– Non mangerò questo, – disse la suocera guardando con disgusto il piatto di ribollita.
– Cos’è questa roba? – chiese Elena, arricciando il naso e annusando, come se sul tavolo ci fosse un secchio di rifiuti.
– Ribollita, – spiegò con un sorriso sua nuora Chiara, mentre sollevava il coperchio di una terrina di ceramica e cominciava a versare il brodo denso e profumato. – È così piacevole cucinare con le verdure del proprio orto.
– Non vedo tutta questa differenza, – sbottò la suocera. – Ma ci vuole una quantità di tempo e fatica difficile da giustificare, per passare ore nell’orto!
– Non posso negarlo, – disse ridendo Chiara, – ma quando è il tuo hobby, lo fai con piacere.
– Già, quando è “tuo”. Non forzato, – ribatté Elena stringendo le labbra. – Quanta ne hai preparata?
– Per noi. E non è tanta. Solo per un paio di pasti.
– Non mangerò questa brodaglia, – disse la suocera scuotendo le mani per darsi autorità, facendo un passo indietro dal tavolo. – Non si capisce neanche cosa ci sia dentro! – disse Elena simulando un conato e coprendosi la bocca, voltandosi bruscamente.
Chiara alzò gli occhi al cielo e sospirò.
Lei e il figlio di Elena, Michele, si erano conosciuti un anno e mezzo fa, innamorati al primo sguardo, e si erano sposati dopo un mese senza cerimonie fastose.
I soldi risparmiati furono investiti nella loro comune visione: una casa in campagna, che continuarono ad arredare con amore.
In tutto questo tempo, Chiara aveva visto Elena appena quattro volte. Tante quante Michele. E in tre di queste, era stata Chiara a convincere suo marito a visitare la madre per le feste.
Elena sin dall’inizio aveva ritenuto il matrimonio del figlio una follia. Ma non aveva mezzi per influenzare un uomo indipendente e adulto, quindi si era rassegnata ad aspettarne il previsto, secondo lei, inevitabile epilogo.
Che però tardava a verificarsi, causando crescente irritazione.
Elena non riusciva a comprendere cosa Michele vedesse in quella “ragazza semplice” e cosa lo avesse conquistato.
Era un giovane di bella presenza, sempre circondato da ragazze più meritevoli e attraenti.
Inoltre, Elena era una cittadina convinta e aveva educato il figlio nello stesso modo. Era convinta che Michele fosse ormai stanco della vita di campagna e, con un piccolo incentivo, tutto sarebbe tornato alla normalità.
E, dopo questa esperienza, Michele avrebbe sicuramente trovato una compagna più adatta con cui Elena avrebbe potuto instaurare rapporti di autentica amicizia.
Ma bisognava agire in fretta e non permettere a quella scaltra di Chiara di legare il figlio a un bambino!
Il piano si formulò da solo: Elena telefonò a Chiara per auto-invitarsi a casa loro, visto che al nuovo nido non era ancora stata invitata.
Chiara fece notare che ci aveva già provato due volte al telefono, ma la suocera aveva sempre rifiutato, citando la sua occupazione. Elena alzò le spalle e dichiarò di essere pronta a far visita al figlio.
Due giorni dopo, si trovava in un ampio e luminoso soggiorno, incapace di trattenere il malcontento.
Suo figlio, come l’aveva anche il suo defunto marito, il padre di Michele, detestava le zuppe!
In casa loro appariva solo ciò che poteva essere riconosciuto al primo sguardo.
Com’era possibile che Michele si fosse lasciato comandare così facilmente dalla moglie?
In quel momento, Elena si sentì indisposta. Tremava al non volente pensiero che fosse un incantesimo che tratteneva Michele.
Scaccia via il pensiero che fosse la magia del talamo a trattenere il figlio, perché non si conciliano con Chiara!
Sicuramente un incantesimo!
Come spiegare altrimenti che il figlio consumasse quella minestra?
Elena guardò con astio la nuora.
Si fa passare per santa, ma lentamente lo manda in rovina.
– Ma perché dici che non si capisce cosa c’è? – disse Chiara, senza badare al melodramma della suocera, prendendo un altro piatto, versando un mestolo di ribollita e rivolta direttamente a Elena. – È tutto qui, visibile. Ecco il cavolo, la cipolla, la carota, la bietola. Grattugiata, secondo la ricetta della mia nonna. Ah, purtroppo in questo giro non viene su la patata. Ma l’acchiappo col secondo giro. E ci metti il prezzemolo fresco, un po’ di parmigiano!
– Ma mangiatela tu questa roba! – gridò la suocera battendo le mani.
– A proposito, alla tua età, un po’ di fibre non guasterebbero! Aiutano l’intestino a funzionare meglio. E un intestino contento è un padrone contento!
Elena arrossì per la sfacciataggine della nuora, ma non fece commenti e proseguì:
– Ma perché costringi Michele a mangiarlo?
Chiara sbatté le palpebre, con aria interrogativa.
– Beh, mi sembra che lo mangi di sua spontanea volontà.
– Eh! Cosa dovrebbe fare un uomo se in casa non c’è altro da mangiare?
– Cucinarlo lui stesso? Ordinare una pizza? Andare dalla vicina? A trovare la mamma? – Chiara elencò le opzioni con un sorrisetto.
All’ultima, Elena arrossì ancora di più.
– Non fare la spiritosa! Avresti potuto mostrare rispetto e chiedermi cosa e come piaccia a Michele.
– Elena, gliel’ho chiesto a lui. È grande ormai. Sa parlare, grazie a te. Mi dice che gli piace tutto.
– Mente! Non si capisce? All’inizio non voleva dispiacerti. Ora si adatta!
– Ma dai! – esclamò Chiara, il volto allungato, e sospirò: – La ribollita è fatta, non la buttiamo. Dobbiamo adattarci. Ma non sostieni tuo figlio?
– Cosa?! – esclamò la suocera, una nuova ondata di odio verso Chiara.
– No? Peccato. Michele avrebbe apprezzato la tua solidarietà.
– Ma tu..
– Chiara! Siamo tornati! – echeggiò con gioia la voce di Michele dall’ingresso.
Ed entrò un batuffolo bianco abbaiando vivacemente.
– Ahhh! – urlò Elena, nascondendosi dietro Chiara.
– Non ti preoccupare, è Bianca. Non morde. Ed è ben educata, – disse Chiara alzando la mano, e la cagnolina si calmò, sedendosi docilmente. – Brava ragazza!
– Perché permetti al cane dei vicini di entrare in casa? – disse Elena, scioccata.
– Perché dei vicini? È nostra. E in casa, perché è domestico. Vive con noi.
– In casa?! Ma è antigienico! – sussurrò con orrore la suocera. – E Michele non ama i cani!
– No, mamma, a non amare i cani sei tu. Ciao, – rispose Michele entrando in soggiorno. – Sei arrivata giusto in tempo per pranzo.
– Ciao, figlio mio! – Elena non si mosse, aspettando che lui venisse a baciarla sulla guancia, ma Michele abbracciò appena la madre, riservando a Chiara un bacio affettuoso sulle labbra.
– Allora, pranziamo? – disse il padrone sorridendo beato al profumo del cibo.
– Mi piacerebbe tanto, Michele, ma non c’è nulla.
– In che senso?
– Solo del cibo per maiali. Strano non avermi detto che li avete. C’è di sicuro odore anche peggio di quello delle auto in città.
Michele guardò la madre allibito, poi Chiara, e infine la tavola già apparecchiata.
I muscoli del collo di Michele si irrigidirono, il suo sguardo tornò alla madre, ma non vi trovò più la leggerezza di un attimo prima.
– A dire il vero, avevo dimenticato queste piccolezze, – disse Michele con un amaro sorriso.
– Quali piccolezze, figlio? Sono solo i nostri gusti! Le regole! Le tradizioni, alla fine! Non hai mai protestato!
– Io? Ero piccolo e non volevo far arrabbiare papà. Quando sono cresciuto, non volevo discutere con te.
– Ma cosa stai dicendo?! – incredula, esclamò Elena, provocando una serie di abbai di Bianca. – Silenzio! – urlò la donna, agitando un pugno verso il cane, che Chiara teneva vicino. – Ognuno ha le sue preferenze, – aggiunse Elena guardando Chiara, – ma tu che sei un uomo, dovresti sapere come tenere testa! Davvero accetti di mangiare fango? Di trasformare casa tua in uno zoo? Sei tu il padrone di casa o cosa?!
– Sono io, – rispose cupamente Michele.
– Allora comportati da padrone! – esclamò con sollievo Elena.
– Dov’è il tuo bagaglio? – chiese Michele.
– Ancora all’ingresso! – rispose prontamente. – E ho fame dal viaggio.
– Bene. Ringrazia Chiara per l’invito.
– Cosa?..
– Ringrazia Chiara per l’ultimo tentativo di ripristinare i rapporti con te e scusati.
– Ma lei…
– Mamma!
– Grazie e scusa, – sibilò Elena.
Chiara annuì con calma.
– Andiamo.
– Dove?
– Nel posto dove tutto è di tuo gradimento, con le tue regole, le tue tradizioni.
– Ma Michele io…
– Questo è quello che non hai mai amato, suppi e animali in campagna, non mi avevi mai preso in considerazione. Mio padre mi ha dato un eccellente consiglio: “Non ti piace ciò che abbiamo, costruiscitelo”. L’ho fatto, madre. Qui il gusto è mio, le regole sono mie, le tradizioni sono mie, e qui mia moglie è padrona. Non sei soddisfatta? Hai ancora il tuo spazio.
– Figlio! Lei ti ha messo contro di me! – Elena urlò rinunciando al dialogo. – Ha usato la magia! – aggiunse con un sussurro terrorizzato.
Michele, persa la pazienza, prese la madre per il braccio, la portò nell’ingresso, afferrò il suo bagaglio e aprì la porta, conducendola al cancello e disse:
– Chiara era dalla tua parte. Ha una buona relazione con i parenti. Non credeva fosse possibile che un rapporto potesse essere come il nostro. La cucina era preparata per te, mamma, ma la ribollita era una prova di equilibrio. Ti sei manifestata completamente, – Michele aprì la porta di strada: – Sta aspettando il tuo taxi.
– Tu… Ma… Quando hai chiamato?! – borbottò Elena, ancora incredula dall’onestà brutale del figlio.
– Ho detto a Chiara di trattenere il taxi. Non farlo andare via immediatamente. Ho fatto bene, come vedi.
– Ma tu! Sei proprio tu! – sconsigliò Elena.
– Io, madre, il padrone qua. Proprio come volevi. – Michele indicò al tassista, posò a terra la borsa della madre e, senza aspettare che entrasse in macchina, rientrò nel cancello, chiudendo la porta.
– È stregoneria, – si consolò Elena mentre saliva in taxi, aprendo il telefono alla ricerca di modi per sciogliere tale incantesimo. Qualcosa dovrà esistere, che le riporterà suo figlio!