Non ho potuto resistere Ho tradito mia moglie
Eppure, non avrei mai immaginato che sarebbe successo. Ma la vita, con la sua routine asfissiante, i silenzi pesanti e le abitudini fossilizzate, aveva scavato un abisso tra noi.
Lei era sempre a casa, intrappolata nel ruolo di madre e casalinga. Le nostre conversazioni si erano ridotte a banalità: bollette, spesa, scuola dei bambini Niente più risate, niente sguardi ardenti, niente emozioni.
Poi, è arrivata lei.
Una nuova collega in ufficio. La chiamerà Ginevra. Giovane, affascinante, spensierata. La sua risata squillante risuonava come una melodia tra le scrivanie, e i suoi occhi brillavano di una luce che non vedevo da tempo. A differenza di mia moglie, Ginevra non aveva responsabilità, né obblighi. Viveva con una leggerezza ipnotica che mi attirava irresistibilmente.
All’inizio, era nulla. Chiacchiere innocenti, qualche battuta. Poi, giorno dopo giorno, mi sorprendevo ad aspettare con ansia quei momenti con lei.
E così, iniziai a mentire.
A mia moglie raccontai storie di riunioni serali, di scadenze urgenti, di un amico in difficoltà che aveva bisogno di me. Lei non faceva domande. Si abituava alla mia assenza.
Per un mese, corteggiai Ginevra. Le regalai fiori, la portai in ristoranti dove non mettevo piede da anni. Camminammo insieme sotto le luci dorate di Roma, lungo il Tevere, le mani che a volte sfioravano il caso.
Poi, una notte, mentre stavamo vicino a Ponte Milvio, mi guardò con un sorriso furbo e sussurrò:
Vuoi venire a casa mia?
E dissi di sì.
Quella notte fu un turbine di passione, desiderio e oblio.
Ma allalba, quando varcai la porta di casa, un peso enorme mi schiacciò.
Mia moglie era sveglia.
Seduta nella penombra del soggiorno, le gambe raccolte, mi aspettava.
I nostri sguardi si incrociarono, e capii subito che sapeva.
Le donne sanno sempre.
Non mi disse nulla. Nessun urlo, nessun rimprovero. Solo un silenzio devastante. Poi si alzò e andò in cucina.
Mi chiusi in bagno. Accesi la doccia e lasciai che lacqua scorresse a lungo su di me, come se potesse lavare la colpa. Ma certe macchie non vanno via.
Quando entrai in cucina, stava preparando il caffè.
Sono stanca, disse semplicemente. Vado a dormire.
Più tardi, nella nostra camera, la trovai vestita, profondamente addormentata. Sul comodino, cera il nostro album di foto.
Lo aprii.
E là, la vidi.
Non la donna stanca e distante degli ultimi anni. No. Vidi quella che avevo amato al primo sguardo. Sorridente, radiosa di giovinezza e felicità. Accanto a lei, cera un uomo io. Felice, orgoglioso, innamorato.
E un pensiero mi colpì come un fulmine: come ho potuto dimenticare tutto questo?
Non dormii tutta la notte. Rimasi sdraiato, gli occhi fissi al soffitto, divorato dal rimorso. Poi, unaltra idea si fece strada: perché non riconquistarla?
Allalba, mentre ancora dormiva, chiamai mia madre e le chiesi di tenere i bambini per il weekend. Accettò senza esitare.
Poi, andai in cucina e preparai la colazione.
Quando le portai il vassoio a letto, mi guardò perplessa.
Che fai?
Voglio vederti sorridere.
Non rispose. Ma nei suoi occhi credetti di vedere una luce.
Quel giorno, la mandai in spa. Quando tornò, era bellissima, luminosa. La sera, andammo a cena nel nostro ristorante preferito, quello del nostro primo appuntamento.
Il giorno dopo, la portai a teatro. Come una volta. Come quando eravamo inseparabili.
Quanto a Ginevra Non le risposi mai più. Nessun messaggio, nessuna chiamata.
Avevo sbagliato. Un errore terribile.
Ma quella sera, vedendo mia moglie ridere di nuovo, capii che forse non era troppo tardi per ricominciare.




