Non ho dimenticato nulla

“Non ho dimenticato nulla.”

– Sembri andare in ospedale da tua sorella troppo spesso ultimamente, ogni giorno corri lì con borse piene, – disse con disappunto Andrea alla moglie Anastasia, quando lei tornò dall’ospedale e si sedettero a cenare.

– Perché ti dà così fastidio? – si meravigliò Anastasia.

– Non è che mi dia fastidio. Capisco, è tua sorella. Però, Caterina non è in condizioni gravi, e c’è chi può visitarla oltre a te. Marito, figlia, figlio con nuora… Perché devi andarci ogni giorno? O c’è un bel dottore e tu, per lui, visiti tua sorella ogni giorno?

– Che sciocchezze dici, Andrea! – lo riprese Anastasia. – Da dove ti viene questo? E poi, il medico curante di Caterina è una donna. Quindi la tua teoria è caduta…

– No, Anastasia, davvero, spiegamelo. Che necessità c’è di andare in ospedale a trovare tua sorella ogni giorno dopo il lavoro? Ti alzi ora alle sei del mattino, prepari decotti e brodi… Poi dopo il lavoro corri a casa, prepari la borsa e ti precipiti in ospedale da tua sorella? È una sorta di martirio, sinceramente. Sei stanca, non dormi abbastanza. Guarda le occhiaie sotto gli occhi…

– Va bene, te lo racconterò, altrimenti non mi lascerai in pace, – sospirò Anastasia, sistemando i piatti. – Ora preparo il tè e ne parliamo.

– Va bene, – si rallegrò il marito, – perché veramente non capisco nulla…

***

A diciassette anni, Anastasia Venzi, dopo il diploma, venne nella grande città per iscriversi all’università o a un istituto tecnico, come avrebbe potuto. Era nata e cresciuta in un piccolo paese dove non c’era possibilità di continuare gli studi e ottenere un lavoro. Anastasia desiderava ottenere un diploma e diventare avvocato.

Non riuscì a entrare all’università, ma fu comunque accolta in un istituto tecnico legale, di cui fu immensamente felice. Non voleva tornare al paese, dove non c’erano prospettive. Non desiderava lavorare come commessa come sua madre e non voleva vivere in paese.

Anastasia era determinata a rimanere in città. Studiare, trovare un lavoro e sistemare la propria vita personale. Al paese sarebbe andata in visita e avrebbe aiutato i genitori una volta sistemata. Era certa che tutto sarebbe andato per il meglio e aveva piani molto ambiziosi.

A scuola, Anastasia frequentava Vittorio Carlini, un compagno di classe. Ma, al contrario di Anastasia, Vittorio non desiderava la vita cittadina e non aveva intenzione di lasciare il paese natale. Subito dopo la scuola si impiegò in una fattoria, dove lavoravano i suoi genitori, e intendeva andare in servizio militare per poi continuare a lavorare lì… Una vita del genere gli andava a genio.

Anastasia era invece terrorizzata da simili prospettive, e così si separò facilmente da Vittorio, conscia che non era l’eroe del suo romanzo. Non avevano un futuro assieme. Anche Vittorio non si turbò troppo, e già dopo sei mesi, compiuti i diciotto anni, sposò Alessandra, che lo amava da tempo e alla quale finalmente prestò attenzione.

Entrata all’istituto, Anastasia ottenne un posto nel dormitorio e iniziò ad abituarsi alla nuova vita. S’impegnava a studiare bene per ottenere una borsa di studio superiore. I genitori le inviavano mensilmente un vaglia postale e in generale, non era male. Non faceva vita lussuosa, certo, ma nemmeno doveva tirare la cinghia o patire la fame.

Quel giorno d’autunno, Anastasia lo ricorda ancora nei minimi dettagli… Stava viaggiando in autobus, tornando dalla biblioteca accademica, dove si stava preparando per un seminario di diritto civile. Si trattenne a lungo in biblioteca e finì per viaggiare nel pieno dell’ora di punta, tra la folla che tornava dal lavoro e i trasporti pubblici affollati.

Con difficoltà riuscì a salire su un autobus pieno di passeggeri, ma non voleva aspettare il prossimo. E non era garantito che sarebbe stato meno affollato… Avrebbe potuto perdere ore alla fermata e, stanca com’era, non ne aveva proprio voglia.

Scendendo dall’autobus, dove si sentiva come un’acciuga in un barile, Anastasia tirò un sospiro di sollievo e in quel momento si accorse con orrore che la sua borsa era tagliata… Fu percorsa da un brivido freddo quando si rese conto che le avevano rubato il portafogli…

Non era affatto un evento raro, i ladri erano soliti approfittare della calca nei trasporti pubblici e della distrazione dei passeggeri… E trovare chi l’aveva derubata era praticamente impossibile.

Ma la cosa più terribile era che proprio quel giorno aveva ricevuto la borsa di studio e il giorno prima il vaglia dai genitori, e tutto quel denaro era nel portafogli. Non ebbe il tempo di nasconderlo sotto il materasso nel suo letto, come era solita fare. E ora il portafogli era rubato, e lei non aveva un soldo…

La situazione era aggravata dal fatto che Anastasia aveva recentemente parlato con i genitori e la madre aveva riferito che al padre ritardavano lo stipendio, quindi chiesero di essere parsimoniosa, di far durare i soldi, perché non sapevano quando avrebbero potuto spedirle di nuovo qualcosa.

Dire che Anastasia era sotto shock è poco. Le lacrime scendevano a fiotti dai suoi occhi; si rimproverava per non aver messo da parte i soldi e per non aver prestato abbastanza attenzione sull’autobus. Era a conoscenza di casi simili. Proprio pochi giorni prima, una compagna era stata derubata allo stesso modo su un filobus. E ora, Anastasia era diventata vittima di un borseggiatore…

Andare dalla polizia era inutile. Cosa avrebbe raccontato? Non ricordava il volto di nessuno tra le persone accanto alle quali aveva viaggiato. E trovare il ladro era come cercare un ago in un pagliaio, una missione impossibile.

Quel portafogli economico, di quelli cinesi, era probabilmente già finito in un cassonetto o in un canale, con il denaro ormai nelle mani del ladro… Tutti i suoi soldi… E ora di cosa avrebbe vissuto? Di cosa si sarebbe nutrita? Aveva solamente un panetto di margarina, due cipolle, un po’ di tè, qualche grammo di grano saraceno e pasta. Risorse che di certo non sarebbero bastate per un mese.

– Perché piangi? – chiese Giulia, la sua compagna di stanza, vedendo Anastasia in lacrime.

La ragazza raccontò il suo episodio sfortunato.

– Eh… – commentò Giulia. – Ti è andata male. Ma sei stata tu a sbagliare. Chi porta con sé tutti i soldi? Dovevi tenere la borsa stretta, oppure infilare i soldi nella maglietta o nel reggiseno. Oggi bisogna stare all’erta, guardarsi intorno sempre… Sei davvero una sciocca, Anastasia… Studi anche bene, ma in certe cose ti comporti come, scusa, una gallina senza cervello…

Anastasia sapeva bene tutto ciò e le parole di Giulia non la aiutarono affatto… Non si offese neanche per il fatto che la compagna di stanza l’avesse chiamata gallina senza cervello. Era proprio come si sentiva… Ma non si può tornare indietro nel tempo e nulla si poteva cambiare. I soldi non li avrebbe recuperati, e in qualche modo doveva vivere.

Anastasia rinunciò all’idea di andare al posto telefonico e raccontare ai genitori. Si vergognava di ammettere a mamma e papà che era stata così sciocca. Ora, loro stessi avevano problemi economici, il padre riceveva tardi lo stipendio e vivevano con quanto guadagnava la madre nel negozio. E lei, si serviva quasi tutto il salario in generi alimentari. Bisognava pur mangiare, e poi non c’era solo Anastasia, c’era anche la sorella minore, Caterina…

Probabilmente avrebbe dovuto cercare un lavoro, pensò Anastasia. Questo era possibile, ma chi le avrebbe pagato subito? Avrebbe dovuto lavorare almeno un mese o due settimane per ricevere un anticipo… Anche se solitamente l’anticipo non viene dato a chi ha appena iniziato… Cosa fare? Sembrava una situazione senza via d’uscita…

– Vuoi che ti faccia conoscere qualcuno? – propose a sorpresa Giulia.

– Chi? – non capì subito Anastasia.

– Oh, ma vivi fuori dal mondo? Un riccastro che ti manterrà in cambio di… beh, capisci. O devo spiegarti anche quello?

– No, capisco…

– Bene, capisci. D’altronde, sei carina, avresti molti pretendenti… E vivresti nel lusso.

La proposta di Giulia non andava affatto a genio ad Anastasia. All’idea di diventare l’amante di qualche anziano ricco, vendere se stessa per denaro, provò disgusto… Sapeva che la sua compagna di stanza non si faceva certo scrupoli e che per questo non aveva difficoltà economiche, ma per Anastasia era un pensiero repellente…

– Allora, ti presento qualcuno? – ripeté Giulia.

– No, – scosse la testa Anastasia e, dopo aver riflettuto un po’, chiese. – Giulia, non puoi prestarmi un po’ di soldi? Fino alla borsa di studio. Non ho proprio nulla.

– Mi dispiace, non posso prestarti niente. Ho speso tutto in vestiti e cosmetici, mi è rimasto solo qualcosa per il cibo. Ma la mia proposta rimane valida, nel caso. Quindi pensaci su. Anche se al tuo posto, non ci avrei pensato troppo. Sai, quando non hai nulla da mangiare, dei tuoi principi morali ti importa ben poco.

Anastasia non rispose a Giulia, si girò verso il muro e riprese a piangere silenziosamente. E poco dopo, senza rendersene conto, si addormentò…

Rate article
Add a comment

;-) :| :x :twisted: :smile: :shock: :sad: :roll: :razz: :oops: :o :mrgreen: :lol: :idea: :grin: :evil: :cry: :cool: :arrow: :???: :?: :!:

eighteen − 16 =

Non ho dimenticato nulla