Non mangerò questa robaccia, disse la suocera guardando il piatto con disgusto.
“Non ho intenzione di mangiarla,” ribadì, aggrottando il naso come se le avessero servito un secchio di spazzatura.
“Cos’è?” chiese Eleonora, contrariata.
“Minestrone,” rispose sorridendo la nuora, Giulia. Scoperchiò una pentola di terracotta e iniziò a versare il brodo fumante e colorato. “È un piacere cucinare con le verdure del nostro orto.”
“Non vedo differenza,” commentò sprezzante la suocera. “Ma certo, stare a zappare tutta la giornata richiede impegno!”
“Senza dubbio,” rise Giulia con calore. “Ma quando è una passione, tutto diventa più leggero.”
“Tu parli della ‘tua’ passione, non di un obbligo,” sbuffò Eleonora, stringendo le labbra. “Per chi hai cucinato tutto questo?”
“Per noi. Non è troppo, basta per due pasti.”
“Non mangio questa pappetta,” replicò la suocera agitando le mani e facendo un passo indietro. “È una roba indefinita!” Eleonora simulò un conato e si coprì la bocca, distogliendo lo sguardo dal tavolo.
Giulia alzò gli occhi al cielo e sospirò.
Aveva conosciuto Luca, il figlio di Eleonora, un anno e mezzo prima. Fu amore a prima vista, tanto che si sposarono un mese dopo senza grandi cerimonie.
Con i soldi risparmiati, comprarono una casa di campagna che arredavano poco a poco con cura.
In tutto questo tempo, Giulia aveva visto Eleonora soltanto quattro voltealtrettante volte che Luca. Anzi, era stata lei a spingere il marito a far visita alla madre per le feste.
Eleonora aveva sempre considerato quel matrimonio una follia. Ma suo figlio era ormai adulto e indipendente, così doveva rassegnarsi, aspettando ciò che lei considerava inevitabile.
Ma linevitabile tardava, e la cosa la irritava.
Non capiva cosa Luca avesse trovato in una “ragazza così ordinaria” e si domandava come Giulia lo avesse stregato.
Lui era un giovane affascinante, circondato da donne più eleganti e attraenti.
Inoltre, Eleonora era cittadina fino al midollo e aveva cresciuto il figlio allo stesso modo. Listinto materno le diceva che Luca si sarebbe presto stancato di quella vita ruralebastava una piccola spinta per tornare alla normalità.
Dopo unesperienza così amara, avrebbe trovato una compagna più adatta, affabile e degna di lei.
Ma doveva sbrigarsi, prima che lastuta Giulia lo intrappolasse con un figlio!
Eleonora escogitò un piano: chiamò la nuora per farsi invitare, lamentandosi di non essere stata inclusa nella festa per la nuova casa.
Giulia le ricordò di averla invitata due volte, ma Eleonora si era sempre tirata indietro, dicendosi impegnata. Con un gesto della mano, la suocera liquidò le scuse e insistette per visitare il figlio.
Due giorni dopo, seduta in un luminoso salotto, non riusciva a nascondere la sua indignazione.
Suo figlio, proprio come lei e suo marito defunto, odiava le zuppe!
In famiglia, si mangiava solo cibi ben definiti.
Come aveva permesso a quella donna di prendere il sopravvento?
Doveva essere una strega!
Un brivido di paura la scosse. Scacciò subito il pensiero volgare che Giulia lo tenesse legato grazie alle sue doti intime.
Giulia e trucchi?
Assurdo!
Doveva essere un maleficio!
Altrimenti, come spiegare che suo figlio mangiasse quellintruglio?
Lanciò unocchiataccia a Giulia.
Fingeva di essere una santa, ma in realtà stava “avvelenando” lentamente suo marito.
“Cosha di indefinito?” disse Giulia, ignorando la recita della suocera, mentre riempiva un altro piatto di minestrone e lo porgeva a Eleonora. “È semplice: cavolo, cipolle, carote e barbabietole grattugiate, come faceva mia nonna. Mancano le patate, ma le aggiungerò la prossima volta. E poi erbe fresche dellorto, con un filo di panna!”
“Mangia pure tu la tua pappa!” sbottò la suocera agitando le mani.
“A questa età, farebbe bene anche a voi! Le fibre aiutano la digestione. E quando lintestino sta bene, anche la persona è più serena!”
Eleonora arrossì per laudacia della nuora, ma non replicò e continuò:
“E perché costringi Luca a mangiarla?”
Giulia sbatté le palpebre, perplessa.
“Mi sembra che gli piaccia.”
“E cosa può fare un uomo se non cè altro?”
“Cucinarsi quello che preferisce? Ordinare da asporto? Andare da una vicina? O dalla mamma?” suggerì Giulia sorridendo.
Allultima proposta, Eleonora arrossì ancora.
“Non fare la sarcastica! Potresti almeno chiedermi cosa gli piace, per gentilezza.”
“Eleonora, glielho chiesto direttamente. È grande, sa parlare. Dice che gli piace tutto.”
“Ti mente! Non lo vedi? Allinizio non voleva rattristarti. Ora si sforza!”
“Ah!” fece Giulia con unespressione ironica. “Il minestrone è pronto, non lo butteremo via. Se deve sforzarsi non lo sosterrete anche voi?”
“Cosa?!” la suocera spalancò gli occhi.
“No? Peccato. Sono sicura che vostro figlio apprezzerebbe la vostra solidarietà.”
“Tu”
“Giulia! Siamo tornati!” risuonò la voce allegra di Luca nel corridoio.
Un batuffolo bianco entrò di corsa nel salone, abbaiando.
“Aaaah!” strillò Eleonora, nascondendosi dietro Giulia.
“Non abbiate paura, è Luna. Non morde. Ed è molto educata,” la rassicurò Giulia alzando una mano. La cagnolina smise di saltare e si sedette placida. “Brava, piccola.”
“Perché fate entrare i cani dei vicini?” sussurrò Eleonora, ancora scossa.
“Dei vicini? È nostra. E sta in casa perché è di famiglia. Vive con noi.”
“In casa?! Ma è antigienico!” protestò la suocera. “E Luca non ama i cani!”
“No, mamma, sei tu che non li ami,” intervenne Luca entrando in salotto. “Che fortuna, arrivi proprio a pranzo.”
“Ciao, figlio mio!” Eleonora restò immobile, aspettando un bacio sulla guancia, ma Luca si limitò a un abbraccio veloce, mentre a Giulia affondò un bacio sulle labbra.
“Allora, pranzo?” annusò laria con un sorriso felice.
“Volentieri, ma non cè niente.”
“Cosa intendi per ‘niente’?”
“Avete preparato cibo per maiali. A proposito, non mi avevi detto che ne avevate. Che puzza devessere, peggio del traffico in città!”
Luca guardò la madre perplesso, poi Giulia, infine il tavolo apparecchiato.
I muscoli del collo tesi, il suo sguardo tornò sulla madre, privo della serenità di pochi istanti prima.
“Onestamente, avevo dimenticato queste fissazioni,” disse amaramente.
“Quali fissazioni, figlio mio? Sono i nostri gusti, i nostri princìpi, le nostre tradizioni! Non ti sei mai lamentato!”
“Io? Da bambino, avevo paura della tua ira. Crescendo, non ho voluto peggiorare i rapporti con te.”
“Ma cosaEleonora rimase a fissare il cancello chiuso, stringendo il telefono con rabbia, più determinata che mai a trovare un modo per riavere suo figlio lontano da quella donna e dalla loro stupida vita di campagna.