“Non avevo firmato per fare la matrigna – questa non era la mia vita, non la mia scelta.”
Quando ho conosciuto Luca, è stato subito chiaro: tre figli dal primo matrimonio, assegni di mantenimento, regali costosi per i bambini, progetti di comprare un appartamento a ognuno. Io avevo ventisette anni, lui trentasette. Sapevo cosa mi aspettava. Anzi, mi andava bene che non mi avrebbe spinto a fare figli – mi sono sempre considerata una di quelle che non vogliono diventare genitori per scelta. Child-free, un’idea chiara e consapevole. Vita libera, libertà di movimento, lavoro, tempo per me.
All’inizio non è stato male. Luca affittava una grande casa fuori Milano, guadagnava bene. I bambini erano educati, gentili, venivano da noi il weekend e a volte dormivano. Mi trovavo bene con loro: guardavamo film, cucinavamo insieme, mi rispettavano. Insomma, il ruolo della “zia simpatica del weekend” mi stava bene. Nessuno dava fastidio a nessuno.
È durato due anni. Poi… tutto è andato a rotoli. Il figlio maggiore ha compiuto quattordici anni, ha avuto un litigio con la madre ed è scappato da noi. Luca, come sempre, era al lavoro tutto il giorno, mentre io sono rimasta sola con un adolescente ribelle. Porte sbattute, musica a palla, risposte sgarbate. Nella mia casa c’era un ragazzino che si comportava come se fossi invisibile – e aveva ragione, perché per lui io non ero nulla.
Passati tre mesi, l’ex moglie di Luca ci ha “temporaneamente” mandato anche gli altri due. Diceva di doversi trasferire a Roma per un nuovo lavoro, un ruolo importante, che avrebbe ripreso i bambini appena sistemata. Ma quel “temporaneamente” è durato un anno. I bambini sono ancora qui. Niente chiamate, nessun accenno al fatto che la madre voglia riprenderseli.
Ora in casa mia vivono tre figli di un altro. Il più grande mi ignora, fa tutto il contrario di quello che dico, come se fossi la domestica. Quello di mezzo fa fatica a scuola e ogni sera devo aiutarlo coi compiti. Il piccolo è il più tranquillo, ma va portato a corsi, attività, gare. E tutto ricade su di me.
Non ho firmato per questo. Non voglio fare la babysitter, la maestra, l’autista e la cuoca insieme. Non ho più tempo per lavorare. Freelance, avevo clienti fissi, progetti, entrate. Ora – silenzio. La gente ha smesso di aspettarmi perché sono sempre coi bambini. Le mie giornate sono una corsa tra commissioni e faccende. E io in tutto questo?
Ho provato a parlarne con Luca. Con calma, da adulti. Lui annuisce, ma ripete sempre la stessa cosa: “Sono i miei figli, non posso buttarli fuori”. E aggiunge: “Lo capisci, loro non hanno colpa, no?” Sì, non hanno colpa. Ma nemmeno io. Non li ho messi al mondo. Non ho promesso di essere loro madre. Non sono pronta a sacrificare la mia vita per le scelte di qualcun altro.
Ultimamente mi rendo conto che non c’è via d’uscita. Solo il divorzio. Solo la libertà. Sono stanca di essere ostaggio di una famiglia che non è la mia, di errori che non ho fatto, di figli che non sono i miei. Non sono cattiva. Sono una persona che vuole vivere la propria vita, non quella che gli altri le impongono. E se lui non lo capisce, vuol dire che fin dall’inizio abbiamo parlato lingue diverse.