduta in cucina, per fortuna ho preso il tavolo.”
“Nonna!” Nina si spaventa. “Perché non l’hai detto subito? Forse l’ambulanza?”
“E che ambulanze… Vengono, guardano e dicono – l’età. Le medicine costano, con la pensione non arrivo.”
“Non pensarci ai soldi. Ti aiutiamo noi con le medicine.”
“Mi aiuta Giuseppino?” chiede la vecchia con speranza.
“Certo,” mente Nina. Sa che al figlio bisognerà spiegare, insistere, e lui si seccherà per la spesa.
Passano insieme il pomeriggio. Caterina parla dei vicini, dei suoi malanni, della nostalgia per il figlio scomparso. Nina ascolta, annuisce, prepara la cena in cucina.
“Ninetta,” dice Caterina quando scende il buio. “Rimani la notte? Ho
E il suo cuore rimase un libro chiuso di cui non avrebbe mai sfogliato le pagine più preziose.