Non manderò mia madre in una casa di riposo: non merita un finale così.

Non consegnerò mia madre in una casa di riposo — perché non merita una fine così.

Mi chiamo Ilaria. Ho trentasei anni. Alle spalle ho un tentativo fallito di costruire una famiglia, anni di battaglie interiori e un senso di colpa enorme, a volte soffocante, verso la persona più importante della mia vita: mia madre. E ora, quando il destino sembra darmi un’altra possibilità per la felicità, mi trovo davanti a una scelta terribile che mi lacera dentro.

“Ilaria, non so proprio come fare…” dicevo all’amica Simona al telefono, seduta accanto alla finestra, fissando il cielo grigio di Milano. “Andrea è meraviglioso. Premuroso, forte, affidabile. Con lui mi sento una donna. Mi ha chiesto di andare a vivere insieme… Ma dove metterò mia madre? Tu sai com’è…”

Sì, Simona lo sapeva. Tutti i miei cari sanno che mia madre non è semplicemente un “parente troppo presente”. È una donna che, con gli anni, è diventata sempre più possessiva: autoritaria, pungente, bisognosa di attenzione costante, eppure fragile come cristallo. Quando l’ho presentata ad Andrea, tutto è andato storto.

Appena lo ha visto, ha cominciato a fare stranezze. Lo chiamava con nomi sbagliati, fingeva di confondersi, anche se la sua memoria è perfetta. Poi, “per sbaglio”, ha rovesciato l’insalata sulle sue ginocchia. Andrea si è alzato ed è andato via. E lei, subito dopo, ha simulato un infarto. Ho chiamato l’ambulanza. Appena i medici sono partiti, si è tranquillamente addormentata. Io, invece, ho passato la notte in cucina a piangere, chiedendomi perché mi toccasse tutto questo.

L’ultima volta che abbiamo parlato, Andrea è stato diretto:

“Ilaria, devi pensare a una casa di riposo. Lì si prenderanno cura di lei, tu potrai respirare, e noi potremo costruire qualcosa insieme.”

Non ho risposto subito. Ma dentro di me si è risvegliato un ricordo, come un’eco lontana.

A ventidue anni, mi ero innamorata di un collega, Marco. Vivevo con mia madre in un bilocale, e lei si era opposta con tutte le sue forze. Io e Marco ci eravamo sposati di nascosto e lui era venuto a vivere con noi.

Era cominciato l’inferno. Mia madre mi chiamava da una stanza, Marco dall’altra. Mi sentivo lacerata. Il pianto era diventato un’abitudine. Dopo un anno, lui se n’è andato.

“Sei una brava persona, Ilaria. Ma finché tua madre sarà accanto a te, non sarai mai felice,” mi disse prima di sparire.

Sono rimasta sola. E mi sono rassegnata. Fino ad Andrea. Fino a quando qualcuno non mi ha teso di nuovo la mano. E ora, di nuovo, un vicolo cieco.

Siamo andati a visitare una casa di riposo. Era tutto pulito, ordinato, curato. Ma l’atmosfera… sembrava ghiacciata. Gli anziani sedevano in silenzio, con lo sguardo perso nel vuoto. Qualcuno passeggiava nei giardini, ma nessuno sorrideva. Non ce l’ho fatta e ho chiesto a un’operatrice:

“Perché sono tutti così tristi?”

“Perché sono soli. Abbandonati. I familiari non vengono, non chiamano nemmeno. E loro aspettano. Ogni giorno. Seduti alle finestre, in piedi davanti ai cancelli…”

Durante il viaggio di ritorno, sono rimasta in silenzio. Dentro di me, era una tempesta. Immagini di mia madre mi tornavano in mente: quando mi copriva di notte mentre ero malata, quando correva in farmacia dopo il lavoro, quando ha portato il peso della mia vita da sola. Sì, è difficile. A volte insopportabile. Ma è mia madre.

Davanti a casa, Andrea ha chiesto:

“Allora, quando cominciamo a prepararla per il trasloco?”

Mi sono girata verso di lui e ho detto:

“Mai. Non posso tradirla. Sarebbe vigliacco. Mia madre ha dato la sua vita per me. E anche se non è perfetta, le sarò sempre grata. Se vuoi stare con me, devi trovare un modo per andare d’accordo con lei. Altrimenti, non fa per noi.”

Sono andata via. Non ha chiamato. Né il giorno dopo, né una settimana dopo. Credo abbia fatto la sua scelta.

Io ho fatto la mia. Forse non avrò un’altra possibilità con un uomo. Forse rimarrò di nuovo sola. Ma non potrei vivere sapendo che mia madre piange in un istituto, perché l’ho scambiata per una vita più “comoda”. Non è uno scambio equo. Non riguarda l’amore. E non riguarda me.

Chissà, un giorno potrei innamorarmi di nuovo. Ma una cosa è certa: la mia coscienza sarà pulita. E il mio cuore, vivo.

Rate article
Add a comment

;-) :| :x :twisted: :smile: :shock: :sad: :roll: :razz: :oops: :o :mrgreen: :lol: :idea: :grin: :evil: :cry: :cool: :arrow: :???: :?: :!:

5 × one =

Non manderò mia madre in una casa di riposo: non merita un finale così.