**Non ha protestato — e ha perso**
Maria Grazia sistemò con cura i piatti sulla tavola, aggiustò i tovaglioli e controllò ancora una volta l’orologio. Suo marito sarebbe tornato dal lavoro tra mezz’ora, era ora di mettere le polpette in padella. Le patate erano già pronte, l’insalata tagliata, il pane affettato in fette precise. Tutto come doveva essere, tutto come piaceva a lui.
«Mamma, posso andare da Silvia stasera? Hanno portato dei nuovi film da Roma», gridò dalla sua camera la figlia diciottenne, Donatella.
«No, Donatellina, tuo padre sta per arrivare, dobbiamo cenare tutti insieme», rispose Maria Grazia senza voltarsi. «Ci andrai dopo.»
«Ma che c’entra, ho diciotto anni!» si indignò la ragazza, ma non insistette. Sapeva che sua madre non avrebbe cambiato idea.
Maria Grazia sorrise tra sé. Diciotto anni erano ancora un’età da bambini. Lei, alla stessa età, era già sposata, e Donatella sembrava ancora una ragazzina. Forse era meglio così, almeno sarebbe rimasta la sua bambina un po’ più a lungo.
La porta si aprì, ed entrò Antonio. Un uomo robusto, con le tempie ormai grigie, stanco ma soddisfatto. Il lavoro in cantiere era faticoso, ma portava buoni soldi, e quello era l’importante.
«Ciao, cara», baciò la moglie sulla guancia. «Che buon profumo.»
«Ho fatto le tue polpette preferite, metà maiale e metà manzo», sorrise Maria Grazia. «Siediti, ti servo subito.»
«E Donatella dov’è?»
«Nella sua stanza, la chiamo. Donatella! È arrivato papà!»
La ragazza uscì di corsa e abbracciò il padre.
«Papà, posso andare dalla mia amica dopo cena? Hanno dei film interessanti…»
Antonio aggrottò le sopracciglia.
«Che film? Non è mica roba straniera, vero? Devi pensare allo studio. L’università è alle porte, devi prepararti.»
«Ma papà, non è niente di male…»
«Ho detto di no, e basta!» alzò la voce il padre. «Maria, ma come la cresci? È diventata una ragazzina viziata!»
Maria Grazia intervenne in fretta:
«Dai, Antonio, è solo giovane e curiosa. Donatella, siediti a tavola, ne parliamo dopo.»
La cena trascorse in un silenzio relativo. Antonio parlava del lavoro, di come il capo avesse aumentato le richieste e tagliato i bonus. Maria Grazia annuiva, gli serviva altre polpette, gli versava il vino. Donatella stava zitta, alzando gli occhi dal piatto solo di rado.
«Maria, ma i vicini che dicono dei Rossi?» chiese improvvisamente Antonio, finendo l’ultima polpetta.
«Cosa dovrebbero dire? Vivono tranquilli.»
«No, senti. Ho saputo che la signora Rossi ha trovato lavoro, in ufficio. E lui sta a casa con i bambini.»
Maria Grazia posò con delicatezza la tazzina di caffè.
«E che c’è di male? Forse per loro è meglio così.»
«Come sarebbe meglio?» si indignò il marito. «L’uomo deve mantenere la famiglia, non starsene a casa a fare la babysitter! La donna deve stare ai fornelli e badare ai figli. Non è giusto, non è naturale!»
«Ma se lei guadagna di più…»
«Niente “ma”!» batté il pugno sul tavolo Antonio. «Nella famiglia ci deve essere ordine! L’uomo comanda, la donna assiste. Punto.»
Maria Grazia annuì in silenzio e si mise a sparecchiare. Non aveva mai saputo discutere con suo marito, né lo aveva mai voluto. Perché litigare quando poteva tacere? Dopotutto, forse aveva ragione. Lei era sempre stata a casa, eppure vivevano bene.
Donatella guardò di sbieco prima la madre, poi il padre, e chiese piano:
«Posso andare da Silvia, almeno per un po’?»
«No!» sbottò il padre. «Ho già detto di no! Vai a fare i compiti o leggi un libro. Basta girare con le amiche!»
La ragazza sospirò e tornò in camera sua. Maria Grazia la seguì con lo sguardo e sentì una stretta al cuore. Poverina, non usciva mai, sempre chiusa in casa. Ma cosa poteva fare, se il padre era contrario?
Qualche giorno dopo, Maria Grazia incontrò al mercato la vicina, Anna. Era raggiante, felice.
«Maria Grazia, hai sentito? Mia figlia Laura è stata ammessa all’università a Roma! Figurati, studierà nella capitale!»
«Che bello», si rallegrò sinceramente Maria Grazia. «E cosa studierà?»
«Economia. Dice che vuole diventare imprenditrice, gestire aziende. All’inizio ero preoccupata—è lontano, sarà sola. Ma poi ho pensato: perché tenerla qui? Che si faccia la sua esperienza, che veda il mondo.»
«E tuo marito? Non è contrario?»
Anna esitò, poi sospirò.
«Abbiamo litigato tanto. Lui diceva che a una ragazza non serve l’università, tanto poi si sposa e fa figli. Io gli ho risposto che i tempi sono cambiati, che una donna deve avere una professione, essere indipendente. Abbiamo discusso a lungo, quasi siamo arrivati alle mani. Ma alla fine ho avuto ragione io. Credo che non se ne pentirà.»
Maria Grazia annuì in silenzio. Tornata a casa, rimuginò a lungo su quella conversazione. Anche Donatella presto avrebbe dovuto iscriversi all’università, ma dove? Antonio aveva già espresso la sua opinione—a che serve a una ragazza la laurea? Meglio l’istituto magistrale, diventare maestra. Un lavoro tranquillo, e poi si sposa—fine della storia.
Ma Donatella sognava il giornalismo, voleva iscriversi all’università, scrivere articoli, fare interviste. Ne parlava con la madre quando il padre non c’era, gli occhi le brillavano. Ma se osava accennarlo davanti a lui, lui la zittiva subito.
«Il giornalismo non è roba da donne. Devi viaggiare, parlare con gente di ogni tipo. Non sta bene.»
E Maria Grazia taceva. Non sosteneva la figlia, non contraddiceva il marito. Semplicemente taceva, come sempre.
L’estate passò in fretta. Donatella si iscrisse all’istituto magistrale, come voleva il padre. Superò il test d’ammissione—non era una sorpresa, era sempre stata brava a scuola. Il giorno dell’immatricolazione tornò a casa cupa, scontenta.
«Allora, figlia mia, congratulazioni!» esultò Antonio. «Ora avremo una maestra in famiglia! Hai fatto la scelta giusta.»
«Grazie, papà», rispose piano Donatella, e sparì nella sua stanza.
Maria Grazia la seguì con lo sguardo e sentì di nuovo quella stretta al cuore. Ma cosa poteva fare? Litigare con suo marito? Rovinare la pace familiare? No, non ne valeva la pena.
Gli studi all’istituto andavano bene, ma Donatella non ne traeva alcuna gioia. Andava a lezione come se fosse un supplizio, a casa non parlava quasi mai di scuola. Maria Grazia provava a chiederle, ma otteneva solo risposte monosillabiche.
«Tutto bene, mamma. Studio.»
«E i professori? Ti piacciono?»
«Sì.»
«Hai fatto amicizia con qualcuno?»
«Sì.»
E basta. Non riusciva a tirarle fuori altro.
Una sera, mentre Antonio era ancora